Mentre la prima delle due classiche raccolte della saga di Elric narra del suo rapporto con la patria melniboneana e con la sua infelicità personale, e sfocia nella distruzione di Imrryr e nel vagare di Elric per il mondo, il secondo (
Elric il Negromante) narra della lotta tra legge e caos e del coinvolgimento di Elric come pedina obbligata dal fato, una pedina in effetti estremamente importante per la soluzione di questa lotta.
Attenzione: le descrizioni che appaiono qui hanno senso per rinfrescare la memoria a chi ha già letto i libri: gli altri troveranno solo anticipazioni che rovineranno loro il piacere di leggere queste storie.
La Torre che Svaniva
Il libro narra della lotta di Theleb K'aarna, stregone di Pan Tang, contro Elric. A essere minacciata è l'eroina della legge Myshella, poiché i Kelmain, creature del caos, si sono messi al servizio di Theleb K'aarna. In questa lotta Elric, con l'amico
Maldiluna che sarà da ora in poi spessissimo con lui, viene catturato, ma riesce a liberarsi e a tornare a fianco di Myshella.
Con una magia terribile la dama elimina tutti gli avversari: anche Theleb K'aarna, apparentemente, muore. Sembra che la paladina della legge voglia ricompensare gli sforzi di Elric concedendogli il suo amore, ma l'albino si schernisce dicendo che "non può avere quello che desidera, perché non esiste ed è morto," riferendosi al suo amore perduto, e dice che l'unica cosa che possiede è "rimorso, malvagità, odio." Una tonnellata di autocommiserazione per una scena decisamente sopra le rgihe.
In seguito Elric cerca la pace a
Tanelorn, la misteriosa città che si trova in tutti i piani di esistenza e che offre un rifugio sicuro a quelli che si sono rifiutati di servire il caos. La sua pace dura poco, con un sotterfugio gli viene rubato l'anello
Actorios, simbolo degli imperatori di Melniboné e significativo aiuto alla sua magia. Elric ha guidato i Regni Giovani alla distruzione di Imrryr, ma non vuole abbandonare questa vestigia di un impero che non esiste più.
E' re Urish, sovrano di Nadsokor (la ripugnante città dei mendicanti) ad aver portato a termine il colpo con l'aiuto di Theleb K'aarna, suo ospite.
Elric si ficca nei guai, viene ancora catturato e imprigionato, ma anche stavolta riesce a salvarsi, a recuperare la sua diabolica spada, ad affrontare ed eliminare addirittura una divinità (prigioniera di un labirinto come lui). Il mago di Pan Tang è sconfitto una volta di più, ma torna alla carica, ancora contro Tanelorn.
Dopo un'altra incursione in un diverso piano di esistenza, Elric riesce a salvare la città, ma Dama Myshella muore.
Il mio segnalibro, che ho ritrovato tra le pagine, era un biglietto del tram di un formato che avevo completamente dimenticato
La Maledizione della Spada Nera
In maniera molto poco caratteristica questo libro si apre con un Elric completamente diverso dal triste solitario che passa il tempo ad autocommiserarsi: qui è addirittura un predatore allegro e feroce, pronto a sfruttare un gruppo di mercanti che vuole assoldarlo per proteggere i loro affari eliminando un mercante (Nikorn) più in gamba di loro nella città di Bakshaan. Elric accetta perché il ricchissimo Nikorn ha al proprio servizio Theleb K'aarna. Cerca alleati e trova assistenza imprevedibilmente dai mercenari melniboneani di un gruppo formato da
Dyvim Tvar, ex signore dei draghi e ora condottiero dopo la distruzione di Imrryr. Elric spiega i suoi motivi (la lotta contro il cugino usurpatore) e miracolosamente i melniboneani accettano di aiutarlo e mostrano addirittura rispetto per l'ex imperatore.
Nella lotta che segue Dyvim Tvar muore, come anche il mercante Nikorn: il secondo muore decisamente con rabbia poiché aveva misericordiosamente risparmiato Elric quando avrebbe potuto eliminarlo.
Esce di scena finalmente anche Theleb K'aarna. Altro aborto di antagonista, se mi si permette il termine. Sarebbe stato uno stregone di discreta capacità, diventa un personaggio competente ma debole, anche se in maniera diversa da Elric: è geloso di una donna (Yishana, che lo manipola apertamente e ammira invece Elric, perfino quando la passione dell'albino verso di lei si è raffreddata) e motivato da questo odio patologico e dalla consueta sete di potere. La debolezza dello stregone non è ridicolizzata da Moorcock, ma viene vista tutto sommato con poca simpatia. Poiché l'azione è generalmente centrata su Elric, questo antagonista non ha comunque moltissime occasioni per esprimersi. Quelle poche le usa solo marginalmente meglio di Yyrkoon, il cugino di Elric abbozzato in maniera ancor più rudimentale.
