Ho letto il secondo volume dell'epica storia a fumetti che ripercorre la storia di
Elric di Melniboné. Nel
primo post, dedicato all'inizio di questa saga, ho già espresso le perplessità di fornte a certe scelte stilistiche che hanno portato l'eroe albino ad essere un personaggio piuttosto diverso, in un mondo diverso, da come
Michael Moorcock aveva immaginato a suo tempo. Moorcock, autore dei romanzi, ha sostenuto questa operazione senza riserve nel primo volume, in questo
Elric - Stormbringer la premessa è di
Alan Moore, nientemeno: il geniale fumettista statunitense ci narra di come comprenda lo spirito del personaggio Elric come di un figlio dei tempi (i favolosi anni '60 e forse più ancora '70):
"non è difficile scorgere un'eco dissoluta e malinconica dell'aristocratico albino dannato negli ammiccamenti di David Bowie e dei suoi contemporanei dall'oscuro fascino." Moore vede in Moorcock e in se stesso l'influenza dell'epoca del tutto e subito, del voler bruciare le tappe, superare i divieti e assorbire tutte le esperienze, salvo poi trovarsi in mano soltanto delusione e vuoto. Parole che fanno riflettere ma che probabilmente per un ventenne o trentenne di oggi, alle prese con ben altri problemi e prospettive, possono essere non facili da comprendere o da apprezzare.
Anche per Moore comunque, come per Moorcock nell'introduzione al primo volume, questa è l'interpretazione grafica preferita. Forse leggeremo introduzioni che ripeteranno questo concetto volume dopo volume? Io ho detto la mia nel post precedente, il fumetto mi piace ma stravolge l'immagine che mi ero fatto di Melniboné, dei suoi abitanti, dei protagonisti della storia.