lunedì 16 luglio 2018

Fires on the Plain

Ammetto che non saprei nulla di questo film se non lo avessi visto per caso su Youtube, coi sottotitoli in inglese. Pensavo fosse un film amatoriale realizzato con pochi mezzi e pertanto messo in rete "gratis," in verità mi sono reso conto che c'era una certa ricchezza di mezzi produttivi e professionalità, e del resto il video è stato rimosso, perciò la mia è stata presumibilmente una visione pirata. Fires on the Plain, diretto dal giapponese Shin'ya Tsukamoto, è un potente film antimilitarista. Nello scenario della Seconda Guerra Mondiale, e più precisamente l'offensiva degli Stati Uniti per riconquistare le Filippine, vediamo l'odissea del soldato  giapponese nella cornice di una catastrofica sconfitta.


Il fatto storico. All'inizio della guerra nel Pacifico (dicembre 1941) i Giapponesi attaccarono le Filippine, tra i vari obiettivi che si erano prefissati. Eliminarono la resistenza americana ma non il generale McArthur, che era un personaggio rispettato in Asia e a cui fu ordinato di mettersi in salvo. Nonostante la precedente conquista delle filippine da parte degli USA fosse stata tutt'altro che una passeggiata di amicizia, i Giapponesi non riuscirono a ottenere l'amicizia di questo popolo, forse anche perché gli USA si erano ormai impegnati a concedere a breve l'indipendenza (con popoli colonizzati come l'India, la propaganda giapponese ebbe molto più effetto).


Perciò quando le truppe USA tornarono nell'ottobre 1944 con lo sbarco di Leyte, cui seguì una catastrofica battaglia navale (in effetti una serie di battaglie) in cui la flotta giapponese fu quasi annientata, i Giapponesi si trovarono senza alcun amico in un vasto territorio che non potevano contendere, col loro equipaggiamento obsoleto, allo strapotere alleato.
È stato dibattuto se questa campagna non sia stato un costoso macello inutile, voluto da McArthur per il solo fatto che aveva giurato di ritornare quando gli era stato imposto di fuggire; ma le conseguenze della liberazione delle Filippine furono notevoli. Di fatto i Giapponesi si ritrovarono privi di contatto con il loro impero nel Sud Pacifico (che avevano conquistato per ottenere materie prime che ora non sarebbero più arrivate, perché i mari erano bloccati).
Come già in Nuova Guinea e altri luoghi, i Giapponesi subirono perdite pesantissime anche per malattia e fame. Per il 31 dicembre 1944 l'isola di Leyte era caduta, e inoltre lo sfacelo per l'aeronautica e la marina giapponese era stato tale che, pur avendo ancora centinaia di migliaia di uomini nel resto dell'arcipelago, i Giapponesi furono ridotti a una difesa statica.

Due parole sulla trama. Il protagonista Tamura (che è interpretato dal regista stesso), è malato e spedito all'ospedale da campo dal suo comandante. All'ospedale gli prendono quei pochi tuberi che il suo caposquadra gli ha dato per sostentarsi, e poiché non possono fare nulla per lui, lo rimandano indietro, dove il superiore lo prende a pugni e lo rimanda all'ospedale, in un vai e vieni che continua fino a che l'ospedale stesso viene distrutto dagli aerei nemici. Presto ogni organizzazione va a farsi benedire e Tamura, debole ma ancora in grado di muoversi, si unisce alla ritirata generale: inizia una odissea verso il porto di Palompon, da cui dovrebbe essere possibile ritirarsi su un'altra isola, o così dice l'ultimo ordine ricevuto.


Tra violenze e soprusi, le malattie e la fame, il paesaggio della giungla diventa un inferno pieno di pericoli mortali, sia che vengano dall'alto (gli aerei USA), dalla gente del posto (i partigiani filippini), o dagli stessi commilitoni. Arrendersi? Non si riesce, il nemico uccide tutti. La ritirata procede, in una scia di morte, la storia prende toni allucinatori nonostante tutto sia mostrato in un modo molto realistico. E alla fine si arriverà pure al cannibalismo.

Se avete voglia di tuffarvi nell'abisso di questo film, lo potete trovare su Amazon, in lingua originale con sottotitoli in inglese.

Per saperne di più sulla battaglia (terrestre) di Leyte, potete recarvi qui.



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