mercoledì 29 ottobre 2008

Nessun Dove

Le favole di Neil Gaiman non mancano di aspetti cupi e brutali, ma questa si muove tra ammazzamenti e tradimenti con una tale leggerezza da far sembrare (a volte) quasi simpatici due assassini come quei mattacchioni di Mr Croup e Mr Vandemar: due spietati esecutori che seminano terrore e morte finché... occhio alle anticipazioni da qui in poi... finché una bella fregatura arriva anche per loro.
Alcune caratteristiche di Nessun Dove (che era una serie televisiva prima di diventare libro) mi ricordano qualcosa di visto altrove, come l'origine del personaggio di Richard, che vive una vita noiosa in una banca, con fidanzata arrivista e un po' odiosa e un bel tran tran regolare, e che si ritrova in una realtà alternativa dove non ha cibo, non ha lavoro, e tutti se ne fregano, facendo con agghiacciante indifferenza commenti da cui si capisce che si aspettano che egli muoia di stenti (o peggio) in breve tempo. Ma quando riuscirà a combinare qualcosa di buono nel mondo della Londra di Sotto e tornerà finalmente indietro (dopo aver salvato Porta, la vittima designata dei due assassini), scoprirà che gli è impossibile ricominciare con la vecchia carriera (e fidanzata). E tornerà alla dimensione alternativa che dopo tanta fatica aveva lasciato.

Devo ammettere che l'urban fantasy non mi aveva particolarmente attirato fino a tempi recenti. L'illuminazione l'ho avuta senz'altro con Sergej Luk'janenko, Gaiman l'ho letto con molto più sospetto. Riesce con fin troppa naturalezza a muoversi nei mondi paralleli, a creare dimensioni fatate e a immergervi il lettore.
A volte mi sono ribellato, cercando di capire il meccanismo, perché non riuscivo a farmi una ragione dell'incredibile leggerezza con cui questo autore sa prendere il lettore per mano.

"Sei Jessica Bartram. Sei la responsabile marketing della Stockton. Hai ventisei anni... (taglio) ... Oh, e negli ultimi diciotto mesi siamo stati fidanzati."
Jessica sorrise nervosamente. Forse si trattava davvero di uno scherzo, di una di quelle spiritosaggini che tutti gli altri sembravano capire e che lei non riusciva mai ad afferrare.
"Credo che lo saprei se fossi stata fidanzata con qualcuno per diciotto mesi, signor hmm."


Il meccanismo che separa le due città di Londra (quella fatata e quella reale) è l'indifferenza, e a volte le dimensioni separate. I personaggi della Londra di Sotto a volte si muovono per passaggi strani in posti reali ma inaccessibili alla gente della Londra di Sopra. A volte si muovono in mezzo alla gente ma non ne vengono notati, le persone del mondo vero non riescono a prestare loro attenzione. Qui ho riflettuto se si potesse veramente accettare questo meccanismo. Richard affronta direttamente la fidanzata (anzi, già ex fidanzata) che non lo riconosce: possiamo immaginare che, tra diari, regali o mille altri dettagli della vita Jessica forse riceve cento volte al giorno il campanello d'allarme che le dovrebbe far capire che qualcosa della sua vita passata è ora scomparso dalla sua memoria. Ma anche se qualcosa di lampante, come un'annotazione nel suo diario (diario la cui esistenza ipotizzo io, non c'è nel libro) le facesse capire inequivocabilmente di essere stata fidanzata con un tizio ora scomparso dalla circolazione, il meccanismo dell'indifferenza farebbe sì che, dopo magari un momento di curiosità e dubbio, non farebbe seguito nessuna azione e la scoperta stessa andrebbe dimenticata, ogni volta che avvenisse.
Gli amici e i parenti, per via dello stesso meccanismo, non potrebbero ricordare a Jessica che aveva un fidanzato, perché non se lo ricorderebbero nemmeno loro. Insomma, lo stratagemma letterario per far finire il povero Richard in un'altra dimensione è semplice, brillante e funziona!
E a parte questo, con il suo mescolare toni cupi e favolistici Nessun Dove è una bellissima lettura.
Tanto di cappello al sig. Gaiman...

sabato 25 ottobre 2008

Riflessioni inumane



Nella fantascienza gli alieni sono alieni perché... sono alieni. E che diamine, non sarà mica possibile che si siano evoluti uguali a noi a centinaia di anni luce di distanza. Ovviamente possono avere delle qualità che servono alla trama del film o del libro che li rappresenta.
Ad esempio Alien è una specie di bestiaccia da preda quasi impossibile da sconfiggere. La Cosa del film di Carpenter può assumere l'identità e il modo di fare di chiunque (il che diffonde una certa paranoia tra i suoi avversari). E così via.

Nel fantasy le specie non umane cosa ci stanno a fare? Innanzitutto sono mostri dotati di intelligenza. Orchi, Troll eccetera, presi dal folklore o inventati e reinventati dagli autori, servono a creare la minaccia, e ad essere ammazzati in quantità industriali. L'orco è feroce, infido, puzzolente... e così via. I vari zombi, scheletri, vampiri non sono neanche non umani: sono trasformazioni di esseri umani.

I non umani che non siano nemmeno mostri invece tendono a rispecchiare qualche qualità particolare o a esprimere il sovrannaturale.
Il nano tolkieniano è avido di ricchezza, è coraggioso, talvolta attaccabrighe. L'elfo è un custode della natura, incarna la saggezza, è un essere magico e quasi semidivino. Gli hobbit... insomma avete capito no?

Ben poco se ne fa il fantasy, in genere, di esseri intelligenti non umanoidi, salvo qualche mostro particolarmente cattivo (ovvio che ci sarà qualche eccezione). Ma direi che l'essere senziente non umano, nel fantasy, se non è un misterioso nemico da eliminare deriva strettamente dall'umano.

