La distopia è, o forse era, uno dei miei generi preferiti. Siamo in un'epoca di poteri assoluti (magari mascherati da democrazie) e spesso occulti, di ideologie criminali, di controllo totale sulla persona. Molti scrittori lo hanno previsto e molto c'è ancora da scrivere sul nostro futuro.
Solo che ormai è così di moda e quindi così trito il tono cupo in libri e film di fantascienza (e supereroi) che ultimamente sento addirittura con un certo piacere qualche voce che spinge per il nascere di un filone più solare e ottimista. Chi vuole così lo fa quasi per reazione, non certo perché ci siano ragioni su cui fondare l'ottimismo. O forse abbiamo bisogno di illusioni. E magari in futuro ne avremo ancora più bisogno.
Particolarmente fastidiosa trovo invece la "distopia per giovani adulti," perché ingenua e fondamentalmente farlocca, di dubbio valore letterario e cinematografico (ma c'è chi la pensa diversamente). O certi libri che a un certo punto ci vengono proprinati come esplosivi, come vere finestre sul futuro (io Submission di Houellebecq non l'ho letto, ma mi dicono che si tratti soprattutto di depressione e noia).
Tuttavia c'è un particolare interessante: la generazione K, come la chiama un articolo di The Guardian. Indebitati e sfortunati, dice il titolo, ecco perché la generazione K s'è innamorata di The Hunger Games (generazione K come Katniss, la protagonista del film e dei libri). Il tema della ribellione (di fronte al futuro che il mondo globalizzato ha destinato loro, direi) fa presa sui giovani e sui giovanissimi, e il loro mondo è pieno di pericoli e visioni ben poco ottimiste. L'articolo cita una ricerca che rivela l'esistenza di dubbi che sarebbero poco da teenager: la scarsa prospettiva di trovare lavoro, un generale stato di ansia per via di temi quali il cambiamento climatico, le continue minacce terroriste, i debiti.
Personalmente ricordo che ai miei tempi c'era comunque da preoccuparsi per la disoccupazione e la crisi economica, e il clima di generalizzata violenza degli anni '70; ma riconosco che la maggior parte delle mie giornate erano spensierate (o i guai erano altri, di natura più personale) e la massima parte degli altri ragazzi non aveva un problema al mondo. C'era una comune percezione che le cose in un modo o nell'altro sarebbero andate avanti o sarebbero andate meglio. La "guerra fredda" era una maledizione, ma finché non fosse diventata calda era anche una garanzia che le cose non potessero precipitare più di tanto. Eravamo stati sulla Luna qualche anno prima e si poteva sperare che questa conquista avrebbe avuto ricadute significative a breve.
Ma, come dice l'articolo, oggi c'è una generazione che diventa adulta in un mondo ingiusto e con grandi difficiltà, anche se con tantissima tecnologia interessante (ma che prende un ruolo ambiguo nelle nostre vite). Interessante un particolare che l'articolo fa notare: la diffidenza di questa generazione verso gli adulti. Uno dei motivi per cui The Hunger Games ha successo è il rifiuto di addolcire la realtà. L'eroina di quella trama è spaventata e riluttante e non c'è, come in Harry Potter, alcuna figura adulta saggia da cui ottenere conforto e consigli. Anzi, degli adulti alla fine è meglio non fidarsi.
E forse è vero. La generazione con le leve di comando è quella che a suo tempo pretese tutto per sé e poi, come scrive spesso la stampa anglosassone, ha "tirato su il ponte levatoio" per impedire che agli stessi privilegi accedessero le generazioni future. Chi è giovane è solo e, aggiungerei, soggiogato da una generazione di ottuagenari al potere che non vuole cedere un'unghia ai più giovani (all'estero non è così diverso rispetto al nostro paese), che tiene tutto per sé e li lascerà senza niente quando se ne sarà andata (niente pensioni, niente assistenza medica, niente lavoro, e immagino tutti i problemi che verranno da un'immigrazione cui non si è dato alcun controllo per motivi a mio parere tutt'altro che "umanitari").
Nella politica vediamo in effetti un cambiamento spettacolare. Non solo da parte dei giovani, ma spesso da parte loro, si lascia ai più vecchi la fedeltà alle ideologie (che ormai non sono più una "narrativa" di quel che sta succedendo nel mondo e del resto non mantengono le loro promesse) e si punta su un fenomeno che personalmente non mi fa piacere: il populismo. Tra i vari Le Pen, Donald Trump, più tutta la lunga serie di demagoghi italiani, si fa spesso appello a idee molto estreme per raccattare voti. Ma quelle idee potrebbero essere prima o poi applicate, e allora vireremo verso un mondo molto diverso (per un seria e lunga intervista a un importante studioso italiano del populismo cliccate qui).
Altre tematiche, tra cui la spettacolarizzazione della violenza e le diminuite prospettive rispetto alla generazione precedente, sono discusse nell'articolo, che consiglio di leggere. Da un punto di vista più cinematografico sono interessanti le considerazioni contenute in un altro pezzo, dove si parla della possibilità, finora considerata ben poco da Hollywood, che un personaggio femminile sia protagonista in un film di grande successo, e delle particolarità di Katniss, del suo essere spesso pensosa e riflessiva senza cadere nel cliché della donna umorale o isterica, né (dall'altro lato) conformarsi al profilo della action chick di tanti altri film.
