mercoledì 23 ottobre 2019

A Little Hatred (ovvero torna Abercrombie)

E così siamo a una nuova trilogia per il signore del Grimdark, ovvero lo scrittore britannico Joe Abercrombie. Il libro si chiama A Little Hatred (The Age of Madness), che possiamo tradurre, stavolta è facile, con Un po' di Odio (L'Era della Follia). Il libro è fresco fresco, settembre 2019, e ovviamente l'ho letto in inglese, ma non dubito che arriverà anche nella nostra lingua, magari non subito. Il mondo è lo stesso, è il Mondo Circolare, ma sono passati un po' di anni e i protagonisti sono diversi. Alcuni dei vecchi eroi sono diventati leggende, come Logen Novedita. Qualcuno ovviamente lo abbiamo visto morire a suo tempo. Altri sono ancora lì, pomposi, tronfi, vanagloriosi vecchiacci che schiacciano e tengono a freno le giovani generazioni e il loro desiderio di gustare il successo, il potere, il sesso, la guerra, a seconda dei casi. Non mancano le vecchie madri giudiziose e capaci di fermezza.

Un aspetto che esisteva già, ovvero l'età ormai industriale in cui il mondo di Abercrombie si sta addentrando, è ora più accentuato. Uno dei due filoni del libro verte proprio attorno a questa rivoluzione industriale fatta di canali, mulini, caldaie a vapore e ingranaggi: ovviamente, trattandosi di uno scrittore che punta sempre la lente d'ingrandimento sul peggio del peggio, l'enfasi è su sfruttamento e pessime condizioni di vita, nonché sul fenomeno (soprattutto britannico, e trapiantato dall'autore nel proprio mondo fantasy) delle "ecnlosures" ovvero delle recinzioni: la privatizzazione, per usare un termine moderno, di quei terreni che per antica consuetudine feudale erano aperti a tutti gli abitanti delle campagne per fare legna, far pascolare il bestiame e pescare.



Nel libro, a un reduce appena tornato dalla guerra succede proprio quello che è successo a tanti nella realtà. Le recinzioni hanno tolto l'accesso ai pascoli e il nostro reduce si trova nell'impossibilità di poter vivere del proprio gregge, e quindi deve trasformarsi in operaio salariato, andando a vivere nelle topaie dove si affollano i lavoratori che vivono e muoiono in questo nuovo mondo di macchine. La rivolta operaia sta arrivando, e se non esiste alcun Carlo Marx nel mondo di Abercrombie, certamente gli agitatori non mancano.

E altrove, come al solito, c'è la guerra. L'Unione contro un avventuriero che cala dal Nord, come al solito. Pochi, pochissimi soldi per mobilitare truppe, dopo le disastrose campagne viste nei libri precedenti e l'invasione dei Gurkish a stento respinta. Quindi la difesa è difficile, si tratta di prendere tempo e attendere che l'Unione mandi rinforzi. A dirigere le operazioni Finree, personaggio che conosciamo dai precedenti libri, una donna eroica e ferma. Purtroppo fatica a trattenere il figlio Leo, impulsivo e desideroso di gloria, e probabilmente non troppo intelligente. A dare una mano i Nordici alleati dell'Unione, tra cui la veggente Rikke, personaggio della "nuova generazione" del mondo di Abercrombie e amante di Leo.

Nella capitale c'è invece un'altra madre intelligente e un altro figlio imbecille. Orso è l'altro protagonista maschile, ed è un vero e proprio debosciato, un erede al trono capace solo di bere, sniffare "polvere di perle" e accoppiarsi con varie amanti e prostitute. Anche se c'è una donna fenomenale con cui sembra essere in perfetta sintonia. La donna che potrebbe salvarlo dalla sua condizione di perfetto imbecille vizioso, che a Orso comincia a stare stretta, ma da cui non riesce a uscire di volontà propria.

Dopo aver dato una presentazione senza troppi spoiler, almeno spero, passo a dire la mia su questo A Little Hatred. Abercrombie sa produrre situazioni e personaggi che prendono, si sa. Ma dopo un po' tutto diventa ripetitivo, forse avrebbe dovuto cimentarsi con una nuova ambientazione, magari un po' più sostanziosa.

Però lo hanno pagato per continuare questa. E così tutto è diventato stantio, il picco dell'eccitazione lo abbiamo raggiunto qualche libro fa e ce lo stiamo già dimenticando sotto la pressione di... altre cose uguali alle precedenti.

Di nuovo cosa c'è? C'è la goffa inclusione di temi come sfruttamento dei lavoratori e immigrazione coi pro e contro. C'è Rikke la strega del nord con le sue visioni, che ci permettono di esplorare approfonditamente un altro tipo di magia. Non moltissimo, insomma. Questo libro è piuttosto blando e prevedibile se avete letto i precedenti, e non ha personaggi o situazioni altrettanto forti.

E inoltre, Abercrombie non ha saputo creare un mondo che non sembri uno scenario di cartapesta messo lì tanto per fare scena. Le recinzioni e la rivoluzione industriale, i Nordici che sono la copia dei Vichinghi, l'Unione che è una specie di condensato dell'Europa del nord in epoca seicentesca o settecentesca. Le sniffate di cocaina con un altro nome. Il "Far West" con un altro nome (nota: non è in questo libro). Insomma credo di aver dato l'idea. Tutto, o quasi, è una copia carbone del nostro mondo.

Ma si sa, probabilmente quando il prossimo libro uscirà non mi tratterrò dal leggerlo, così come parlo male dei film della Marvel e poi, nella maggior parte dei casi, li guardo.


The Guardian ci offre un articolo su Joe Abercrombie e il suo ultimo libro. In inglese, ovviamente.

2 commenti:

M.T. ha detto...

Ecco, hai spiegato il motivo per cui mi sono fermato con Abercrombie dopo cinque libri: scrive bene, caratterizza ottimamente i personaggi, ma diventa prevedibile. Dopo The heroes, per me è stato un calare.

Bruno ha detto...


Abercrombie ha fatto proprio il contrario di quello che avrebbe, a mio parere, dovuto fare. Anziché cimentarsi in qualcosa di diverso, ha cominciato a riscaldare la minestra della sua solita ambientazione.