E' un aspetto che andrebbe ulteriormente esplorato?
Non so. Se qualcuno scrivesse un libro con delle scolopendre intelligenti che interagiscono con gli uomini, a chi verrebbe voglia di leggerlo?

mercoledì 22 ottobre 2008

Immaginare Mondi

Chi scrive mainstream deve conoscere l'ambiente in cui colloca la sua storia. Se lo scrittore non è stato negli Stati Uniti o in India, farà bene a non scegliere quei luoghi come ambientazione principale (ovviamente si potrà documentare in merito e i suoi personaggi potranno fare una rapida capatina a New Delhi o a Las Vegas, se necessario...).
Chi scrive fantasy o fantascienza, horror ecc... dovrà inventare i suoi mondi o immaginare un cambiamento intervenuto nel mondo reale (e tutte le conseguenze di tale cambiamento). Dovrà lavorare di fantasia, insomma, introdurre l'elemento immaginario.
Inventare un mondo di sana pianta è un lavoro che spesso fa chi gioca di ruolo, e può essere una buona palestra (ne ho già parlato) ma nel gioco di ruolo è necessario un livello di dettaglio che non necessariamente va raggiunto da chi scrive un libro.
Lasciamo da parte il GDR quindi.

Si può scrivere una storia partendo dal voler raccontare i mondi che abbiamo immaginato, ma una storia è soprattutto fatta di avvenimenti, pertanto chi scrive dovrà per prima cosa avere un'idea portante. Ovvero dovrà chiedersi: che storia sto raccontando?
Facciamo un esempio: ci siamo svegliati una mattina decidendo di scrivere un racconto senza voler uscire troppo dai canoni consolidati del fantasy ma aggiungendo qualche elemento nuovo.
(Chiariamo subito qui un altro equivoco: in letteratura, nuovo è una parola grossa. Ci sarà sempre il sapientone che dirà: hai copiato l'idea dal libro dell'autore Tizio, che non hai mai sentito nominare. E' così, può succedere. Ma se ti sei sforzato comunque è già un po' diverso dallo scrivere storie con gli elfi dalle orecchie a punta e i nani che brandiscono l'ascia e si incazzano, no?).
Insomma ci siamo svegliati e abbiamo creato una trama...

Un'idea (come un'altra)

Mettiamo che siamo rimasti estasiati dalle imprese di Elric di Melnibone con la sua spadona che divora le anime, e la sua razza di raffinati decadenti tiranni che più cool di così non si può.
Non volendo proprio scopiazzare di brutto, decidiamo che parleremo di un eroe che non è il sovrano della sua gente. Cominciamo a inventarci un po' di nomi. Il protagonista è Primus, il fratello cadetto del principe Caius erede al trono. Caius è il legale detentore della spada maledetta Omega, che ha sempre servito il popolo dei Tarais.
I Tarais sono sempre stati forti e temuti. Hanno sempre compiuto ingiustizie e stragi, ma nella loro morale andava bene così. Caius è uno che ha girato il mondo e ha conosciuto varie culture e religioni: ha deciso che lo stile di vita del suo popolo è malsano. Quando sale al trono convince Primus a portare via la spada: se la caverà senza i poteri malvagi di questo artefatto.

Le prime considerazioni che si devono fare a questo punto
La lingua. Abbiamo preso un paio di nomi che "suonano" latini, per coerenza dovremo rispettare questa tendenza quando creiamo altri personaggi del popolo dei Tarais. Oppure a questo punto ci prendiamo un anno sabbatico, studiamo le antiche o moderne lingue di qualche angolo del mondo e traiamo ispirazione per inventare un nuovo linguaggio e dei nomi del tutto nostri, con un vocabolario, una grammatica ecc... questo per me è un po' eccessivo, ma c'è chi lo ha fatto.
Queste decisioni che abbiamo preso per i Tarais le dovremo prendere per gli altri popoli. Non sono decisioni da poco perché si riflettono sulla cultura del mondo che andiamo a creare. Lo vedremo dopo.
L'artefatto. La spada maledetta è quello che nel cinema anglosassone si chiamerebbe un plot device, un pretesto per creare la storia. Però se è solo questo l'artefatto diventa come la valigetta in Pulp Fiction, un oggetto che non significa niente di suo ma che è introdotto nella trama solo perché le azioni dei personaggi muovano intorno ad esso.
In un libro fantasy faremo meglio a non ridurci così. Decidiamo allora cosa fa questa spada incantata e come farlo sapere al lettore.
La Spada Omega è legata alla nascita e alla morte del popolo dei Tarais per via di un patto fatto dal leggendario progenitore del popolo, Kotalos, con la divinità protettrice Tanatos. Tanatos è divinità della vita per i Tarais, ma è il dio della morte per i popoli circostanti. La fortuna dei Tarais dipende dalla rovina dei popoli circostanti, quindi.
I Tarais perciò non devono perdere la spada. Questo in qualche modo lo sanno già, infatti Primus viene incaricato dal fratello di tenere la spada lontano dalla patria e non di liberarsene. Lo scopo è di non portare danno né agli altri popoli né ai Tarais stessi.
Quello che non sanno ancora è che Tanatos si rivolterà contro i suoi protetti se si sentirà tradito, e che la capitale dei Tarais, la città di Tarag, sorge su un vulcano quiescente che potrebbe cancellarla in qualsiasi momento. I cittadini di Tarag hanno molti benefici portati dalla divinità Tanatos: sorgenti di calde acque sulfuree, getti di oro fuso e di metallo miracoloso con cui forgiano armi di qualità eccelsa. Non capiscono che questo è legato alla natura vulcanica del luogo.

Il Mondo
A questo punto dobbiamo visualizzare il mondo. Poiché Melnibone (la patria di Elric) è un'isola e noi vogliamo fare gli originaloni, di isole non ne avremo. Disegniamo un continente, o parte di esso, e il mare che lo circonda: verrà una cosa più o meno così:



La scala cui ci atteniamo è, diciamo, un centimetro = 300 chilometri perciò ci rendiamo conto di non aver bisogno di tutto questo territorio. Una parte la descriveremo in dettaglio, un'altra la lasceremo, più o meno, in bianco, limitandoci a dire per adesso che è abitata da razze non umane o da barbari. Se le peregrinazioni di Primus lo porteranno là, entreremo maggiormente nello specifico.
Decidiamo quindi di dettagliare un po' di più la zona occidentale e disegniamo monti, fiumi, città, foreste ecc... dopo avere deciso che ci troviamo in un mondo più o meno simile alla Terra, e che siamo nell'emisfero settentrionale: perciò il nord avrà un clima più freddo del sud, ma le distanze nella mappa non sono così grandi da determinare differenze estreme. Quindi se non vogliamo distese di ghiacci eterni o deserti, non siamo tenuti a metterne nella nostra mappa.

