mercoledì 19 giugno 2013

Il Prezzo della Disuguaglianza

Dell'economia, la "scienza triste," quasi tutti se ne fregano, ed è motivo per cui chi ha interesse a fregare tutti ha una grande facilità a farlo. Ne parla Joseph Stiglitz, premio Nobel per l'Economia nel 2011, quindi uno che, se prende punti di vista progressisti, non lo fa semplicemente urlando qualche slogan o per presa di posizione.

Stiglitz si preoccupa di dimostrare come sia effettivamente vera la questione della società divisa in un 1% che ha tutto e in un 99% che non ha quasi niente. Intendiamoci, per molti aspetti questo Il Prezzo della Disuguaglianza non sarà una grande rivelazione per il lettore europeo un minimo informato sui fatti, che sbadiglierà pensando di sapere queste cose da un pezzo, sia che si tratti di un lettore di sinistra (che sarà per
la massima parte d'accordo) sia di destra. E' notevole però che, grazie a un'informazione manipolata e a una propria ignoranza di fondo, lo statunitense medio cominci solo ora a comprendere di essere in un sistema che non gli dà quelle grandi possibilità di cui si è sempre parlato riguardo all'America, e nemmeno delle grandi tutele. Di fatto, le "grandi opportunità" e la mobilità sociale sono diventate un sogno, addirittura si sta meglio in certe parti d'Europa, almeno finché il welfare non sarà smantellato anche lì (in Italia ci stiamo attrezzando).





Innanzitutto Stiglitz dimostra come esista una piccola percentuale di persone che detengono la stragrande maggioranza delle risorse negli USA (il fenomeno ovviamente è mondiale; negli USA è più accentuato che in Italia, dove comunque non si scherza) e come questi arricchiti, che spesso non sono affatto persone produttive, facciano di tutto per rimanere in posizione di vantaggio. Lo fanno cercando, sostanzialmente, di impedire qualsiasi dinamica che permetta di mettere in discussione i loro privilegi, e arricchendosi ancora di più non tanto con la creazione di nuove risorse ma con l'appropriazione di ciò che sarebbe di diritto di tutti (ad esempio, appropriandosi a prezzi ridicoli della possibilità di estrarre risorse naturali dal suolo, o dei diritti per trasmettere nell'etere, ecc...) e promuovendo politiche fiscali a proprio favore, per cui il povero paga anche le tasse del ricco. In altre parole, la lotta di classe non è mai finita, solo che sbaglia chi associa il concetto alle tute blu che marciano arrabbiate. La lotta di classe è quella di una ristretta elite molto benestante contro tutti gli altri.

Sulla globalizzazione, e su come sia stata governata in modo da schiacciare chi lavora (e la classe media) e darne tutto il vantaggio a chi si trova in posizione apicale direi che non c'è molto da discutere, anche se ti vengono ancora a dire che "la globalizzazione è una grande opportunità per tutti."

Trovo invece molto interessanti le considerazioni sul fatto che è stato possibile creare così grande vantaggio per pochi solo perché la maggioranza della gente è rimasta inerte o è stata disinformata. Questo mette
l'accento sul problema dei media (chi li controlla e come sono gestiti) e dell'informazione, e su quella specie di mondo di 1984 (parole di Stiglitz, io userei piuttosto un paragone con "Il Mondo Nuovo" di Huxley) in cui viviamo oggi. Quando l'informazione è diventata una merce come un'altra e i giornali e le TV hanno cominciato a vivere di pubblicità, si è verificata inevitabilmente una trasformazione per cui il mondo della comunicazione viene gestito a proprio beneficio da chi ha molti soldi per farlo (e questo avviene, aggiungo io per il caso dell'Italia, anche quando si tratta di una informazione che afferma di essere libera oppure di sinistra).

Anche il ruolo dei media come "arma di distrazione di massa" penso che non vada sottovalutato. Ai tempi in cui la televisione diventava commerciale e tutti impazzivano per cavolate tipo Drive-In (i più anzianotti ricorderanno) mi domandavo se il ruolo dei media debba essere quello. Oggi non se lo domanda quasi più nessuno.

Altro punto interessante quello della giustizia. In Italia non abbiamo bisogno di farci spiegare che chi è potente crea leggi per procurarsi scappatoie legali e "sconti" economici di tutto rilievo. Importante rendersi conto che anche negli USA far valere i propri diritti contro "chi è più grosso di te" sta diventando quasi impossibile.

Stiglitz spende molte pagine sul ruolo che le banche hanno avuto nella creazione di un mondo di disuguaglianza e su come l'influenza del lobbismo riesca a far naufragare qualsiasi tentativo di portare la situazione sotto controllo. Anche qui si tratta di questioni che, penso, siano abbastanza conosciute. Merita però una riflessione in più il dibattito sulla soppressione dei rimborsi elettorali ai partiti e sulla riforma del loro finanziamento. Sembra di andare verso una maggiore giustizia (che si finanzino da soli!) ma di fatto si consegna il mondo politico a chi ha i soldi per manipolarlo.


