sabato 21 giugno 2025

On Writing

 Stephen King non è fra i miei scrittori preferiti; ho letto solo tre dei suoi tanti libri, compreso quello che sarà oggetto di questo post.

On Writing è una strana creatura letteraria, un po' racconto autobiografico, un po' manuale di scrittura, o, come dice lui, cassetta degli attrezzi per lo scrittore. Si parte dalla giovinezza di King, e dagli umili inizi, per arrivare al mestiere di scrivere, e di seguito si torna al suo personale e privato: con l'esperienza quasi mortale dell'incidente che lo ha coinvolto, e da cui è uscito per miracolo.

Credo poco agli "scrittori da bestseller," e non per snobismo, ma perché alla fine sono vincolati a produrre un qualcosa che raramente può essere la mia lettura preferita. Il libro di gran successo devi digerirlo bene e alla svelta, devi restare incollato alla pagina, e per il resto? A me sembra che spesso al "resto" manchi qualcosa. Ma non voglio enunciare sentenze per partito preso.

Comunque non disdegno di imparare qualcosa di più sul mestiere dello scrivere, e posso anche sforzarmi di mettere in dubbio le mie convinzioni. Ecco perché ho affrontato questa lettura.

A sorpresa, o forse no, una parte dei consigli di King sono cose già lette e sentite diverse volte. Asciugare lo stile, per esempio: togli tutto quello che non è la storia. Quando fai la seconda stesura del tuo romanzo (o racconto) sforzati di eliminare un dieci per cento. E come al solito, elimina spietatamente avverbi e aggettivi di troppo. Ad esempio gli avverbi nelle frasi che accompagnano il dialogo (esempio: Tizio gridò minacciosamente, due punti aperte le virgolette...). E parlando di dialogo, meglio usare a ripetizione "disse" piuttosto che inventarsi chissà che cosa per non ripetere lo stesso verbo (qui non mi sento molto d'accordo, ma è un'altra lingua...).

King sostiene (giustamente) che per scrivere bisogna in primo luogo leggere molto, e conoscere la grammatica - non necessariamente leggendo manuali, ma tramite lettura e conversazione. Usare termini colloquiali, normali, non ricercati. Evitare la forma passiva dei verbi (quest'ultima non la capisco molto, se la forma passiva riesce a far girare la frase che c'è di male? Ma King non è il solo a dirlo). Meglio però mettere il lettore a proprio agio con qualche imperfezione che usare le norme grammaticali in modo rigoroso e puntiglioso.

E fin qui, in queste norme pratiche, non c'è niente di nuovo. Le ho già lette e sentite queste cose.

Un'altra cosa che sapevo già: scrivere è un mestiere, uno fa i tanti, è importante scrivere molto e costantemente, porsi un obiettivo giornaliero di parole e cercare di rispettarlo. Non proprio semplicissimo quando hai già un lavoro e altri impegni, ma probabilmente King qui ha tutte le ragioni del mondo. E penso che abbia ragione anche quando dice che se non hai una briciola di talento, è inutile che provi a migliorarti, ma se sei abbastanza bravo puoi migliorare, e sforzarti di diventare bravissimo, anche se al livello dei grandi artisti non ti avvicinerai comunque.

Quanto al famoso comandamento "scrivete ciò di cui sapete," King lo straccia e strapazza e per me ha ragione. Non è il solo, comunque: ad esempio ho sentito Sapkowski (The Witcher) intervistato a Lucca fare lo stesso. Se si rispettasse sempre questo limite, nessuno potrebbe parlare di astronavi o magia, no? King invita, invece, a scrivere di quello che si ama e di sforzarsi di dargli un' anima, aggiungendovi la propria conoscenza di vita.

Parlando di stile: il ritmo del paragrafo è importante e può esprimere molto. Questo ovviamente può volere dire cose diverse in lingue diverse. C'è da pensarci su.

Imitare lo stile altrui? Serve a poco o niente. Chi imita può copiare lo stile ma non dare vita a quello che sta scrivendo.

E parlando di storia: King, che spesso mette se stesso nei suoi libri, è interessato alla situazione proposta più che allo svolgimento. La costruzione di una trama e la spontaneità della creazione vera solo incompatibili secondo King. Aggiunge che le nostre vite sono generalmente prive di una trama. Le storie? si costruiscono da sole. Quindi: la situazione è più importante della trama, i personaggi prendono forma dopo, nel corso del libro; ad ogni modo mentre la storia prende la sua forma bisogna anche rispondere alla domanda: di che cosa sto parlando? Si parte dalla storia per arrivare al tema di cui si vuol discutere, che può essere (negli esempi di King) l'attrazione per la violenza, domandarsi perché esiste il male, la sottile linea di demarcazione fra la realtà e la fantasia, il potere dell'immaginazione. Qui vanno i temi della tua personalità e i concetti che ti interessa divulgare.