Due cose da sapere se non eravate attenti alle lezioni di geografia (ma se eravate attenti mi scuserete qualche semplificazione che userò). I monti si formano per attrito tra delle grandi zone chiamate placche, che sono libere di muoversi fluttuando sullo strato inferiore del nostro pianeta che è semifluido. Laddove queste grandi placche si scontrano si possono formare le catene montuose, e per inciso le zone collinari o montuose più antiche saranno quelle in cui è più facile trovare giacimenti minerari. L'Italia guarda caso è di formazione geologica piuttosto giovane e questo è il motivo per cui, mentre altre potenze europee scattavano avanti nella rivoluzione industriale sfruttando i propri giacimenti di carbone, ferro e altri metalli, noi praticamente non avevamo nulla di tutto questo (e non ce l'abbiamo nemmeno ora, peraltro).

La forma delle catene montuose determinerà la direzione in cui scorrono i fiumi, che di solito partono dalle montagne (o dalle colline al di sotto di esse) per dirigersi verso il mare (o verso qualche lago chiuso se il mare è troppo lontano o se c'è qualche ostacolo che impedisce di giungervi). L'acqua non scorre soltanto nei fiumi, in realtà nella falde sotterranee ci sono dei flussi altrettanto importanti, ma questo in realtà ora non ci interessa.

Le foreste coprono una buona parte delle montagne alle basse quote, sempre che gli uomini (o altre razze!) non abbiano tagliato le piante per usare la legna. Con l'aumentare della quota, in un clima di tipo europeo troveremo solo alberi sempreverdi (abeti ecc...) ma alle quote elevate le montagne sono generalmente spoglie.

Le pianure oggi sono disboscate quasi ovunque. Ma l'Europa era ancora per lo più boscosa ancora ai tempi del medioevo (posti come la Grecia o l'Italia avevano già subito un forte disboscamento nell'antichità, però). Nei climi temperati adatti all'agricoltura la foresta è stata eliminata a mano a mano che la popolazione aumentava, salvo le zone meno fertili o di difficile sfruttamento per un motivo o per l'altro. Col tempo le foreste ricrescono là dove cessa l'opera dell'uomo, ma possono essere necessari vari decenni. Le pianure di clima temperato (se sono fertili e irrigate) sono le regioni in cui si produce più cibo, grazie all'agricoltura.

Le paludi possono occupare grandi estensioni di terreno se l'opera dell'uomo non interviene per regolare il corso delle acque.

I fiumi navigabili e il mare sono stati fino a tempi recenti indispensabili per il trasporto delle merci. Il trasporto via terra (con carri, ecc...) era molto più costoso e lento.
Per via degli ovvi vantaggi che il mare e i fiumi possono offrire, è raro che grandi città sorgano molto lontano da un corso d'acqua o dalla costa. La maggior parte della popolazione mondiale anche oggi vive a qualche decina di chilometri dalla costa. L'interno dei grandi continenti, se ci avete mai fatto caso, è spesso arido o comunque poco abitabile: così vale per il Nord America fra il Mississipi e le Montagne Rocciose, per l'Africa (dove abbiamo giungla e deserti), per il Sud America con giungla, zone aride e montagne, per l'Australia (deserto) e per l'Asia Centrale, che ha le sue zone interne fertili ma è in buona parte una grande pietraia arida.
L'Europa, piovosa e piena di grandi fiumi, è un po' l'eccezione a questa regola.

Tenuto conto di tutti questi aspetti disegniamo la nostra cartina e ne viene fuori qualcosa più o meno così:



Il tratteggio azzurro è la palude, le righe blu scuro i fiumi, le montagne sono profilate in marrone scuro, le città sono rosse e le foreste sono verdi (qui indichiamo solo quelle veramente enormi). Non ho messo i nomi a tutte le città e a nessun fiume o montagna (e nemmeno alla regione!): lascio ai volontari l'incombenza.

La città di Tarag, che siede su un vulcano, si trova in una zona montuosa. Domina sulla regione circostante e importa molto del cibo di cui necessita (perché non ha una bella pianura coltivabile nelle immediate vicinanze). Questo può significare che se i Tarais perdessero i loro tributari, non potrebbero più mantenere la loro ricca e popolosa capitale. Potrebbe anche implicare che qualche nobile, a corte, non sia così contento se il sovrano decide di rinunciare a una politica di prepotenza, che potrebbe essere indispensabile a sopravvivere.

La città di Goi appartiene a un altro popolo. Li chiamiamo Kreuzne e decidiamo che la loro lingua è differente da quella dei Tarais, e usiamo nomi che "suonano" germanico. I Kreuzne sono coraggiosi anche se poco raffinati, bevono tanta birra, coltivano patate e odiano a morte i Tarais... ma non lo dicono, perché ne hanno paura. Pagano regolarmente un tributo.

Pitna invece è una città pacifica, appartenente al Popolo delle Pianure e governata da una nobiltà locale che si ispira ai Tarais e obbedisce ai loro voleri. Una cultura quindi che per usi e linguaggio sarà simile a quella dei Tarais, anche se non umana: infatti il Popolo delle Pianure è una razza di miti umanoidi un po' simili a scimmie, poco abili nelle arti manuali e poco aggressivi. A Pitna il nostro Primus è andato con la Spada Omega ad amministrare qualche affare commerciale di Tarag. Primus cerca più che altro di stare lontano dai guai.

Religioni, Magia e Mitologia

Sono importanti come la geografia, in un libro fantasy. La mitologia aiuta a definire il carattere di un popolo e fornisce abbondanti possibilità per arricchire il mondo nella narrazione, con santuari, leggende, monaci, santuari ecc... Un consiglio può essere quello di farsi un minimo di cultura leggendo qualche libro: se non avete le basi della mitologia classica potreste cominciare da lì, se almeno quelle le avete vi consiglio di spostarvi allora molto lontano per aprirvi a una dimensione esotica. Potreste sfogliarvi la "garzantina" sulle religioni, per esempio.
Per i nostri scopi, dobbiamo stabilire che i Kreuzne adorano diverse divinità della guerra ma i Tarais hanno loro imposto Tanatos come padre degli dei. Esiste però una profezia: dice che i loro dei messi in inferiorità e prigionieri si ribelleranno.
Tanatos impone che i popoli sottomessi gli portino vittime sacrificali, ma sono esentati dall'obbligo i suoi prediletti Tarais.