Dopo questo conflitto Elric incontra la bella
Zarozinia, una giovanissima in cerca di scorta e protezione per intraprendere un viaggio. Elric se ne innamora, vive altre avventure non eccessivamente memorabili e infine la sposa, vivendo finalmente in pace per qualche tempo e rinunciando all'aiuto della spada demoniaca.
La lotta torna a reclamare la presenza di Elric quando un'immensa orda, guidata da un condottiero (Terarn Gashtek) travolge Eshmir, la patria di Maldiluna, che aveva lasciato Elric per cercar fortuna da solo. E' proprio l'amico a sollecitare l'intervento dell'albino, che usa ancora i draghi di Melniboné (ora comandati da
Dyvim Slorm, figlio di Dyvim Tvar) per sconfiggere l'orda. Elric cerca nuovamente di abbandonare la spada dopo un terrificante massacro.
Segue a completare questo libro un'avventura di Rackhir, dove Elric non compare.
Tempestosa
A Karlaak, dove Elric vive con la giovane moglie, sei demoni del caos riescono a infiltrarsi con mezzi magici. Sorprendono l'albino, non lo uccidono (potrebbero) ma rapiscono sua moglie. Elric risuscita con un rito negromantico uno dei demoni e ne ottiene una oscura profezia, che guiderà molte delle successive mosse.
Un nuovo mago, sempre di Pan Tang, ha assunto il comando di nuove forze, sempre del caos, e ha un alleato nei Regni Giovani, ma questa volta si tratta dello stato di Dharijor. L'avversario si chiama
Jagreen Lern ed è tanto potente quanto insignificante. E' cattivo e arrogante, un classico cattivo insomma. Si muove con forze terrificanti, ora che il caos ha stravolto ogni equilibrio: sta cominciando a pervertirsi e corrompersi la stessa natura e c'è un'enorme moria di esseri viventi. Ma in realtà Jagreen Lern è solo la marionetta di queste forze che stanno completando un fato preordinato.
Una delle battaglie descritte in questo libro (quella in cui partecipano le forze della regina Yishana) è in verità molto bella. Dopo tutto scivola nella distruzione e nella corruzione. Elric diventa una marionetta non meno del suo avversario; è soccorso e consigliato da esseri prodigiosi chiamati Nihrain (e tirati fuori giusto per l'occasione, anche se sono descritti come antichi alleati dei Melniboneani), il cui capo
Sepiriz ripetutamente interviene a dire quello che bisogna fare. Tra un alleato che sa tutto e un'oscura profezia da fare avverare, Elric vive alcune avventure strabilianti, talvolta anche ben scritte, ma il tema della storia è il fato, e lo si avverte molto nella narrazione. In pratica la storia procede su rotaie verso l'inevitabile finale, che Elric fondamentalmente accetta: evitare il trionfo del caos, far finire l'epoca attuale (e tutti gli uomini che vi vivono) per avere un nuovo inizio sotto il segno dell'equilibrio tra le forze (caos e legge).
Nella lotta Elric finisce anche per essere catturato. Questo è il pretesto per una brutta scena, in cui Jagreen Lern, come ogni buon cattivo da fumetto di serie B, fa legare Elric all'albero di una nave perché veda la disfatta dei suoi alleati, ma viene beffato quando l'albino chiama la spada e Tempestosa "vola" a liberarlo. Il mago di Pan Tang, che ha addirittura dato a Elric il beneficio di un incantesimo di protezione perché non venga ferito nella battaglia che sta per iniziare, non può bloccarlo mentre si libera. Questa poteva esserci risparmiata.
I personaggi muoiono a poco a poco nella terribile lotta: Dyvim Slorm, Yishana, Rackhir l'Arciere Rosso, la povera Zarozinia, e infine l'amico Maldiluna. Diversi di questi sono uccisi da Tempestosa, a volte sacrificandosi di propria volontà nella consapevolezza che il mondo sta terminando.
Alla fine Elric suonerà il Corno del fato, bandirà i duchi del caos e si prenderà un po' di sano divertimento torturando a morte Jagreen Lern. Infine suggellerà il passaggio alla nuova era, dove non ci sarà posto nemmeno per lui. Sepiriz gli ha spiegato che questi cicli si ripercorrono nel tempo e nelle varie dimensioni, e che Elric avrà di nuovo lo stesso ruolo nel futuro e in altri mondi, ma non c'è un perché, una spiegazione razionale a tutto questo. E per Elric è il momento di uscire di scena.
A farla finita con l'eroe albino ci penserà, come saprete, la sua stessa spada demoniaca.
