Cosa c'entra con il blog? C'entra in maniera relativa in effetti, ma poiché mi sono occupato in passato della figura della donna combattente e della sua rappresentazione nella realtà e nella letteratura fantastica non lo ritengo completamente off-topic: ho continuato a cercare contenuti che potessero permettermi di ampliare quella ricerca. Il tutto con l'ovvio limite che non è che non abbia niente altro da fare nella vita.
Può essere spunto di riflessione per chi, quando legge fantasy o fantascienza, vede la questione risolta in maniera assolutamente non problematica (ad esempio: I Pirati dell'Oceano Rosso) o non realistica (tutti i libri dove una ragazzina esile con gli occhioni tipo manga prende un'arma e ammazza orde di guerrieri) e se ne ritrova insoddisfatto.
L'autrice parla di se stessa al di là di quello che sarebbe strettamente necessario per l'argomento, quindi la seguiamo attraverso la crescita in una famiglia presto divorziata, un'adolescenza abbastanza disastrata (per i nostri standard più tradizionalisti, almeno) e la decisione di arruolarsi dopo aver perso il lavoro, fattore che da quelle parti sbatte la gente a terra molto più rapidamente che da noi. Quando inizia il conflitto in Iraq la nostra eroina si trova nella 101ma divisione aerotrasportata (unità che si lanciò sulla Normandia e su Arnhem nella Seconda Guerra Mondiale, e prese parte a un sacco di conflitti nel dopoguerra prima dell'attuale) e partecipa come interprete (non esattamente il suo ruolo, ma le hanno fatto studiare l'arabo e la prima necessità diventa avere sul campo qualcuno che lo parli).
Non ci sono occasioni in cui prende parte a combattimenti (sparando con la sua arma, e cose di questo tipo). Ma ha un sacco di cose da dire riguardo all'esercito: nella maggior parte dei casi sono assai critiche ma non del tutto insensate. E ha da dire sulle persone con cui si trova a lavorare insieme. Non mi ha sorpreso il fatto che le superiori donne sono le persone con cui il rapporto si rivela particolarmente disastroso (dico così perché nella mia esperienza personale il "capo donna" risulta spesso indigesto più alle altre donne che agli uomini). Sul fatto di essere donna in un esercito composto per l'85% da uomini la nostra autrice ha però parecchio da dire.
Zoccola. La sola altra possibilità è stronza. Se sei donna e soldato, queste sono le uniche scelte che hai... il 15% dell'esercito che è di sesso femminile deve ancora uscire da quel vecchio modo di dire: "Che differenza c'è tra una stronza e una zoccola? Una zoccola va a letto con tutti, una stronza va con tutti tranne che con te"
Se quindi pensate che non ci siano certe problematiche nell'esercito più moderno, nato dalla nazione per molti aspetti più avanzata del mondo, avete sbagliato. Kayla dice chiaramente che essere una donna in un teatro di guerra equivale a essere una merce desiderabile che si trova in scarsa quantità. Questo ovviamente crea un richiamo, un fascino nell'essere donna soldato, perché dà facilmente la tentazione di sentirsi speciali. Si mescola piuttosto male con il cameratismo dei soldati, però.
L'autrice si trova a passare parecchio tempo con una certa unità militare, e riesce a fraternizzare con questi soldati che estendono a lei il turpiloquio in uso normalmente fra loro, e arrivano a considerarla "una del gruppo" quando lei si presta a ridere e scherzare, a comportarsi un po' come loro. La famosa tentazione di essere "just one of the boys". Ovviamente l'incidente in cui uno dei soldati "ci prova" in maniera decisamente poco ortodossa non tarda ad avvenire e Kayla si trova obbligata a prendere le distanze e ad assumere il ruolo della "stronza" che non lascia spiragli di confidenza.
D'altra parte Kayla è lei stessa la prima, quando si rapporta con altre donne, a giudicarle per l'aspetto fisico e a notare per prima cosa se sono carine o no. Il suo modo di vedere non è femminista. Cerca una sua dignità e trova imbarazzante il comportamento delle donne soldato che si comportano come se fossero sempre bisognose di aiuto o ne approfittano per l'attrattiva che esercitano sui soldati maschi o non cercano di essere competenti nel lavoro di cui si occupano. La sensazione fondamentale che si trae dal libro è di un disagio che non può trovare una facile soluzione. Anche perché, operando in un paese musulmano, da parte dei civili stessi non è semplice rapportarsi con lei (per quanto l'esperienza nel libro sembra soprattutto positiva).
Interessante notare che Kayla viene usata in un interrogatorio per cercare di spezzare un prigioniero arabo, facendolo comparire nudo di fronte a lei che è incaricata di umiliarlo (dirgli che "ce l'ha piccolo" e cose simili). Cerca di farlo, senza molta convinzione, ma poi evita di ritrovarsi in altre situazioni simili. Particolare che farà riflettere chi pensasse che ad Abu Ghraib fossero successi degli episodi isolati.
Questo il resoconto di una donna che ha cercato di fare il soldato senza pretendere favori particolari e sforzandosi di meritare qualcosa per il suo lavoro (almeno, questo è ciò che dice di sé). Il fatto di essere donna non può essere separato praticamente mai dalla sua esperienza. Il fantastico può immaginare mondi differenti, ma a mio parere le premesse di queste differenze devono sempre essere sensate: sfuggire alla realtà sì, ma come?
* il titolo riprende una marcia militare, di quelle che servono a tenere il passo, provo a tradurla: Cindy, Cindy, Cindy Lou/ amo il mio fucile più di te/ eri la mia reginetta di bellezza/ ora amo il mio M16