Per quanto riguarda il Popolo di Pitna, è pacifico e le sue credenze, formate in realtà dai sacerdoti Tarais, dicono che da Tanatos viene ogni saggezza e che deve essere obbedito anche se richiede che delle vite gli vengano sacrificate. Esiste anche un antichissimo Oracolo della Verità, a Pitna, vicino al grande tempio di Tanatos. I sacerdoti di Tanatos vorrebbero distruggerlo ma non osano per timore della reazione popolare. Però in oltre mille anni l'Oracolo non ha parlato.

La Magia può essere un dono divino o arrivare per altre, recondite strade. Noi diremo che alcune conoscenze perdute, ora accessibili solo ad alcuni esseri semi-divini o a studiosi di scienze arcane, possono compiere prodigi che ai sacerdoti sono impossibili: essi si limitano a conoscere qualche piccolo incantesimo per incoraggiare la fertilità della terra e la guarigione delle ferite. Da notare che una presenza diffusa e "a buon mercato" della magia è molto destabilizzante per un'ambientazione fantastica. Lo scrittore dovrà valutare con attenzione quali ne saranno le conseguenze.

Razze non umane

Da trattare con cautela valutando le conseguenze della loro presenza. Soprattutto in termini di possibilità di espandersi o al contrario di essere schiacciati da razze rivali. Ad esempio: nel mondo fatato di Tolkien gli Hobbit hanno un senso. In molte altre ambientazioni ci sarebbe solo da chiedersi, se l'autore li inserisse, perché non sono stati già fatti fuori tutti. Capito il problema?
Qui il Popolo delle Pianure è un'utile razza sottomessa ai cinici uomini di Tarag. Sono fedeli come tributari, e certamente buoni acquirenti per molti oggetti che non sanno costruire in proprio (armi, artigianato, stoffe pregiate ecc...) nonché grandi lavoratori che si spaccano la schiena. La loro simbiosi con i padroni è così perfetta che i Tarais li lasciano governarsi da soli. Certamente li difendono se necessario, perché sono utili, e magari al contrario li usano in guerra per i propri scopi, spendendoli come carne da macello. Possono comparire fuori dal loro territorio in qualche ruolo caratteristico (giullari, giocolieri, cantastorie, atleti...) per via della loro agilità e perché sono reputati buffi. Lo scrittore deve però inventarsi qualche manierismo, qualche modo di fare caratteristico ecc... altrimenti non li renderà abbastanza veri.
Sulla loro origine potrà costruire un'altra leggenda.

Come inneschiamo la trama?
Quando la spada Omega viene portata via da Tarag, Tanatos smette di consumare le sue vittime e sia i Kreuzne che il Popolo delle Pianure vengono sollevati dall'obbligo del sacrificio. Questo fa contento re Caius, che voleva un dominio più misericordioso sui popoli circostanti. Ma i Kreuzne non si accontentano di questo inatteso beneficio: vogliono liberarsi del tutto.
Hilde, una furba maga del popolo di Kreuzne si trasforma in vezzosa fanciulla con l'aiuto delle sue arti magiche, e fa la conoscenza del nostro Primus che se ne sta tranquillo in mezzo al Popolo delle Pianure. Lo fa invaghire di lei, poi scompare, ma presto lo avverte che è tenuta prigioniera in una grotta custodita da un orrendo mostro.
Primus decide di portare la spada Omega con sé nella missione di salvataggio della donzella. Scende nella Grotta del Destino dove trova scheletri, armi e armature di mille eroi morti prima di lui. Incontra il Custode, un mostro orripilante con un discreto numero di teste e tentacoli, ma viene da lui avvisato che la vittoria gli porterà solo danno. La maga Hilde infatti non è imprigionata affatto: sa che il Custode tiene schiavi gli dei del suo popolo e sa che saranno liberi se Primus lo ucciderà: privi di un'arma potente come la spada Omega, gli eroi del popolo Kreuzne avevano sempre fallito nell'impresa. Senza dar retta all'avviso del Custode quindi Primus lo sconfigge usando la spada Omega e vede, come scie luminose, gli dei del popolo Kreuzne che sfuggono dall'abisso cui Tanatos li aveva condannati, e risalgono nei cieli. Quando trova finalmente Hilde capisce di essere stato ingannato, e quando la maga cerca di portargli via la spada Omega glielo impedisce. Ma non ha il coraggio di ucciderla.

Il popolo dei Kreuzne comincia quindi una micidiale guerra contro i Tarais. I nobili impongono che la spada venga riportata a Tarag, in modo che il favore divino torni sulla città dominatrice del mondo. Caius si oppone e viene ucciso. Un usurpatore sale al trono.
Primus sarebbe ora l'erede legittimo ma non riporta la spada Omega a Tarag, perché sa che l'usurpatore lo ucciderebbe. E poi? cosa succede dopo?

L'eroe Primus potrebbe cercare di recuperare il trono costi quello che costi (e del resto ha la spada magica al suo fianco). Ma potrebbe rimandare i pensieri di guerra civile e lottare invece per difendere Tarag dai nemici, cercando di mantenere una tregua instabile con l'usurpatore.
Potrebbe essere ancora invaghito di Hilde e cercare di trovare il modo di conciliare la fedeltà al suo popolo con questo amore.

Il dio Tanatos, nel suo rancore per il tradimento di Caius che ha mandato via la spada dalla capitale (e del fratello Primus che ha ucciso il Custode), potrebbe lasciare che l'Oracolo della Verità a Pitna torni a parlare: questa volta contro il dominio di Tarag, spezzando l'alleanza del Popolo delle Pianure. E più avanti potrebbe lasciare che il vulcano si svegli e distrugga la città!

Trovandosi con un grande potere individuale datogli dalla spada Omega, ma con tutto il mondo che gli crolla intorno, cosa farà Primus? Si batterà fino all'ultimo? Si rivolterà anche lui contro la sua società? Cercherà di rifondarla su altre basi e allo stesso tempo di difenderla contro i popoli servi che si sono ribellati? Vorrà ammazzare l'usurpatore e vendicare il fratello? Cercherà un obiettivo personale abbandonando questa regione? Chi lo sa... le basi per un eroe dannato, che vede tutto andare a pezzi qualsiasi cosa faccia, le abbiamo ormai poste.

