venerdì 30 aprile 2010

Iron Man 2

Visto il secondo Iron Man. Stesso regista, protagonisti in parte cambiati. Ovviamente resta Robert Downey Jr nei panni dell'eccentrico industriale Tony Stark, e prende maggiore importanza la segretaria tuttofare interpretata da Gwyneth Paltrow. James Rhodes, l'amico di Stark nell'esercito, rimane ma è cambiato l'attore che lo interpreta (subentra Don Cheadle) e intervengono addirittura due cattivi: Mickey Rourke nei panni di Ivan Vanko, scienziato russo con rancori personali verso Stark, e il concorrente Justin Hammer (attore: Sam Rockwell) che cercherà di usare Vanko contro Tony Stark per rivalità commerciali.
Rispettando la continuità dell'universo Marvel, come un po' pomposamente si usa dire parlando di supereroi, entrano in campo altri due personaggi che segnano la progressione della storia verso il gruppo di eroi chiamato The Avengers (ma è questione di un prossimo film): si tratta di Nick Fury e della Vedova Nera, interpretati rispettivamente da Samuel L. Jackson e Scarlett Johansson.

Il duetto tra Tony Stark e Pepper (la Paltrow) riesce piacevole come nel primo film. Vi è una alternanza di scene d'azione con momenti comici e semi seri, e intermezzi di riflessione o anche drammatici per quanto riguarda i guai del protagonista, tra problemi di salute (gravi) causati dall'elettromagnete innestato nel petto e la situazione in cui si trova ricoprendo il pesante ruolo di Iron Man. Entrambi i cattivi sono ben riusciti. Per quanto riguarda Scarlett Johansson, ha una indubbia presenza scenica ma anche qui, come nello sfortunatissimo The Spirit, ricopre un ruolo secondario e tutto sommato un po' decorativo.

Per chi ama la coerenza logica ci saranno dei momenti di orrore, perché anche qui c'è gente che (come nel primo Iron Man) con tre cacciaviti in una stamberga riesce a realizzare tecnologie e armi sofisticatissime. Però va detto che la progressione della storia, gli eventi relativi alla vita del padre di Tony Stark e alla nascita del complesso industriale di famiglia sono esplorati in maniera abbastanza interessante e nient'affatto noiosa.

Personalmente mi sono un po' stancato per le battaglie tra macchine volanti che si bersagliano di colpi a una velocità incredibile, ma magari sono io che ormai sono vecchio, chi lo sa.
In definitiva il film si regge bene in piedi, gode di uno straordinario attore protagonista, e riesce a esplorare maggiormente il mondo di Iron Man. Però, senza negare qualche novità, Iron Man 2 non pare così differente dal predecessore, e purtroppo non ne ha la freschezza (inevitabilmente).


Pertanto a mio parere questo film pur essendo piacevole ha i tradizionali limiti dei "sequel" che non riescono a reinventare la serie o a crearsi una propria autonomia, e non mi ha divertito come il primo.

lunedì 26 aprile 2010

La Guerra nel Medioevo

Ci ho messo un bel po' a finire questo libro denso e massiccio di Philippe Contamine, professore alla Sorbona e autorità indiscussa in materia di storia medievale. Il medioevo mi interessa soprattutto perché mi interessa la storia: ma non lo ritengo off topic in questo blog perché il fantasy, nonostante si sia ormai ramificato in mille tematiche diverse, è pur sempre in buona parte ancorato ad ambientazioni medievaleggianti. Anche se, sia detto di sfuggita, chi crea un'ambientazione fantastica è tenuto a riflettere sulle sue peculiarità e sulle loro conseguenze nella società, e non dovrebbe semplicemente "infilarla" in un mondo medievale o di altro periodo storico.