Personalmente devo osservare che vedo la collettività davvero danneggiata (non parlo degli USA ma di tutto l'occidente) da questa divisione rabbiosa tra chi può e chi non può. Le ingiustizie di una società dove non c'è ricchezza per tutti sono sempre state una cosa triste e tuttavia anche inevitabile. Ma oggi viviamo nel mondo in cui chi è già ricco, e quindi non è in uno stato di necessità, si ingegna per togliere a chi ha poco anche quel poco che ha. E davvero, anche da un punto di vista psicologico, c'è da far fatica a capire queste dinamiche e ad accettarle. Con la distruzione della classe media e la proletarizzazione della popolazione in generale avremo la contrapposizione fra una elite sorda a qualsiasi sollecitazione che non sia quella di un egoismo ormai fine a se stesso, e una massa diseredata e rancorosa. Una elite, beninteso, che dovrà condurre una vita sotto scorta armata.
Mi viene in mente la situazione del tardo Impero Romano, quando la classe senatoria badava bene a proteggere le proprie esenzioni fiscali mentre tutto andava a catafascio, l'uomo comune era indifferente mentre il barbaro metteva a fuoco le città, il generale non aveva forze per intervenire. Mi chiedo se non andremo a finire nello stesso modo.

Per tornare a questo libro, devo sottlineare ora i limiti che ho trovato ne Il Prezzo della Disuguaglianza. Innanzitutto Stiglitz fa un discorso per molti aspetti ormai ovvio. E' interessante il fatto che dimostri quello che dice e metta a nudo le bugie che vengono raccontate per giustificare la disuguaglianza, ma spesso si perde in minuzie e in note a pié pagina, anzi, note a fine del capitolo, quelle che sono così noiose da consultare.
Inoltre Stiglitz, nato in un'epoca di espansione, mi sembra troppo ottimista quando predica certe misure di rilancio dell'economia (in pratica misure keynesiane, ovvero ampiamento della spesa pubblica). Non sono infine d'accordo sulla divisione che fa tra un capitalismo "buono" e produttivo, che è stato soppiantato da un capitalismo a solo vantaggio di pochi privilegiati. Così come non esiste un comunismo buono e uno cattivo, ma solo un comunismo reale che ha dimostrato in oltre mezzo secolo i suoi fallimenti, non credo a un capitalismo positivo e uno negativo. Piuttosto, come diceva il buon Carlo Marx (non rabbrividite, gente!), credo che, dopo aver eliminato tutta la concorrenza ideologica sulla piazza, il capitalismo abbia semplicemente accelerato la sua corsa e le sue contraddizioni arrivando alle estreme conseguenze. Conseguenze che non è in grado di evitare vista la propria conformazione ideologica. Io, per inciso, sono per un mondo senza ideologie, ovvero senza formule "magiche" da seguire in economia o in società senza riguardo per la situazione che si ha sotto gli occhi. Non ho la fiducia che le pratiche dettate da una ideologia funzioneranno perché lo ha detto un intellettuale del passato.

Per concludere, una breve citazione:

"I banchieri (...) sono sempre attenti a recuperare i loro soldi e pensano all'economia come a una famiglia che abbia un debito con loro: se la famiglia riduce le spese di sua iniziativa, avrà più soldi da restituire alla banca. Ma l'analogia tra una famiglia e l'economia è falsa: tagliare le spese del governo distrugge la domanda e distrugge posti di lavoro (...) i rimborsi saranno ancora più difficili da ottenere se il reddito scenderà"

Proprio quello che è successo in Italia. Non so se Mario Monti fosse l'uomo della Bildenberg, della Trilaterale, o il sicario mandato dal Vecchio sopra la Montagna per tirarci fuori fino all'ultima lira prendendoci a pedate nel culo. Certo ha gestito un periodo difficile e mi sembrava, alle ultime elezioni, l'unico uomo serio in mezzo a una congerie di cretini e di pagliacci. Ma proprio le sue scelte economiche sballate mi hanno impedito di prendere in considerazione l'idea di votarlo.

2 commenti:

Yondo ha detto...

Divide et impera, l'enorme borghesia occidentale non riesce a difendersi perché troppo occupata nelle false faide sociali evocate dai media.
Istigano all'odio razziale e sociale per distrarci dai veri oppressori, e nessuno sembra più avere sufficiente pensiero critico per difendersi.

Bruno ha detto...

L'odio razziale in verità ai ricchi e potenti (veramente ricchi e potenti) non interessa, e di fatto spesso nei loro matrimoni di miliardari non stanno a guardare il fattore razza e nemmeno la religione. Zuckenberg, il padrone di Facebook, è stato allevato nella religione ebraica, si professa ateo, ha sposato una vietnamita di etnia cinese...

Quanto all'odio sociale è un'ottima arma, e difatti la coesione della nostra società è andata a farsi benedire alla grande negli ultimi anni...