Ovviamente questo "worldbuilding" è decisamente scarso, i nomi spesso sono ridicoli, in certi punti sa più che altro di satira. E attenzione, quella che è la mia raccomandazione in termini di ambientazione la ritengo sempre valida: se volete mostrare 10 nella vostra storia, è bene che voi abbiate in mente 100, perché vi aiuterà a capire quello che state facendo.
La mia intenzione qui era dare un'idea per quanto semplificata (e nella mia versione, ovviamente) dei processi che servono ad arrivare al risultato. Se poi uno è un grande scrittore può fare un egregio lavoro anche con le avventure del povero Primus. Chi manca del talento e del mestiere non combinerà molto nemmeno con l'ambientazione più dettagliata di questo mondo.

domenica 19 ottobre 2008

Scrittura creativa: boom dei corsi


Mi sono già pronunciato in merito: li trovo molto stimolanti e utili. E non creano paraocchi: danno gli strumenti di base.
Non mi ero accorto però che così tanta gente li stesse frequentando. Come dice questo articolo apparso oggi sulla versione online del Corriere.
Corsi da pochi soldi, corsi da molte migliaia di euro (oddio, ne varrà la pena?), corsi per giovani in cerca di una professionalità specifica, corsi per tutte le età.

I corsi di scrittura creativa ovviamente non possono fare una cosa impossibile: creare il talento dove non c'è (o non ce n'è abbastanza).
C'è chi lo ha e chi no, pertanto uno strumento che può aiutare a svilupparlo è utile se in primo luogo esiste la risorsa da sviluppare.

Questo è il vero limite dei corsi di scrittura creativa.

sabato 18 ottobre 2008

Strange Days



Ho una grande ammirazione per la regista Kathryn Bigelow. Delle sue molteplici carriere (artista d'avanguardia, modella, attrice e infine regista nei circuiti indipendenti prima di arrivare alle major) non so praticamente nulla, so che ha creato un paio di film decisamente ispirati, film d'azione ma non privi di qualche invito alla riflessione, e uno di questi, il fantascientifico Strange Days, è uno dei miei preferiti.
Uscì pochi anni dopo il primo (e ultimo!) successo commerciale della Bigelow: Point Break, un film d'azione e adrenalina che fu il primo successo di Keanu Reeves, qui nella parte di un poliziotto contrapposto a Patrick Schwayze che ricopriva il ruolo di un rapinatore-filosofo (sto esagerando, ma solo per dare l'idea di una certa piacevole bizzarria presente in questa pellicola). La capacità della Bigelow di dirigere un film d'azione sorprese, anche se mi domando cosa ne avrebbe fatto il grande Ridley Scott, che era un altro papabile per la regia.
Diciamo per inciso che Strange Days comunque non fu un gran successo commerciale e che K-19, un successivo film ambientato ai tempi della guerra fredda e girato con mezzi ancor più ambiziosi, fu proprio un disastro, ponendo termine (probabilmente) alla carriera della Bigelow come regista di film a grosso budget: peccato! Io non sono uno dai gusti strani per forza, ma a me questi film erano piaciuti entrambi.

Strange Days è ambientato in una Los Angeles violenta e giunta al culmine della tensione per via dell'omicidio di un noto rapper nero, Jeriko One. Il rimando a certi episodi (la rivolta di Los Angeles, il pestaggio di Rodney King ecc...) è evidente. La tensione per la prossima fine del millennio (mancano due giorni all'anno 2000) e per la possibilità di una violenza esplosiva sono una tematica che pervade tutto il film, intriso di un pessimismo che non rimane però senza speranza. La parte fantascientifica la troviamo nel mestiere redditizio di Lenny, un ex poliziotto interpretato da Ralph Fiennes: spaccia una droga particolare, lo Squid, che in realtà è frutto di tecnologia avanzata. E' un sistema per registrare, e far rivivere ad altri, le sensazioni: Lenny lo usa per produrre pornografia ma anche per permettere di vivere vicariamente qualsiasi emozione forte. Il personaggio di Lenny ha un po' del porco corrotto, ma non troppo cattivo, e risulta facilmente simpatico. Lui stesso è schiavo dello Squid: rivive in continuazione i bei momenti vissuti con Faith (interpretata da Juliette Lewis che vediamo nei panni di cantante, la carriera che successivamente ha scelto), una umorale e autodistruttiva ragazza che lo ha lasciato per il manager discografico Philo Gant (interpretato dall'italoamericano Michael Wincott).


Quando la tecnologia dello Squid comincia a venire usata da un omicida per rendersi più piacevole lo stupro della propria vittima, Lenny troverà la forza di indagare, aiutato da Mace (interpretata da Angela Basset), una determinata guidatrice di limousine che fa anche da guardia del corpo. Lenny è minacciato per quello che sa, poiché che ha visto le registrazioni incriminate; l'omicidio inoltre si collega alla morte di Jeriko One e ai disordini che stanno esplodendo in città: il film comincia ad assumere i connotati di una corsa contro il tempo.
A questo punto si dimostra essenziale il ruolo di Mace nel proteggere il nostro corrotto ma simpatico Lenny, costretto a fare l'eroe per salvarsi la pelle. Alla fine Lenny saprà la verità su Faith (al corrente dei crimini, ma ha taciuto), sconfiggerà i cattivi e conquisterà il cuore della sua bella guardia del corpo.

Strange Days è immaginoso, strano, visivamente accattivante. Ricco di emozione e stile. Pone al centro dell'investigazione proprio l'elemento fantascientifico della condivisione delle sensazioni, e lo rappresenta bene, anche se forse nel farlo va troppo avanti rispetto ai suoi tempi. Anche se il lieto fine sembra appiccicato a forza, se la durata probabilmente è eccessiva, la tematica politica può dar fastidio e la trama qua e là è macchinosa, questo è un gran bel film ingiustamente sottovalutato.
Angela Basset è grandiosa in un ruolo di donna forte e coraggiosa, Fiennes interpreta a meraviglia la sua parte di uomo corrotto, debole e sconfitto, Juliet Lewis fa la sua figura cantando le canzoni di PJ Harvey anche se il suo personaggio è decisamente negativo, l'unico che non mi convince molto è Tom Sizemore nella parte del cattivo Max Peltier.