Ne La Guerra nel Medioevo l'autore fa una carrellata sul fenomeno militare visto da tutte le angolazioni possibili e immaginabili, un'analisi inevitabile perché, come Contamine fa notare, nel periodo medievale la guerra è onnipresente e connaturata con la società e l'autorità in maniera indissolubile. Non solo il feudalesimo è una forma di governo (con la sua inevitabile frammentazione dell'autorità e del potere) che nasce dagli obblighi militari del feudatario in cambio del controllo su un certo territorio, ma per di più la Chiesa cattolica, che aveva vissuto una breve stagione di assoluto pacifismo ai tempi dell'Impero Romano, comincia a vivere in simbiosi con gli uomini d'arme cercando di influenzarne i comportamenti (codice cavalleresco, crociate) e legittimarne l'operato, pur essendo critica verso le guerre in cui al cristiano si oppone un cristiano.

Come tanti libri del genere, anche questo è piuttosto scarso di informazioni che riguardano l'alto medioevo e trae molte delle sue fonti dagli ultimi secoli, '300 e '400. Una visione distorta inevitabile, visto che l'alto medioevo e i tempi delle invasioni barbariche sono una specie di notte dei tempi di cui poco si sa perché poche testimonianze sono state scritte e non tutte ci sono arrivate. Tuttavia l'autore fa un onesto tentativo di comprendere anche quel periodo, in cui nascono i primi castelli e gli obblighi feudali, si verifica quel tracollo organizzativo che impedisce per tutta quest'epoca di mettere in campo armate numerose come si verificava ai tempi del mondo antico, si fanno i conti con le ultime grandi invasioni (Ungari) e il clero si qualifica come ultimo baluardo di civiltà e di sapere in un mondo dove l'esistenza è divenuta violenta e stentata.

Interessante l'attenzione agli obblighi feudali e al loro evolversi. Gli obblighi militari della società medievale potevano essere molto complessi e personalizzati: un feudatario poteva essere tenuto a fornire al suo sovrano determinati organici, con una descrizione molto precisa di quanti cavalieri, scudieri, arcieri, cavalli e armi era suo compito mettere a disposizione. Poteva essere tenuto a fornire un servizio gratuito per un certo periodo, essere pagato per una campagna più lunga, aver diritto alla sostituzione di cavalli o equipaggiamento perduti in battaglia, ecc... Il servizio militare di un cavaliere non corrispondeva necessariamente con l'assegnazione di un terreno per il proprio mantenimento: un altro (più ricco) poteva essere tenuto a provvedere per lui in tutto o in parte. Generalmente (salvo qualche eccezione verso la fine del medioevo) non c'era alcuna "fabbrica" che producesse armi e armature in serie o scuola militare che fornisse addestramento: il mestiere delle armi era una pratica quotidiana per moltissima gente, le armi si compravano come e quando possibile e non sempre la loro qualità era eccelsa.
Il risultato era un esercito poco disciplinato, dove spesso il combattente cercava la gloria individuale o la cattura di prigionieri che potessero fornire bottino, e dove il nobile desiderava vedersela con i suoi pari della parte opposta, indipendentemente da quelle che fossero le esigenze tattiche. Gli obblighi delle milizie feudali spesso erano limitati a un periodo di tempo modesto, il che rendeva le marmaglie di armati alla meno peggio utilizzabili solo sulla difensiva. Frequenti gli assedi, scarse e temute le battaglie. Possibili i comportamenti "cortesi" e umanitari sul campo di battaglia (incoraggiati dalla Chiesa), con richieste di riscatto per i prigionieri e trattamenti dignitosi, ma non infrequenti le atrocità che talvolta si estendevano alla popolazione civile in teoria estranea ai conflitti (e priva, almeno per una parte del medioevo, di un sentimento nazionale).

Il libro tratta anche di armi e armamenti, di strategia e tattica (Contamine cerca di dimostrare che i condottieri dell'epoca non erano poi così sprovveduti, ma implicitamente riconosce che rispetto all'epoca antica c'era ancor meno controllo su quanto accadeva nel campo di battaglia), delle compagnie di mercenari che saranno così importanti nelle epoche successive, dello sviluppo dell'artiglieria, della capacità finanziaria e organizzativa delle monarchie dell'epoca (assai scarse: e questo spiega come in una società dove un sacco di gente possedeva armi e armature gli eserciti fossero relativamente piccoli), del rapporto con gli infedeli e le realtà esistenti ai confini del mondo medievale.

