lunedì 3 febbraio 2025

La Lunga Marcia, e due parole su Stephen King

 Questo libro è stato scritto da Stephen King negli anni '70, sotto pseudonimo. Oggi salta all'occhio per le notevoli similitudini con le distopie odierne, primo fra tutti Squid Game. Vediamo come mai (e anticipiamo la trama, in buona parte). La Lunga Marcia, che è una marcia a eliminazione, è in effetti un gioco, e i partecipanti sono volontari. Nessuno li costringe: c'è un premio, la ricchezza e la notorietà in ballo, ma anche una forte controindicazione. Su 100 partecipanti, 99 verranno uccisi.

La marcia segue un certo percorso vigilato dai soldati. Chi cerca di uscirne viene eliminato a fucilate. Ma anche chi rallenta troppo. Si ricevono delle ammonizioni, alla quarta infrazione si viene uccisi. Per ogni ora trascorsa a camminare regolarmente si "recupera" una delle ammonizioni.

Va da sé che i concorrenti non possono dormire, devono mangiare e bere mentre sono in movimento, e ricevono ammonizioni anche se si fermano per poco, quindi anche fare i propri bisogni (in pubblico) li espone al pericolo.

Contrariamente a Squid Game, questo "gioco" è pubblico, la gente viene a fare il tifo, insomma è qualcosa di accettato e prestigioso. Ci sono alcuni accenni al fatto che gli USA sono sotto un regime autoritario, e la Seconda Guerra Mondiale non è finita in maniera favorevole, ma la questione non è esplorata in profondità.

Allora, di cosa parliamo? Del protagonista, delle sue sensazioni, speranze e sofferenze, e della lotta per resistere e sopravvivere. I partecipanti si parlano, alcuni si aiutano e camminano insieme, nonostante sia una gara di tutti contro tutti nascono delle amicizie. Altri, però, sono asociali, odiosi: o stanno per i fatti loro o sono volutamente aggressivi, esprimendo la speranza che i competitori muoiano. E se mi è concesso, visto il genere di competizione, è naturale che sia così.

Tutto qui? Be', praticamente sì. I partecipanti ci vengono mostrati come giovani che in massima parte usano questo gioco come surrogato di un progetto di vita e lavoro che funzioni, inoltre non si sono veramente resi conto del pericolo di quello che vanno a fare. Credono che sia una specie di scherzo, che ci sia qualche modo per cavarsela. Mentre il primo è un fattore molto credibile (non ho fiducia nei miei mezzi, quindi mi gioco il tutto per tutto per ottenere di botto la felicità e il successo), il fatto che la marcia sia ben nota e pubblicizzata mi rende meno plausibile il secondo, ovvero che alcuni ci finiscano dentro senza rendersene davvero conto. Per carità, non c'è limite a quanto uno possa essere fesso, e il fatto che la gente muoia davvero ha altro sapore quando lo si vede rispetto al saperlo per sentito dire, ma le clausole del gioco sembrano fin troppo note per aver preso qualcuno davvero di sorpresa.

Nel finale non ci sono grandi rivelazioni. Alla fine, ne rimane solo uno, ed è tutto qui, anzi c'è a dire il vero un momento di voluta ambiguità da parte dell'autore. È un po' come se King lasciasse al lettore il compito di farsi un'opinione del senso (se esiste) della storia che ha raccontato. Non nego che la mossa abbia un effetto.

Per quanto riguarda lo stile di King, non è uno scrittore di cui abbia letto molto. Prima di questo La Lunga Marcia avevo all'attivo solo L'Ombra dello Scorpione, senz'altro una trama di maggiore spessore, un libro più lungo. King è molto descrittivo, un classico scrittore da bestseller che porta il lettore a spasso in un lungo viaggio. Ma descrive più pensieri e comportamenti che paesaggi e ambienti; entra nel monologo interiore dei personaggi, nella loro testa, anche se nella Lunga Marcia il punto di vista è del solo protagonista. Ci mostra per filo e per segno le loro azioni. Facendoci capire i loro pensieri e dandoci poco per volta un giudizio su di loro. Per me prende troppo per mano il lettore, senza lasciargli la possibilità di farsi una opinione propria, salvo quando poi lo pianta in asso con un finale enigmatico.

A me non piace nemmeno il contrario, quando lo scrittore ti sfida a capire da pochi indizi cosa volesse dire. Sono per una via di mezzo (è così che scrivo io), ed è per questo che non sono un grande appassionato di King. Ammetto ad ogni modo che ho divorato in pochi giorni questo libro.

2 commenti:

Babol ha detto...

E' stato il primo libro di King che ho letto (credo alle medie), in quanto veniva venduto senza usare lo pseudonimo con cui è stato scritto.
Lo amo, ancora oggi, visceralmente, con tutte le sue imperfezioni, perché è un tripudio di angoscia allucinata.

Bruno ha detto...

A me ha fatto male pensare a [SPOILER, ma nemmeno tanto] tutti i marciatori con cui il protagonista fa amicizia, e che lo aiutano. Dal momento che ovviamente si salverà soltanto lui, tutti sono destinati a morire, una cosa davvero angosciante.