Passiamo quindi a fare alcune riflessioni:
Il personaggio di Elric
Nelle parole di Moorcock, Elric assomiglia molto al suo autore in un certo periodo della sua vita, sotto l'influsso di una "tragica storia d'amore" che lo aveva reso irascibile, cinico e vendicativo. Aspetti come ad esempio quel suo essere incapace di prendere decisioni come si vede soprattutto all'inizio della saga, per la scarsa fede in se stesso e negli altri che gli impedisce di attribuire la ragione o il torto a qualsiasi cosa, per quel cercare il motivo del proprio esistere e uno scopo nella vita (domande che tutti noi, quando siamo a posto, sappiamo essere i tormentoni inutili dei depressi, dei morti in piedi, di chi si lambicca in dilemmi insensati). Elric è personaggio dalla spiccata umanità e dalle umane debolezze, ma non è "buono," è capace di feroci vendette e di passioni pericolose, e di grandi stupidaggini. Moorcock ha creato l'antieroe, l'antitesi ai classici personaggi tolkieniani e ai miti della sword and sorcery (alla seconda in realtà la saga finisce per pagare omaggio, mentre di Tolkien Moorcock è critico feroce). Dobbiamo tener presente che Moorcock aveva influenze molto "anni sessanta" ed era molto antiautoritario e iconoclasta. Da qui vengono le sue opinioni apertamente offensive nei confronti di autori che a mio parere non se le meritano, come Tolkien o Lovecraft.
Questo può spingerci a farci delle domande però anche sul suo personaggio. Elric nella seconda metà della saga è un eroe che accetta stoicamente un destino infame, ma inizia la storia come "uno che ha dei problemi," aspetto che forse poteva suscitare solidarietà in una certa epoca, mentre ne suscita assai meno oggi. E' un aspetto del "superamento" di questo personaggio, diventato oggi (prendendo la frase di Viviani) un "minorato mentale?"
O forse è uno stimolo a non chiuderci nei cortocircuiti mentali dei nostri anni cupi e difficili? Non ho una risposta certa e non voglio spostare troppo il discorso su temi che esulano eccessivamente dal contenuto della saga.
Posso dire che leggendo la saga oggi,
non faccio sconti su certi aspetti del personaggio (aspetti che in realtà avevo generalmente notato anche da ragazzo). Elric ha continue contraddizioni, qualcuna giustificabile altre meno, e fra queste le più fastidiose sono quando tira fuori il lignaggio imperiale e la fierezza melniboneana mentre è stato lui a distruggere tutto questo. Elric fa quel cavolo che vuole come se fosse una rockstar, e Moorcock gli fa fare delle idiozie (mettere Yyrkoon a fare il reggente) per mandare la storia nella direzione che vuole. Gli mette in bocca discorsi impegnati per sostanziare la pretesa di saper parlare di temi profondi, virtù che concederei allo scrittore britannico in misura piuttosto limitata. Lo fa finire sopra le righe con frasi un po' ridicole come: "Muoio. Bene, credo che non m'importi." Elric in effetti è una Mary Sue tremenda, una scommessa azzardatissima da parte del suo autore. Imperatore di una razza arrogante, superiore a quella umana, capace di mettersi in contatto con diverse divinità e di chiamarle in aiuto, bello ma separato anche dalla sua razza per via di un ulteriore marchio di distinzione, quello dell'albinismo, sconcertante per gli occhi rossi e per la ferocia che può improvvisamente scatenare, portatore di una spada che beve le anime. E allo stesso tempo debole nel corpo (costretto a usare le pozioni o la spada per potersi reggere in piedi) e fragile nello spirito, tutto il contrario dei classici eroi fantasy. E' il contrario di un eroe classico, ma nello stesso modo è privilegiato da una montagna di trati che lo separano dal comune mortale.
In effetti Elric cammina su un filo, in bilico tra l'affascinare il lettore e l'essere liquidato con una risata. Me ne rendo conto oggi, non me ne ero reso conto da ragazzo; ma questo rende anche più significativo il suo successo. Inoltre l'albino è l'unico "pezzo" veramente forte della saga, dove il palcoscenico è solo per lui: questo deve dare la misura di come sia stato un parto brillante del suo autore.
Anche ammettendo che Elric sarebbe stato poco adatto a "sfondare" ai giorni nostri, ipotesi che non si può verificare, è comunque divenuto un classico che riesce a interessare anche i giovani e non solo un culto di nostalgici. Si può odiare questo personaggio ma non negare che abbia strappato un posto nell'immaginario, da cui non scomparirà facilmente.
Cosa c'è oltre a Elric in questa saga?