Si tratta di un testo comprensibile anche a chi ha scarse conoscenze precedenti o solo rimembranze scolastiche, ma non è propriamente divulgativo. Ogni affermazione è corredata di note a pié pagina e citazioni, riferimenti ed esempi, nonché magari anche di menzione delle eccezioni alla regola. L'autore dice quello che sa, dà una interpretazione, ma allo stesso tempo sciorina argomenti che possono permettere al lettore di farsi un'idea e offre mille rimandi per chi vuole approfondire. Questo rende La Guerra nel Medioevo un testo dallo stile dotto, una miniera di informazioni e una guida per una conoscenza approfondita dell'argomento, ma non una lettura scorrevole. Chi volesse un rapido manualetto che riassuma in punti chiari ed essenziali gli aspetti peculiari della storia militare del medioevo dovrà cercare altrove.

mercoledì 21 aprile 2010

Un romanzo di genere

In questi giorni ho letto, riletto e rimuginato un articolo di Sandrone Dazieri (Qualche trucco per scrivere un romanzo di genere) sul blog che questo esponente di Mondadori tiene presso il sito del Sole24Ore.
Invito a dare un'occhiata. In parole povere Dazieri dice che se vuoi scrivere un romanzo di genere devi ideare una trama avvincente ed esserle fedele, senza infiocchettarla troppo. Il lettore deve rimanere avvinto dalla suspense e scoprire un mondo, un mistero, una storia a poco a poco dalle vostre pagine. Quello che non è utile alla trama va tolto. Insomma, essere fedeli al potere del come andrà a finire?
Uscire dal seminato non aiuta.

Per quanto mi riguarda sono abbastanza d'accordo. Nel senso che, più o meno, questa norma la usavo pur senza conoscerla, diciamo, o almeno non la conoscevo in questi termini. Il mio travagliato Magia e Sangue, e anche le altre cose di una certa lunghezza che ho scritto, puntano molto sulla trama e quando mi sono preso la licenza di accennare a qualcosa su cui vorrei dire la mia l'ho fatto in maniera molto leggera e lasciando la questione appena abbozzata, senza sermoni da parte mia. Anzi ho curato lo stile proprio in funzione della suspense, facendo del mio libro una storia che procede spedita sul seminato, e che dovrebbe (si spera) bloccare il lettore sulla classica domanda: come andrà a finire?

Quindi non ho motivo di critica, in quanto aspirante autore, su quello che scrive Dazieri. Tuttavia molti dei romanzi del fantastico che ho letto non seguivano affatto questa regola e qualcuno era estremamente arricchito proprio da quello che usciva dal seminato. Mi viene in mente Gene Wolfe, per esempio, con il suo ricchissimo ciclo del Nuovo Sole dove troviamo spesso una storia incastonata dentro un'altra e mille digressioni dalla trama principale.

Insomma, seppur valido, mi sembra che il consiglio di Dazieri sia più rivolto ai principianti. E beninteso, come appartenente alla categoria lo rispetto.

venerdì 16 aprile 2010

Due Off topic al posto di uno!


Ho visto la versione estesa in DVD di Red Cliff, un film (prodotto e diretto da John Woo) che non ha molto a vedere con il fantastico (è basato su un fatto storico). Una mega produzione, con un certo uso di effetti speciali unito alla disponibilità di comparse in abbondanza, cosa che non capita spesso di questi tempi (in un film occidentale). Ci sono un po' tutti i pregi e i difetti della cinematografia cinese (e direi orientale in genere): coreografie eleganti e bei costumi, bei paesaggi e anche buona recitazione, ma gusti molto diversi dai nostri. Le scene di battaglia sfidano la logica. Spesso sono eleganti o drammatiche ma mostrano cose che non potrebbero mai accadere. Tra le più ridicole, una carica di cavalleria incanalata e intrappolata in una specie di labirinto di soldati che fanno muraglie di scudi. Un completo controsenso invece una formazione di fanteria che forma una testuggine di scudi da cui spuntano le lance: la fanteria avversaria attacca questa formazione ed è sterminata con una facilità poco credibile, allora i generali mandano una carica di cavalleria, come se fosse proprio quello che ci vuole! E infatti la cavalleria vince, mentre invece è una realtà tra le più banali della guerra prima delle armi da fuoco che una formazione di fanteria, compatta e irta di lance in tutte le direzioni, sia impervia proprio alle cariche a cavallo.

