domenica 5 marzo 2023

Capitale e Disuguaglianza - Cronache dal Mondo

 Thomas Piketty, economista francese e autore del libro Il Capitale nel XXI Secolo, è stato sorprendentemente definito il nuovo Carlo Marx. Esagerazioni della rete e dei social? Vediamo. Scettico su quella etichetta, ho deciso di leggere qualcosa, prendendo in biblioteca questo Capitale e Disuguaglianza - Cronache dal Mondo. Si tratta solo di una raccolta di articoli, scritti tra il 2014 e il 2017, una forma che non amo particolarmente: spesso ripetitiva, spezzettata, senza un filo conduttore che si sviluppi dall'inizio alla fine, e con poco spazio per una compiuta esposizione teorica, se l'autore deve farne una. Alla fine non si ha la sensazione di aver letto un vero e proprio libro, e infatti non è così. Meglio partire da qui, comunque, che affrontare una delle opere maggiori del nostro novello Marx: Il Capitale nel XXI Secolo è lungo 960 pagine, scopro su Amazon.it, e non ho voglia di dedicare tutto questo tempo a un testo di tipo politico, o almeno non voglio farlo prima di sapere se l'autore valga davvero la pena.

Le mie posizioni euroscettiche e la sfiducia verso l'attuale sinistra forse le conoscete già, se avete letto i miei post sul libro di Mitchell e Fazi (Sovranità o Barbarie) e su quello di Barba e Pivetti (La Scomparsa della Sinistra in Europa). Ho per caso cambiato idea leggendo il libro di Piketty?

Non molto, ma l'autore dice alcune cose che da sinistra oggi si sentono raramente, e questo gli va concesso. Innanzitutto, tratta il tema della disuguaglianza con dovizia di dati statistici, e ci dimostra che sta peggiorando. Per esempio evidenzia, con dati USA, una corrispondenza lineare, netta, tra il reddito dei genitori e l'educazione che una persona possa riuscire a ottenere (studi superiori, università ecc.). Con buona pace delle élite oligarchiche e dei loro discorsi meritocratici, distanti anni luce dalla realtà vissuta dalle masse.

Piketty inoltre indica l'Europa come la sola zona dove, almeno nei grassi anni del dopoguerra, si siano ottenuti risultati reali per diminuire le disuguaglianze: le cose stanno peggiorando rapidamente, ma l'Europa è la sola area dove la parte meno abbiente della popolazione detenga comunque una percentuale decente delle ricchezze. La sperequazione è molto peggiore negli USA, e diventa assurda nell'area del Medio Oriente e Nord Africa, dove alcune aristocrazie si avvantaggiano del petrolio, che la sorte ha fatto trovare per lo più in zone scarsamente popolate, mentre le masse sono alla disperazione.

Sono d'accordo sulle dure critiche che Piketty rivolge all'Unione Europea, che non ha sostanza politica ma che ha creato una zona commerciale gestita male, con una moneta unica che provoca sperequazioni e non funziona sul piano economico. Esempio lampante: le politiche confuse e autolesioniste seguite alla crisi del 2008, con la famosa "austerità," che ha ammazzato ogni crescita economica per un decennio. Ma anche la gestione dell'euro, moneta che ha creato più danni che vantaggi.

Piketty stigmatizza la struttura di governo europea, sottolineando come esista un Consiglio Europeo, che è sostanzialmente emanazione dei singoli stati in feroce concorrenza fra loro, e un parlamento praticamente irrilevante. Questa baracca tecnocratica, opaca, sostanzialmente antidemocratica e lontana dai problemi delle persone dovrebbe essere sostituita, secondo l'autore, da una emanazione dei parlamenti nazionali, dotati di vero potere.

Con questo Piketty intende qualcosa come prendere, secondo le proporzioni di popolazione, un certo numero di parlamentari da ogni paese e mandarli in sede europea a governare veramente. Non so se funzionerebbe, ma riconosco a Piketty di aver cercato di trovare una soluzione razionale al malfunzionamento dell'Europa. Tra l'altro, afferma l'autore, con questo sistema sarebbe più difficile per i politici dei vari paesi incolpare sistematicamente l'Unione di tutto il male che succede, perché sarebbero sempre loro ad andare al Parlamento Europeo per prendere le decisioni.

Per quanto riguarda il problema dell'immigrazione, Piketty sostiene che l'Europa "può e deve" diventare una "grande terra di immigrazione," come ci impone il nostro invecchiamento. Sostiene che si debba creare istruzione, posti di lavoro e via dicendo per favorire il fenomeno. Ovviamente non la vedo allo stesso modo e ritengo che l'autore sostenendo che si possa realizzare tutto questo per gli immigrati faccia un grosso autogol logico. Se si potesse fare tutto questo, non saremmo in calo demografico perché i giovani europei potrebbero lavorare, sposarsi e avere dei figli. E attenzione, se questo vale particolarmente per l'Italia, non è che negli altri paesi vada meglio. Solo chi ha un buon titolo di studio se la passa in maniera accettabile, magari emigrando. Ma anche la Germania, coi suoi "mini-jobs," ha delle condizioni di sotto occupazione. E in molti paesi, tra cui l'Italia, gli stranieri vengono usati come schiavi per fare lavori malpagati, che non permettono di vivere decentemente. La "sinistra delle ZTL" ci dice che tutto andrà bene. Ma se per questo nuovo sottoproletariato non si potrà offrire possibilità di migliorare la propria condizione (e con la crisi permanente dell'Europa, non vedo come si possa farlo, visto che anche gli Europei stanno diventando sempre più poveri), l'ingresso di grandi quantità di immigrati non può che creare situazioni esplosive, politiche e sociali. Qui Piketty dimostra, purtroppo, di allinearsi acriticamente a un certo tipo di utopismo fucsia, e di volere vedere la situazione con gli occhiali rosa.

Mi trovo più d'accordo con la posizione di Piketty sui media, che dovrebbero essere sostenuti con nuovi modelli di proprietà diffusa che ne garantiscano l'indipendenza, impedendo a chi investe molto di contare "troppo" di più rispetto agli altri che hanno contribuito. Se non si fa qualcosa, l'informazione cadrà in blocco sotto il controllo degli oligarchi. In Italia questo praticamente è già successo, e non mi pare che l'estero sia messo molto meglio, i giornali che reputo leggibili sono molto pochi. Sul fatto che poi da tale tipo di partecipazione condivisa possa nascere "un "ripensamento" della proprietà privata, come sostiene Piketty, be', per me questo è un grosso scivolone alla Bertinotti.

Sperando di avervi fornito qualche informazione interessante sul "Marx del XXI secolo," vi lascio consigliandovi di seguirlo. Con senso critico (molto).




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