venerdì 5 ottobre 2018

L'Uomo che uccise Don Chisciotte

L'ultimo film di Terry Gilliam, uno dei registi che maggiormente amo, è stato notoriamente un calvario, interrotto e ripreso per decenni, segnato dal ritiro o dalla morte degli attori protagonisti e guai di ogni genere. A volte il regista britannico ha rinunciato a produrlo, poi ha deciso di riprovare, per poi essere deluso di nuovo. Finalmente il film, dopo un'ultima peripezia per i diritti legali, è arrivato al cinema, e io ovviamente non potevo non vederlo.
Ma non mi aspettavo un capolavoro.

Il mio amore per il regista non m'impedisce di essere molto scettico quando Terry Gilliam si lascia andare alle sue improvvisazioni, senza un copione ben preciso o una produzione che lo tenga bene a bada. Con L'Uomo che uccise Don Chisciotte mi sono trovato a sprofondare, non senza esserne preavvisato, in una tempesta di immagini fantasmagoriche e di scene imprevedibili. Ad esser sincero, ho avuto dei momenti di noia e di seccatura, visto che il film perdeva ogni logica lineare e ti costringeva a dargliene una, se proprio la volevi. Ma andiamo con ordine...

Per prima cosa, il protagonista. Mi dicevo, ma dove ho già visto questo qui? E poi ho avuto la folgorazione. È Adam Driver ovvero Kylo Ren di Guerre Stellari! Tanto fuori posto nel ruolo del super cattivo galattico quanto a suo agio nei panni di Toby, artista carismatico, seduttivo, fantasioso, pronto sia all'opportunismo che all'atto eroico. Jonathan Pryce, che fu il protagonista di Brazil (forse il massimo capolavoro di Gilliam) fa invece la parte di Don Chisciotte. E abbiamo la bella Olga Kurylenko nel ruolo della moglie di un produttore. Nota di colore: uno dei personaggi secondari è interpretato da Rossy de Palma, una delle attrici che hanno spesso lavorato con il famosissimo regista Pedro Almodòvar.


Quanto alla trama... il protagonista Toby, un pubblicitario, sta partecipando a una produzione, ma lavora controvoglia. Per cercare ispirazione torna nei luoghi in cui una decina di anni prima, studente di belle speranze, aveva girato un film su Don Chisciotte. Una cosa amatoriale, realizzata con un gruppetto di amici, scegliendo tra la gente del posto gli attori. La rimpatriata inizia da una locanda, dove Toby aveva reclutato una giovanissima ragazza (interpretata da Joana Ribeiro), figlia del padrone del locale. Da quest'ultimo Toby apprende che l'interprete scelto per il ruolo di Sancho Panza è morto e che la ragazza ha preso una brutta strada cercando la vita scintillante dello spettacolo (e Toby ovviamente è incolpato per questo).  Ma quello peggio ridotto è un certo calzolaio che aveva interpretato Don Chisciotte e che è rimasto prigioniero del personaggio.

È proprio il ritorno del regista nel luogo dove aveva fatto tanti danni a scatenare nuove avventure. Costretto inizialmente a seguire questo finto Don Chisciotte, Toby finisce per essere coinvolto in un susseguirsi di imprese e disavventure (molto vivaci, ma l'insieme l'ho trovato un po' frastornante nella sua illogicità) dove i personaggi del progetto girato da giovane e quelli dell'attuale produzione (compresi, nei panni dei cattivi, i dirigenti) prendono di volta in volta nuovi ruoli, ambientati nella Spagna dell'epoca di Don Chisciotte, con costumi, cavalcature, armi e via dicendo. Quindi creature magiche, miraggi, illusioni, sfide e allucinazioni, nel turbine della fantasia di Terry Gilliam. E non manca un continuo rimbalzare della storia tra il fantastico, il presente e il recente passato in cui Toby aveva girato il suo film amatoriale.

Che dire? Questi tratti imprevedibili e la ricchezza del dettaglio e del colore sono aspetti classici del procedere visionario di Gilliam, pertanto ci sono momenti da godere anche se l'insieme non è coerente. D'altra parte L'Uomo che uccise Don Chisciotte non è certo il migliore film del regista britannico, a mio parere (non fingerò che mi sia piaciuto perché Gilliam è un genio, eccetera).
Speriamo che questo eccentrico regista abbia tempo e voglia di girarne ancora...


4 commenti:

Long John Silver ha detto...

Io ho trovato il film veramente bello, sopratutto nel passaggio di "consegne" tra Toby e il vecchio Don Chisciotte. Un inno al romanticismo e alla forza di sognare nonostante il nostro mondo sia diventato ostile a chi brama avventure cavalleresche.

Bisogna comunque ammettere che molte scene non hanno un chiaro collegamento e la figura del gitano non è chiaro a cosa serva.

Bruno ha detto...


@ Long John Silver: Io mi sono trovato a fare dei vani sforzi di interpretazione. Quando Toby se ne va nei luoghi del vecchio film girato da ragazzo, sembra che cerchi di recuperare l'entusiasmo poiché è evidente che sul set attuale non si trova a proprio agio. Allora ho pensato, per esempio, a un discorso sulla gioventù con le sue speranze, e la maturità con le sue delusioni. Ma il tempo passato è troppo poco e Toby è ancora giovane.

Ho sperato allora che il regista tirasse fuori un'avventura, onirica quanto si vuole ma con uno svolgimento un minimo distinguibile. Niente di tutto questo. Quello che rimane è, come dici tu, la voglia di sogni e avventure che non vuole morire.

Long John Silver ha detto...

@Bruno Gilliam è da sempre un araldo del potere dell'immaginazione, quindi spesso i suoi film hanno uno stile molto onirico/fantastico. Cercare di trovare sempre un senso logico a tutto il film credo che sia controproducente, per esempio ne I banditi del tempo (sempre di Gilliam) un cavaliere medievale irrompe nella cameretta del protagonista dall'armadio e parte a galoppo in una foresta senza una chiara spiegazione.

Bruno ha detto...


Ah, ben me lo ricordo... ma c'era una trama, per quanto piuttosto ridicola.

http://mondifantastici.blogspot.com/2012/04/terry-gilliam-lartista.html