A parte le sottigliezze militari (potete ben immaginare la quantità di sotterfugi geniali che si trovano in film di questo tipo) mi annoiano parecchio le scene da ammazzasette, quando questo o quell'eroe si pavoneggiano prendendo a mazzate interi reparti nemici, scene purtroppo che abbondano in Red Cliff.
Un po' seccanti anche certe tirate filosofiche, ma con l'attenuante che ci sono dei bravi attori e della buona recitazione.
Manca, grazie al cielo, la classica macchietta che serve a far ridere gli spettatori asiatici (tra goffaggini e scene alla Alvaro Vitali). C'è invece una figura un po' ridicola ma in fin dei conti drammatica (SPOILER) di un sempliciotto che sta dalla parte sbagliata e aiuterà una spia senza saperlo: la spia è una nobildonna travestita da uomo, mandata dai "buoni" a raccogliere informazioni: il nostro soldato ingenuo non capisce che è una donna e fa amicizia con lei senza sospettare nulla: le salva la vita quando è scoperta, salvo incontrarla più tardi sul campo di battaglia.
Come dicevo non è un film fantasy. Tuttavia l'atmosfera esotica che trasuda da questa pellicola non può che attirare l'appassionato del fantastico. Consiglio una visione molto calma, magari in due o tre sedute, perché il film è assai lungo.

Ho invece pescato un fumetto dal bel mezzo di una serie perché mi interessa l'argomento: si tratta di La Noche Triste della serie Quetzalcoatl, autore Jean-Yves Mitton. La storia (un po' romanzata) riguarda le avventure di Cortez, conquistatore spagnolo, e della Malinche, la donna che gli fece da interprete e da aiutante nel rapportarsi con i popoli locali, e che almeno in parte lo guidò nello sfruttare le loro aspettative e le loro divisioni.
La storia della conquista delle Americhe è un incontro di mondi incredibilmente diversi, un dramma tristissimo ma che accende l'immaginazione. In questo senso è di sicuro interesse per chi ama il fantastico e per i creatori di mondi immaginari.
Cortez era un uomo pragmatico e spietato, pieno di irruenza e coraggio, e i suoi soldati generalmente non gli erano da meno. Sfruttando la leggenda di un dio che doveva tornare a manifestarsi, Quetzalcoatl il Serpente Piumato, trovò gli alleati che gli permisero di sfidare una città stato al centro di un impero: Tenochtitlan, capitale degli Aztechi. Portò avanti la missione pur essendo stato sconfessato dalle autorità, riuscendo a mettere il mondo di fronte al fatto compiuto. La Malinche, oltre a guidare Cortez e permettergli di dialogare con i nativi era anche sua amante e fu madre di suo figlio, il primo mestizo (mezzosangue). Amata come madre del Messico, odiata come traditrice, è simbolo di un mondo nato nel sangue e che rimane diviso tra due identità.
Ma la conquista del Messico non fu così semplice: la Noche Triste è il nome dato a uno scontro che fu per gli Spagnoli una sonora batosta. Ma la crudeltà degli Aztechi era tale che i popoli passati a Cortez non potevano sperare di trovare un facile accomodamento, perciò rimasero con lui e alla fine lo aiutarono a vincere.
Per tornare al fumetto: me lo sono goduto. Un tratto un po' convenzionale, ma ho la tentazione (se troverò il tempo) di leggere tutta la serie.

Vendesi!