Non sono un grande ammiratore di Moorcock pur ammettendo che ha scritto alcune cose egregie, anche oltre la saga di Elric. Ha un bel mestiere, ma è discontinuo, ed essendo un autore focalizzato sulla trama,
cura le ambientazioni in ottica strettamente utilitaristica. Il mondo dei Regni Giovani è cresciuto in maniera da risultare vivo e affascinante, tuttavia in molti punti del percorso il lettore sarà sconcertato dal vedere riassumere tutta una nazione con descrizioni di poche righe estremamente generiche. Si salvano un po', ovviamente, i luoghi dove si svolge qualche azione particolarmente importante. Quando Elric fa un salto in un altro piano per una delle sue missioni, l'impressione a mio parere è spiacevole, come se il mondo fantastico ideato dall'autore sia come una carta velina tirata fin quasi al punto di stracciarsi.
I
personaggi del resto non sono meglio curati, in linea di massima. Ho già espresso la mia insoddisfazione per il personaggio di Yyrkoon, e implicitamente già fatto notare che i due cattivi Theleb K'aarna e Jagreen Lern sono poco ispirati e simili fra loro. Moorcock sembra non volere un cattivo di un certo spessore, e credo di indovinare ipotizzando che
non desideri alcuna ombra sul suo eroe che regge tutta la scena. Il dio Arioch, con la sua ambiguità e pericolosità, è un personaggio superbo, ma come divinità non può scendere direttamente in campo contro il suo prediletto che lo ha tradito. Forse è per questo che Moorcock gli ha concesso tanta attenzione nel disegnarne i tratti.
Quanto agli amici e ai... neutrali, non mi lamento di Maldiluna, personaggio che deve solo far da spalla e lo fa egregiamente, ma i vari melniboneani nobili e non (Dyvim Tvar, Magum Colim, Ossastorte...) avrebbero forse meritato qualche dettaglio in più. Purtroppo l'economia spietata di Moorcock dedica loro solo le pennellate minime per farli funzionare. Sono poco dettagliate, anche se già più appassionate e vibranti, le due donne amate, Cymoril e Zarozinia, ma io non posso fare a meno di pensare che siano una la fotocopia dell'altra. Interessantissime altre due donne, Myshella e Yishana, ma... i riflettori si posano su di loro abbastanza sporadicamente.
Quanto alla
trama, in alcuni momenti riesce ad appassionare, in altri crolla pericolosamente sotto il livello di guardia. Ci sono senz'alro troppe occasioni in cui Elric deve semplicemente andare in un certo posto a fare una certa cosa, come recuperare un oggetto o ammazzare una certa persona, non per una vera connessione con la storia ma semplicemente perché è un passaggio indispensabile per qualche motivo oscuro. All'inizio la sfida tra l'usurpatore Yyrkoon ed Elric sarebbe appassionante ma ci sono alcune "tare comportamentali" dell'eroe albino a rovinare un po' le cose, come abbiamo visto.
Sui Mari del Fato contiene alcune rivelazioni importanti per lo svolgimento generale della trama ma è il libro meno riuscito dei sei. La rivincita di Elric contro la propria patria ovviamente è un picco d'interesse che risolleva la saga, con la distruzione di Imrryr, la morte di Cymoril e il protagonista costretto a voltare pagina.
La lotta di Theleb K'aarna contro Elric e contro i suoi vari alleati tra cui gli abitanti di Tanelorn è interessante, anche se presenta un'altra "falla" logica che non mi piace, i mercenari di Dyvim Tvar che accettano di collaborare con Elric.
Quando entra in scena Jagreen Lern la lotta diventa guidata dal fato e dalle mosse degli dei, con la profezia da avverare e l'arrivo di un personaggio totalmente
deus ex machina come Sepiriz, che spiega a Elric a che punto siamo e cosa deve fare adesso, e gli dà a volte anche aiuti pratici e suggerimenti. Moorcock non aveva voglia, temo. Sapeva che doveva andare a terminare la saga in un'apocalisse, e come in certe altre parti tutto ciò che sta a lato è un contorno affrettato e semplicistico, forse salvato da un'abile mano in certe descrizioni. Si salva la solennità, l'aspetto "Heroic Fantasy" della lotta condannata di Elric, ma è un tramonto un po' in declino, anche se il finale mi ha sempre emozionato.
Conclusione
Di fatto la saga di Elric è un'enorme scommessa sul personaggio. Il resto non è di qualità sempre eccelsa e certe pretese intellettualistiche di Moorcock lasciano il tempo che trovano, adesso come allora. Va comunque concesso che nei contenuti vi è una dimensione letteraria e una qualità, quando c'è, che va ben oltre certi libri fantasy di oggi tanto osannati, e scritti seguendo le regolette. Certi aspetti sbrigativi dello scrivere di Moorcock ci prendono un po' in giro, ma nel complesso c'è sostanza e c'è arte: mica per niente pur avendo accarezzato l'idea di farlo, non riescono a cavarne fuori un film per la Hollywood di oggi.
La prima parte di questo articolo si trova qui.