Per quanto mi riguarda, dubito comunque che mi leggerò The Hunger Games, ma capisco un po' di più quelli che lo fanno. Certamente chi è adolescente o "giovane adulto" nel mondo di oggi vive in un pianeta ben diverso da quello che era qualche decina di anni fa.
3 commenti:
Tra vecchie e nuove generazioni una cosa è costante: la mancanza di consapevolezza. Di cosa? Di tutto. Non si riesce a vedere la realtà, delle conseguenze delle azioni, delle scelte. Che le vecchie generazioni di politici al governo abbiano fatto danni è indubbio (es. Berlusconi), ma non è che i nuovi siano da meno (es. Renzi).
Poi nei giovani non vedo affatto questa voglia di ribellione, quanto piuttosto un forte opportunismo nel cercare di trovare il proprio tornaconto non importa a che prezzo (per sé e per gli altri): nessun ideale, nessuna morale, solo il pensiero all'avere soldi, ottenere una posizione. Disprezzeranno la vecchia generazione, ma sono come lei, convinti che sì, questo sistema va male, è sbagliato, ma che da questo male e sbagliato possa venire del buono. Non penso nemmeno che desidererebbero assomigliare a certe eroine alla Hunger Games, che lotta e si ribella: loro non vogliono lottare, vogliono tutto facile, abituati come sono a stare su tablet e smartphone dove tutto (o quasi) è a portata di schermo. Così facendo la loro intelligenza s'è atrofizzata.
Si lamentano del sistema, ma anche loro, con il loro non fare niente, con il loro lasciar andare, hanno contribuito a renderlo quello che è.
Ci sono parecchi argomenti da commentare nel tuo intervento... secondo me ogni generazione usa male quello che la generazione precedente ha lasciato. Si è contestata una società rigida e permissiva e si è ottenuto un mondo di maggiori diritti e rispetto per l'individuo, ma la generazione successiva, dando per scontato che nessuno potesse proibire niente, ha perso il senso della misura e ora viene preso a botte il controllore del tram che fa una multa.
E quanto ai valori "vecchio stile" magari non vorrei nemmeno difenderli ma proprio la loro morte ha portato a un'epoca di egoismo e cinismo. Ma qui le colpe dei padri ci sono e sono tremende, così come il tradimento verso la giovane generazione. Io non so se ho il diritto di giudicare uno che oggi a vent'anni si vede tutte le strade sbarrate. Certo che tanta gente mollacciona ed educata male si troverà a dover affrontare un mondo difficilissimo...
Si è passati da un estremo all'altro: prima una gran rigidità, poi un gran permessivismo. Le vecchie generazioni hanno dovuto faticare e sudare non poco per conquistare le cose: memori di ciò, ai loro figli non hanno voluto far mancare nulla, perché non provassero i patimenti del non avere le cose. Ma così facendo non gli hanno insegnato il valore della conquista, che bisogna darsi da fare per avere le cose; cresciuti in questo modo, i figli ritengono che basta volere una cosa per averla: quando non la ottengono, non concepiscono la cosa e reagiscono male, insultando, diventando violenti, uccidendo anche. Non sono dei casi le costanti uccisioni di uomini, donne, perché non accettano un rifiuto, una separazione, un no. Certo queste cose esistevano anche una volta, ma erano l'eccezione, ora è la regola e non è normale.
Si è creato un sistema e una mentalità basata sul comprare, dove basta avere soldi e cose e va tutto bene, è il massimo che si può ottenere: i valori non contano nulla. Con valori non intendo quelli propinati da partiti, nazioni, istituzioni religiose, ma l'essere consapevoli, saper valutare, dare spazio alle cose importanti, saper distinguere il superfluo dal necessario, il rispetto per sé, per gli altri, per le cose, il saper usare la propria testa, la libertà di pensiero e dai condizionamenti.
I giovani mi viene da giudicarli quando vedo che dinanzi a un bambino trattato male da un adulto rispondono tranquillamente "sì, è un male, ma può anche essere un bene per il piccolo" (poco importa se viene traumatizzato): questo loro non voler esporsi, rimanere sempre a guardare e poi scegliere di andare dove va la maggioranza, o chi è al potere, cambiando di volta in volta, non va bene. Se già nella gioventù, l'età in cui si dovrebbe credere più negli ideali, avere speranza, si è già così, allora non si ha una prospettiva. Ma c'è qualcuno che gliel'ha insegnato?
Ma non va nemmeno bene che i giovani vengano sfruttati come viene fatto adesso: gli si dice che devono accettare di tutto, che non hanno diritti, che si devono fare il mazzo e prendere poco perché così va il mondo. Gente abituata a non sacrificarsi reagisce male, ma poi si piega, rassegnata, perché non si può fare nulla: subiscono come se tutto ciò fosse ineluttabile, ma lo accettano perché devono avere i soldi per divertirsi, andare in ferie, non lottano perché non possono perdere denaro. Ma così facendo perderanno sempre di più e questo non riescono e non vogliono capirlo.
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