Comunicazione di servizio:

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Ciascuno dei due libri, nuovo, costa 19,60 su IBS. Non tratto i libri come reliquie, ma le copie in mio possesso sono in condizioni decenti e perfettamente leggibili.
Accetto pagamenti a mezzo bonifico o paypal.

domenica 11 aprile 2010

Il Trentesimo Regno


Torno ad occuparmi degli esordienti di casa nostra con un'autrice cremasca, Gabriella Mariani, che ha pubblicato con la casa editrice Montag il suo libro d'esordio, Il Trentesimo Regno.
La storia ci porta in una terra povera e dura, nell'estremo nord tra Scandinavia e Siberia. Tra popoli immortali dai poteri superiori, capaci di entrare in trance e visitare i regni dei morti e degli spiriti, ma allo stesso tempo combattuti tra mille difficoltà: estati troppo brevi, cibo scarso, nemici che arrivano da terre lontane e popoli mortali ostili e diffidenti dei loro poteri.
Ma c'è anche una terra con una strana benedizione, non priva di aspetti problematici: terra di luce e di fuoco perenne, fertile, ma popolata da genti aggressive e feroci. Parte del libro segue la lotta delle genti dell'Ombra contro quelle della Luce, il tutto da intendere con una connotazione diversa da quella che ci si potrebbe aspettare pensando a Tolkien e al fantasy che va per la maggiore. Il periodo coperto da questa storia è indefinito ma piuttosto lungo visto che i personaggi sono (in buona parte) praticamente immortali, per via della loro natura semi-divina e delle capacità magiche. Queste storie di personaggi che muoiono ma non muoiono, sono vigorosi e vecchi allo stesso tempo, perseguono passioni che continuano a farli scontrare in maniera catastrofica ma non necessariamente con un netto vincitore sono piuttosto difficili da seguire, anche perché l'attenzione si sposta spesso su personaggi diversi, e per un libro di 200 pagine ce ne sono un po' troppi.

L'autrice ha una sua prosa musicale e scorrevole (qua e là un po' barocca) con cui trascina il lettore in questo mondo iperboreo, spietato e bellissimo, tra notti infinite ed estati luminose. La leggibilità, la piacevolezza dello scrivere è il punto forte, nonostante ci siano un po' di errori in più del dovuto, frutto forse di una revisione e di un editing affrettati. Io non so dire quanta aderenza ci sia nei confronti delle saghe e delle leggende che sono alla base di questa ambientazione, ma (per quanto il lavoro sia ovviamente di fantasia) l'attenzione per la mitologia è fin troppo evidente in un certo numero di note a pié pagina che possono essere gradite a chi vuole leggere questo libro per un discorso (anche) culturale, forse un po' meno per chi vorrebbe semplicemente rilassarsi con una lettura di intrattenimento.

Avendo letto qualche saga e leggenda di prima mano (irlandesi e arturiane) posso dire che l'inseguirsi di eventi piuttosto ripetitivo, talvolta difficile da seguire e che stenta a comporsi in una vera trama non è molto diverso da quello della vera mitologia e dei racconti epici. Potremmo dire che è un altro risultato positivo raggiunto? Per me no, purtroppo. Essendo un lettore contemporaneo avrei voluto leggere una storia con un inizio, uno svolgimento e una fine. Ammetto un certo disappunto nel non aver trovato una vera e propria struttura in questo libro (nemmeno tenendo conto che questo è il primo volume di una serie).

Come spesso avviene con il fantasy italiano, luci e ombre. I motivi, dal mio punto di vista, li ho espressi: capirete che non è semplice dare una valutazione con un voto o con le stelline (come succede sui siti tipo Anobii). Ma spero di aver dato ai naviganti qualche elemento di valutazione per decidere se leggere o meno questo libro.

mercoledì 7 aprile 2010

Complimenti a Roberto Quaglia

La Fantascienza italica riesce a dare un potente colpo di coda nonostante non sia genere che goda di ottima salute: Roberto Quaglia, ingegnoso e fantasioso autore nostrano, ha vinto (assieme a un albionico di nome Ian Watson) il premio della British Science Fiction Association per la categoria racconti. Il titolo vincitore è The Beloved Time of Their Lives.
Vivissime congratulazioni!

