Una serie TV adattamento di un videogioco? Certo, perché no. The Last of Us prende la classica apocalisse zombie apportando qualche cambiamento, a volte ben riuscito e a volte no. Quanto la serie sia influenzata dal gioco non saprei (non ci ho giocato), di sicuro i produttori hanno puntato su una storia ben definita (che potrebbe avere conclusione soddisfacente anche alla prima serie, anche se c'è già la seconda in preparazione) e su un certo approfondimento dei personaggi, dei loro affetti e delle loro scelte etiche. A mio parere la voglia di mettere troppa carne al fuoco, condensando eventi che sono, immagino, ben spessi nella trama del gioco, in nove episodi sullo schermo, può aver creato qualche problema. Ne parleremo dopo.
Partiamo dall'inizio: The Last of Us è un'ucronia perché immagina che l'apocalisse prenda il via nel 2003 ai tempi della presidenza USA di Bush figlio: questa volta a scatenare il disastro è un fungo, il Cordyceps. Una specie (anzi, famiglia di specie) che si segnala per la capacità di infettare le formiche e altri insetti e trasformarle in "zombie," inducendo certi comportamenti che sono favorevoli al parassita uccidendo o svantaggiando l'organismo ospite. Certamente un caso di parassitismo particolarmente inquietante, bella idea. Ma , alla fine, la serie ci dà qualcosa di non molto diverso dai soliti zombie che aggrediscono e mordono. I morsi degli infetti portano il contagio nel giro di minuti o ore, e non sono le spore a trasmettere la malattia.