Il maggior problema di Strange Days è che bisogna affaticare un po' il cervello per seguirlo, e i film così hanno una difficoltà in più a sfondare. Non è che io creda che la gente non le possa capire le cose, e che l'unico genio sia il sottoscritto. E' che la gente non vuole pensare, al cinema, e se trova una cosa che la impegna un minimo, allora dice che è brutta.

Nel filmato qua sotto, che necessita di ben poca traduzione, Lenny è lì che muore dietro a Faith mentre la osserva cantare "I can hardly wait" di PJ Harvey, poi le parla, ma viene mandato definitivamente a quel paese...

mercoledì 15 ottobre 2008

Ridley Scott dirigerà una Guerra Eterna



Già, proprio lui che "la fantascienza è morta come il western" porterà sul grande schermo uno dei capolavori del genere. Ma lasciamo stare per un attimo la notiziona e parliamo del libro. La Guerra Eterna di Joe Haldeman è un libro di fantascienza che rispecchia, in parte, le esperienze dello scrittore in Vietnam. E' tuttora, per inciso, il successo di maggior rilievo di Haldeman. Un bel libro che tocca vari temi, soprattutto quello delle falsità e delle menzogne che causano e che prolungano i conflitti.
Si alternano parti di azione a capitoli più riflessivi, con il protagonista che diventa veterano di un conflitto che si combatte su distanze immense alle prese con una razza aliena con cui non si riesce a comunicare.
Le astronavi sono capaci di viaggiare a velocità maggiori di quella della luce, ma la distorsione relativistica fa sì che i soldati, quando tornano alla Terra, la trovino cambiata perché molti anni sono trascorsi, mentre per loro è passata solo qualche settimana o mese. Così dopo ogni azione di combattimento anche lo scopo e la strategia delle missioni potrebbe essere completamente cambiata, e pure gli armamenti, la tecnologia ecc...

Il protagonista si trova disorientato rispetto alla guerra e al suo scopo, alla società, alla natura del nemico. E i suoi rapporti umani sono ovviamente stravolti.
Piomberà nella solitudine e nella disperazione quando le esigenze della guerra lo separeranno dalla donna soldato che ama e con cui ha avuto occasione di condividere le sue esperienze... ma il finale non lo rivelo.
La metafora qui ovviamente riguarda l'accoglienza ricevuta dai soldati che tornavano a casa dal Vietnam. E la riluttanza del protagonista verso la guerra (nonostante raggiunga un grado elevato perché è tra i pochi che sopravvivono a lungo nel conflitto) ribalta i cliché eroici di altri libri famosi all'epoca, come Fanteria dello Spazio di Heinlein.

Fate un favore a voi stessi. Leggetevi qualche schifezza in meno e andate a cercare questo libro.

Stardust: non è così scontato creare una bella favola


Il film l'ho visto dopo aver letto il libro, e devo dire che non mi è dispiaciuto nonostante ci siano molte differenze con la storia scritta da Neil Gaiman.
Sarà stato bravo il regista, Matthew Vaughn, per me del tutto sconosciuto, o eccezionale la recitazione di Robert De Niro? Insomma, se ha preso il Premio Hugo non sarà mica per niente.
C'è una storia carina, con un cast di gran livello che ha fatto più che onestamente il suo lavoro, il successo non poteva mancare. Stardust è solo una favola, ma una che gli adulti possono seguire (e stavolta veramente, mentre di solito a questa promessa seguono dei chiassosi pasticci senza senso). Gaiman si era reso conto che il film sarebbe durato troppo se fosse stato eccessivamente fedele alla trama del libro, e non ha obiettato alle diverse scelte della sceneggiatura. Altro fattore importante, la Pfeiffer e De Niro non si sono comportati da star annoiate che si fanno pagare cifre colossali tanto per prestare il loro nome a un film, ma si sono effettivamente impegnati portandoci due performances credibili e divertenti. E poi nel film ci sono scenografie, bei colori, tutta una valida professionalità.

A me rimane una strana impressione, la stessa che avevo avuto leggendo il libro, qualcosa come: tutto qui?
Basta una favola a fare un successo del genere? A ben pensarci però, quella di Gaiman non era una favola qualunque, e nemmeno questo film lo è. Mescolare fiaba e realismo, toni fatati e umorismo ma anche violenza, il tutto mantenendo un tocco leggero e accattivante, non è mestiere facile.
Insomma, non è così scontato creare una bella favola.

domenica 12 ottobre 2008

Battlestar Galactica, gioco da tavolo

Ho avuto l'occasione di provare il gioco ispirato alla serie TV Battlestar Galactica (attenzione, parlo di gioco da tavolo con pedine e modellini, non di gioco per computer). Per adesso è solo in inglese ma se non vado errato l'Editrice Giochi ne realizzerà una versione italiana.
Da una sola partita (non completata) ne posso avere solo un'impressione parziale, però direi che è stata un'esperienza entusiasmante.