King solo raramente prende appunti prima di iniziare una storia. E per il finale non c'è da preoccuparsi, in un modo o nell'altro la situazione sfocerà da qualche parte: i romanzi passano attraverso un processo di articolazione, di arricchimento, ma nella maggior parte gli elementi esistono fin dall'inizio, e non è importante che ci sia un bel finale. Sono d'accordo? Per quanto riguarda il finale, a me è capitato di terminare storie in maniere che ai lettori sono sembrate tronche, mentre per me era chiarissimo come la vicenda andava a finire. Per quanto riguarda la storia, invece no. Ho passato parecchio tempo a lambiccarmi il cervello per costruire le azioni e controazioni delle mie trame. Penso che una storia articolata sia importante, anche se, lo sappiamo, nelle nostre vite generalmente una vera storia non c'è.

Per quanto riguarda la descrizione dei personaggi, è meglio dare pochi dettagli rilevanti e lasciare l'immaginazione del lettore a fare il resto. I personaggi devono partire senza caricare il lettore di pesanti descrizioni, poi crescono si sviluppano, e se crescono in maniera interessante e importante, influenzano il corso della storia. Per King è così e non viceversa. È anche importante ricordare che nella vita vera nessuno è il cattivo per eccellenza, o il migliore amico, o la prostituta dal cuore d'oro; nella vita reale ciascuno di noi si considera il protagonista, il personaggio principale. Quindi l'obiettivo per ciascuno è su se stesso. Pertanto, se trasferiamo questa realtà nello stile con cui scriviamo, sarà più difficile che creiamo dei personaggi stereotipati e unidimensionali. King afferma che desidera che i personaggi agiscano a modo loro e non come dice lui. Questa potrebbe sembrare una scemenza, ma non lo è. Se crei un personaggio con accuratezza, ti verrà spontaneo, mentre scrivi, quello che sarebbe il suo comportamento in una certa situazione. E magari non è esattamente quello che avevi immaginato mentre abbozzavi schematicamente la trama. A quel punto non è il caso di forzare innaturalmente il suo comportamento. Lo scrittore dovrebbe tenerne conto.

Parlando ancora di personaggi: il dialogo deve essere vero, deve ricalcare la maniera in cui le persone parlano veramente, e se è volgare va benissimo lo stesso.

Sulla descrizione delle scene, dei locali in cui si svolgono le cose, mobili odori, eccetera, son cose indispensabili secondo King, tuttavia non bisogna dimenticare che la storia deve andare avanti, deve continuare a girare. Quindi non ci si può dilungare. Immagini fresche e vocabolario semplice.

Le similitudini possono essere un elemento importante, ad esempio quando si paragonano oggetti che sembrano privi di relazione fra di loro, riuscendo a farli vedere in una maniera nuova.

I simbolismi e altri abbellimenti possono avere una funzione di catalizzatore per il lettore contribuendo a rendere l'opera più articolata. Quindi se eventualmente c'è uno spazio dove collocarne uno, lo si dovrebbe fare.

La ricerca della verosimiglianza, ovvero che cosa bisogna aggiungere sul funzionamento di procedure di organismi statali o di come si sviluppa una malattia, o qualsiasi altra cosa, per King è da ridurre al minimo necessario perché la storia sia, appunto, verosimile. Comunque quando lo scrittore scrive di qualcosa che non sa, contrariamente alla famosa regoletta cui abbiamo già accennato, è chiaro che la ricerca la deve fare, tuttavia deve ricordarsi che la ricerca non deve prendere il posto della storia. Insomma se il libro parla di una persona alle prese con una malattia non deve per questo diventare un trattato sulla medicina, se parla di un dirottamento aereo non può includere un trattato su come funziona un aereo di linea, ecc.

Iniziare in medias res, e puoi usare dei flashback per tornare indietro a spiegare la storia, per King non è un metodo valido, sebbene sia una tecnica antica. I flashback lui li trova stucchevoli e noiosi. Come lettore, King è molto più curioso di quello che succederà che non di quello che è già successo. Io personalmente non mi pronuncio, non ho niente contro i flashback ma non ci ha ordinato il dottore di metterli in una storia.

Comunque sia, inevitabilmente ci saranno dei retroscena della vita di un personaggio che dovranno essere spiegati, e questi appartengono al suo passato. Quindi l'abilità nel mostrarli senza annoiare il lettore, e comunque facendo capire le cose, è fondamentale. Un bravo beta lettore farà la differenza aiutandovi a comprendere che cosa si capisce di questi di questi retroscena e della storia del personaggio.

King è uno scrittore popolare, uno che vende e vuole vendere. E che ritiene che gran parte della critica letteraria abbia la sola funzione di consolidare l'inaccessibilità di una casta, e di sfoggiare snobismo intellettuale; questo è il suo punto di vista, e nel leggere i suoi consigli bisogna tenerne conto. Non lo disdegno, nel senso che scrivo per intrattenimento mio e altrui, e dove capita cerco di inserire un contenuto di valore. Senza cercare di sembrare un acculturato, anche se nella mia vita da impiegato ho letto qualche libro anch'io. I consigli contenuti in On Writing sono, ovviamente, adatti per scrivere nello stile di King, e potrebbero essere molto distanti dal mio o dal vostro. Ritengo comunque che questo libro, anche se l'ho accostato con una buona dose di scetticismo, sia utile.



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