Fonte: Il Corriere della Fantascienza (Fantascienza.com).

domenica 4 aprile 2010

Ringrazio Andrea d'Angelo per aver segnalato un articolo molto interessante: uno scrittore dedito al fantasy, Jim C. Hines, si è dedicato a raccogliere le esperienze dei suoi colleghi e ha fatto qualche scoperta sul mestiere di scrittore.
Invito tutti a leggere l'articolo in questione (è in inglese) ma da parte mia sottolineo un po' di scoperte e curiosità.

Secondo l'autore non è così vero che pubblicare racconti sia la palestra ideale per arrivare a un romanzo (che sia pubblicato con un minimo di successo), perché nota che di 247 colleghi che hanno risposto al suo questionario ben 116 non avevano venduto, prima di riuscire a farsi pubblicare un romanzo, alcun racconto. Da parte mia considero però che hanno ragione coloro che deplorano la mancanza in Italia di questa palestra di scrittura. In fondo, se 116 sono arrivati a pubblicare un romanzo senza aver pubblicato racconti, ne deduco che gli altri 131 scrittori di racconti ne hanno pubblicati (e anche parecchi, pare). Da noi invece i racconti di visibilità ne hanno davvero pochina...

Come sono riusciti a pubblicare questi autori anglofoni? Il Print on Demand è tendenzialmente una fregatura anche dalle loro parti, la grossa differenza è nel ruolo preponderante degli agenti letterari.
Da noi no. Vi consiglio un post (dove è intervenuto anche il sottoscritto a un certo punto) sul forum di Writer's Dream, dove si comincia con un certo numero di dubbi sull'utilità e sul ruolo delle agenzie letterarie (partendo da una domanda che riguarda una sola di esse) e con il procedere dei post i dubbi non diminuiscono, ma aumentano...
Se avete tempo di seguire quella discussione, c'è materiale per riflettere.

Autori ragazzini: no. Nella media, gli autori di questa ricerca hanno pubblicato da ultratrentenni. Ma può darsi semplicemente che il nostro Jim non abbia fatto le domande agli autori (ragazzini) giusti.

Dopo quanti fallimenti sono stati pubblicati? Alcuni (minoranza ma non pochissimi) hanno pubblicato il primo romanzo che hanno scritto, altri il secondo o il terzo. Conclusione che mi viene in mente: se siete al quinto o sesto romanzo che cercate di pubblicare e ancora non ci riuscite, forse è meglio provare a fare qualcos'altro con il vostro tempo. Penso che valga negli USA come in Italia.

La maggior parte di questi scrittori afferma di non essersi avvalsa di conoscenze (di agenti o editori) per arrivare alla pubblicazione. Chi lo sa, magari in Italia è la stessa cosa (be'? cosa c'è da ridere?).

Insomma, materiale interessante. Ma la conclusione è la solita: lì c'è mercato, ci sono possibilità, c'è una forte editoria. Qui no.

giovedì 1 aprile 2010

Libri, fine delle tariffe agevolate

Devo ancora capire nel dettaglio come stanno le cose: se la questione riguarda le case editrici oppure se sarà coinvolto chiunque abbia l'occasione di spedire un libro ogni tanto (magari per averlo venduto su servizi online tipo ebay), spedizione che notoriamente può avvalersi di una tariffa speciale, il "piego di libri".
Comunque la notizia è che le tariffe postali agevolate per la spedizione di prodotti editoriali sono state improvvisamente annullate. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana protesta, affermando che soprattutto nel mondo della piccola editoria questo annullamento delle agevolazioni porterà diverse riviste e case editrici alla morte. Inoltre la decisione arriva improvvisa, senza dare alcun modo di organizzarsi e reagire.
Dopo il taglio dei contributi statali per l'editoria, che ha colpito le riviste che mantengono un contatto con gli italiani all'estero, con questo provvedimento si passa decisamente a sparare sulla Croce Rossa.

Purtroppo siamo un paese che, quando per motivi economici va presa qualche decisione dolorosa, fa sempre, costantemente, la scelta più miope e rovinosa possibile, colpendo istruzione, ricerca, cultura.
Sarà contento chi punta solo sugli ebook...