I giocatori interpretano i personaggi principali della serie. Si possono muovere all'interno della Galactica, e quelli che hanno le capacità di pilotaggio possono salire su un Viper e vedersela con i Raider dei Cylon (però rischiano di finire... all'ospedale). Inoltre ci si può spostare sulla Colonial One, la nave presidenziale. Ogni locazione permette di compiere determinate azioni, in più si usano delle carte (rinnovate ogni turno da ulteriori rifornimenti) che daranno a ogni personaggio una possibilità di intervento su determinati settori chiave: leadership militare, leadership politica (Lee Abama potrà giocarsela in entrambi i campi, ad esempio), tattica, ingegneria, pilotaggio ecc...
In più, ogni giocatore ha delle proprietà sue. Io interpretavo il colonnello Tigh, uno con le maniere pesanti: ho usato uno dei suoi poteri per mandare in galera un sospetto Cylon (e qui avevo ragione), in un secondo tempo ho sfruttato pure la possibilità (di cui potevo usufruire una sola volta nella partita) di dichiarare la legge marziale. Ho tolto quindi la presidenza alla Roslyn dandola al vecchio Adama... ma qui ho fatto un errore, col senno di poi. Per la cronaca, il comandante si è scoperto Cylon nella seconda fase del gioco...
Degno di nota, visto che un tema della serie televisiva era quello sulla paranoia dovuta all'estrema difficoltà di distinguere i modelli avanzati di Cylon dagli umani, il fatto che esista un sistema casuale per tramutare in Cylon alcuni dei giocatori. Lo scopo del gioco è arrivare su Kobol, per i terrestri, di non arrivarci mai, per gli infiltrati.
Il progresso verso Kobol è simulato in maniera astratta (ogni "jump" ci si avvicina un po') e quando si è a metà strada c'è una seconda... distribuzione di carte che possono rivelare a un giocatore di essere un Cylon. Infatti non è detto che il personaggio conosca la sua natura fin dall'inizio.
Per arrivare al salto iperspaziale c'è una procedura che richiede tempo: vediamo come funziona. A ogni turno-giocatore si pesca la carta "Crisi" che rappresenta tre cose:
1 - la possibilità che i Cylon (Raider, Basestar, Heavy Raider) arrivino, o che se ne aggiungano altri se ce ne sono già, o che si attivino per sparare o muovere nella mappa se ce ne sono già.
2 - un avvenimento positivo o negativo, che rappresenta generalmente fatti della serie televisiva, e richiede cooperazione e intervento dei giocatori per la risoluzione.
3 - l'eventuale avanzamento del conto alla rovescia per il salto iperspaziale.

Da notare che i Cylon nello spazio si muovono e combattono in base ad alcune semplici regole automatiche. Inoltre, la percezione degli avvenimenti è distorta rispetto agli episodi televisivi: con il sistema delle carte di crisi tante cose succedono nella flotta umana, mentre l'assalto Cylon avviene al "rallentatore," però c'è da dire che se non si riesce a togliersi dai piedi (fare il "jump") in tempo utile si arriva a cose decisamente brutte, come lo sbarco dei Centurioni che arrivano all'arrembaggio sulla Galactica, nonché la mattanza delle navi civili di cui alcune possono comparire, come inette ma preziose prede, nella plancia di gioco. Nella mia esperienza di gioco spesso ero costretto a usare il mio turno per poter muovere lontano dal nemico queste navi disarmate. Pescando le varie carte di crisi è anche accaduto, come in film mozzafiato, che proprio alla fine del conto alla rovescia si guastasse il dispositivo dell'iperspazio: è stato necessario tentare una riparazione proprio mentre diventavano intollerabili i danni subiti sotto l'attacco nemico.

Osserviamo ora l'immagine della plancia di gioco: al centro la Galactica, la vedete chiaramente divisa in vari settori (tra cui per esempio il carcere e l'infermeria sono quelli col bordo giallo e grigio, a destra). Qui si troverà una buona parte dei personaggi, ma se un giocatore sceglie di impersonare la Signora Presidente, comincerà il gioco sulla nave presidenziale che vediamo in alto a sinistra, divisa in tre settori.
Già che ci siamo: subito sopra la nave presidenziale ci sono i settori dove vengono tenuti i Viper disponibili (pronti a partire) e quelli in riparazione, nonché i Raptor (che hanno usi meno militari e più di ricognizione).
I sei settori in cui è diviso lo spazio (con linee celesti) sono quelli in cui si muovono gli assalitori Cylon come Raider, Basestar ecc... nonché Viper e navi civili terrestri.
In alto a destra abbiamo (dischi marroni) i contatori di cibo, carburante, popolazione, nonché l'indicatore del morale della razza umana. Sono fattori importanti, se scendono troppo si può perdere la partita. E le navi civili che sono coinvolte in combattimento causano, se distrutte, la perdita di questi fattori.
Le due sbarrette rosse che vedete sulla Galactica (verso il centro, in basso) sono i ponti di volo. Da qui partono i Viper, qui sbarcano i Centurioni, se ci riescono.

Il gioco non è complesso, gli elementi sono tanti ma governati da regole molto semplici. Un ottimo sistema di gioco crea tante situazioni simili a quelle della serie (ma stavolta non sapete se Sharon Valeri si rivelerà una Cylon, o se sarà un altro personaggio...).
Necessità militari disperatamente urgenti, il timore dei traditori, scelte molto difficili (sacrificare i Viper per difendere i civili? sacrificare i civili e subire danni irreparabili al morale della flotta?), la netta sensazione che le risorse siano tutt'altro che inesauribili e i guai che arrivano uno dietro l'altro... E per giunta qualche groviglio politico per rendere più complicata la vita.
Per gli amanti dei giochi da tavolo (meglio se siano contemporaneamente appassionati di questa serie televisiva) Battlestar Galactica potrebbe essere decisamente divertente.

Notare: quando un Cylon di sembianza umana è rivelato, si reincarna nella flotta aliena e comincia a compiere altre azioni contro i terrestri. Insomma, come nel telefilm, gli umani lo buttano fuori da un portello e danno una festa.


Il Sito dedicato a questo gioco da tavolo (ovviamente in inglese).

martedì 7 ottobre 2008

Gli Ultimi Guardiani


Di Sergej Luk'janenko s'è detto che avrebbe scritto Gli Ultimi Guardiani (pubblicato in Italia da Mondadori) sotto pressione editoriale con lo scopo di sfruttare il successo della serie: insomma, questo libro sarebbe uscito a ispirazione già morta o moribonda.
Non è proprio così, secondo me: lo spirito della serie non è sparito, però le atmosfere si sono trasformate (e comunque forse non siamo all'ultimo capitolo perché non manca l'appiglio per continuare la storia: adesso è entrata in azione anche la piccolissima Nadja, figlia del nostro eroe Anton).

[attenzione alle anticipazioni della trama...]
I dilemmi morali e le ambiguità irrisolvibili del ruolo, che avevano travagliato il protagonista, erano una tematica di una certa importanza: eppure non potevano continuare ad essere colonna portante della storia, perciò abbiamo un Anton molto "normalizzato" e trasformato in padre di famiglia. Adesso la contrapposizione tra Luce e Tenebre passa addirittura in secondo piano, in un'avventura che sa un po' di missione alla James Bond con tanto di bella fanciulla (tenebrosa) che si sacrifica per salvare l'eroe luminoso e di combattimenti magici da videogame (in questo libro Luk'janenko si sofferma sui nomi e sugli effetti degli incantesimi con un'abbondanza di dettagli che non avevamo visto prima).

Entrano in ballo molti uomini normali, sia pure generalmente in veste di carne da macello. Ci sono avvenimenti eclatanti che non avrebbero potuto evitare di finire sulle prime pagine dei giornali (come il sonno che si abbatte su tutta la popolazione di Edimburgo), insomma si ha meno la sensazione di un mondo parallelo in cui si svolge una lotta mortale di cui gli umani sono del tutto all'oscuro.

Luk'janenko in questo capitolo abbandona il proprio modello passato, in cui avevamo ogni libro presentato come storia indipendente suddivisa in tre fasi o racconti separati. La divisione in tre c'è ancora ma la storia è strettamente connessa alle precedenti vicende di Anton e della Guardia. Anche qui può non piacere la scelta, ma credo che sia semplicemente naturale che la progressione di eventi di una trama finisca per creare necessariamente un unico filone principale (soprattutto perché noi seguiamo sempre lo stesso personaggio). Luk'janenko fa un sacco di riferimenti ai libri precedenti, e prende anche un po' per i fondelli i film usciti sulla serie (che hanno una trama decisamente diversa dai libri). Si sofferma su tematiche di politica corrente e sulle usanze dell'Asia centrale ex sovietica.
Approfondisce inoltre le tematiche della sua ambientazione ma in tutto questo lavoro cade secondo me in qualche trappola.
Questo autore nei libri della saga delle Guardie è stato (a mio parere) particolarmente abile nel rendere avvincente e credibile una trama, ma pur tenendo fermi alcuni punti chiave dell'ambientazione ha improvvisato sempre a seconda delle necessità del momento.
Giunto al quarto capitolo mi sembra che cerchi di tirare le fila e di ricreare un insieme coerente. Con successo? Non sempre.
Di un vampiro dice che "non poteva essere filmato da nessun sistema di ripresa notturna a raggi infrarossi: la temperatura di un vampiro, infatti, è più bassa dell'ambiente circostante."
In un altro libro della serie il vampiro Kostja aveva frequentato le ragazze ecc... che non avevano trovato nulla di strano in lui.
Non sono un fanatico della coerenza a tutti i costi, se il particolare che sballa non è centrale per la trama la cosa non mi disturba eccessivamente il godimento della storia, però è un esempio di come Luk'janenko non si faccia scrupolo ad improvvisare a braccio.
Mi fa più specie notare come il vampiro Lermont sappia (lo si nota mentre parla di Merlino) che i maghi in realtà attirano il potenziale magico dagli umani circostanti non perché abbiano una qualche maggiore forza magica ma perché hanno un campo magico minore, e tanto più è vicino allo zero tanto più il mago sarà potente. Questa è una preziosa scoperta che Anton fa leggendo i rari libri della strega Arina ne "I Guardiani del Crepuscolo."
Qui il fatto sembra diventato sapere comune, a meno che non sia rincretinito io...
Più avanti la partecipazione di Geser e Semen alle lotte seguite alla Rivoluzione d'Ottobre viene raccontata senza alcun riferimento apparente a una spiegazione che è stata data nel corso della saga, cioè che il comunismo fosse un tentativo comune delle due Guardie per migliorare il destino dell'umanità, voluto fortemente da quelli della Luce, sabotato segretamente da alcuni delle Tenebre.

Dal momento che non ho letto i libri in rapida sequenza non è detto che queste osservazioni siano perfettamente pertinenti, ma ho l'impressione che Luk,janenko pur sapendo raccontare delle grandi storie sia solito creare l'ambientazione a seconda di cosa gli serve al momento, e quindi abbia costruito un castello di carte ormai troppo complicato per stare in piedi con sicurezza.
Comunque, Gli Ultimi Guardiani resta una grande lettura, anche se questo quarto episodio è in tono minore rispetto ai precedenti. La scoperta dell'ultimo livello del Crepuscolo, l'incontro con gli Altri caduti nei passati episodi (e confinati adesso in una specie di Limbo), e il finale del libro danno ancora gli acuti del migliore Luk'janenko.

venerdì 3 ottobre 2008

Forse qualcuno si è chiesto...

... ma questo qui, che ha la fissa di criticare i personaggi femminili scritti da altri, ne ha trovato qualcuno di suo gradimento in vita sua?

Ovviamente lasciamo da parte le procaci donzelle che fanno da riposo del guerriero, le martiri piangenti ecc... parliamo solo di donne che riescono a combinare qualche cosa.

Beh, nonostante i miei giudizi e pregiudizi ne ho trovate.
Innanzitutto il personaggio di Eowyn scritto dal vecchio maestro Tolkien non è affatto male. Rispetto a tante eroine che sono scese in battaglia, lei lo fa con più profondità di motivi, determinazione, vero coraggio.

Il ciclo di Darkover di Marion Zimmer Bradley l'ho assaggiato in una sola portata (sinceramente ora non sono nemmeno sicuro di poter ricordare il titolo del libro che ho letto) e decisamente non ho gradito. Ma della stessa autrice ho trovato abbastanza solido il personaggio di Morgana ne Le Nebbie di Avalon, per quanto non abbia praticamente niente a che vedere con la Morgana delle leggende arturiane (infatti nel libro è impegnata in un'ultima difesa del mondo pagano che sta scomparendo, e sarà testimone di un drammatico cambio di epoche). Pur con tutte le caratteristiche classiche delle eroine di MZB e un accenno delle solite tematiche femministe, l'ho trovata appassionata e convincente (ed anche il libro lo è).

Nella trilogia di Lyonesse (scritta da Vance) troviamo un'altra eroina che ritengo convincente: la vivace e irrequieta Madouc, che riesce a sconfiggere i malvagi piani di Re Casmir.

Il Libro del Nuovo Sole di Gene Wolfe ci presenta, fra i vari personaggi femminili, una gran figura di "cattiva" in Agia e una generosa eroina in Dorcas (una figura femminile ordinaria per alcuni aspetti, ma si sa battere quando occorre).

Eroine fantastiche: esistono? Forse qualcuna sì...