martedì 2 gennaio 2018

GDR e Giochi da Tavolo, non è la stessa cosa


Mi capita di leggere un post su un blog dove si parla di giochi, con paragoni fra il mondo del gioco da tavolo e GDR (ovvero gioco di ruolo), e scopro di non essere per niente d'accordo con i concetti espressi. Non ho nessuna voglia di fare polemiche con l'autore, a distanza o da vicino che sia, o di metterla giù dura, però vorrei leggere e commentare con voi questo post, che potete trovare qui.
Sarà anche occasione per approfondire certi argomenti con voi riguardo alla natura di queste categorie di giochi.

Argomento: cosa i giochi di ruolo dovrebbero imparare dai giochi da tavolo?

Già, cosa? l'articolista parte dalla constatazione che il boardgame (gioco da tavolo) ha avuto migliori fortune, recentemente, rispetto al GDR, e si chiede se alcune delle metamorfosi attraversate dal boardgame non possano far bene anche al gioco di ruolo. La prima differenza è la facilità di utilizzo e apprendimento, che i boardgame hanno saputo rendere generalizzata, e qui da una parte mi viene da dirmi d'accordo ma ho anche le mie eccezioni. Andiamo con ordine.


Nel 2017 ho scritto una serie di articoli sul GDR su questo blog. Uno di essi affronta i vari stili di gioco e può essere un punto di partenza per accompagnare questo confronto. Una critica che sicuramente dovrebbe essere accolta (se non altro rivolta ai giochi più storici) è che i GDR propongano al "master" o arbitro dei tomi di regolamento complessi in maniera eccessiva, e il più famoso di tutti ha addirittura un libro che i giocatori dovrebbero conoscere per giocare: parlo di D&D ovviamente, e nello specifico del player's handbook, riproposto edizione dopo edizione. Vero comunque che i boardgame di successo oggi non sono tutti semplicissimi da imparare, secondo me i più interessanti di solito non lo sono; vero anche che (e l'articolista lo riconosce) esistono anche i GDR semplici.

Ora, in verità nel GDR "carta e matita" il giocatore deve solo capire cosa sta facendo e leggere le caratteristiche su una scheda quando gli viene richiesto; vero che se va avanti a giocare dovrà impratichirsi coi concetti di gioco, ma per fare una partita non è indispensabile... ho personalmente introdotto al GDR persone che ne erano completamente estranee, e ci sono riuscito nel giro di un paio di minuti. Dopo qualche difficoltà per capire a cosa si stia giocando, chiunque afferra il concetto, chiunque sa tirare i dadi, ecc... non è nemmeno vero che il GDR si debba trascinare per mesi o per anni, anche se con un gruppo affiatato succede ed è forse la cosa più desiderabile, ma ad ogni modo non si tratta di "una partita" che dura anni, ma di una "campagna," e non è la stessa cosa, immagino che l'articolista conosca la differenza.

Resta il fatto che una persona in particolare nel gruppo deve essere veramente appassionata e conoscere tutto il regolamento: il master (arbitro). Il quale deve anche preparare la sessione di gioco, leggendosi uno scenario commerciale o scrivendosi il proprio. Se vedete una scena in cui un gruppo di persone scartano un gioco, danno un'occhiata al manuale e ci si mettono subito, quello a cui giocano può essere un boardgame, ma certamente non è un GDR tradizionale.



Dal mio punto di vista, dopo aver cercato nei regolamenti il massimo della copertura per tutte le situazioni possibili, mi sono reso conto che l'esperienza abbracciata dal GDR è tale che si dovrebbe invece limitare i regolamenti al minimo e affidarsi al buon senso e alle esigenze narrative.

Altra parte dell'articolo che vorrei commentare è dove si incoraggia i GDR del futuro a migliorare "l'esperienza visiva e tattile." Alcune delle idee suggerite mi lasciano perplesso: il gioco dovrebbe essere inscatolato, ad esempio. La seconda edizione di Runequest che acquistai nel 1979 o giù di lì lo era (la scatola era molto carina, conteneva un po' di schede, il manuale, uno scenario da giocare, e i dadi...) quindi questo suggerimento arriva con un certo ritardo. E quanto a materiale accattivante di gioco, nel GDR ne esiste, a tonnellate, a volte prodotto per uno specifico gioco, e a volte generico. Inserti di cartoncino da montare per costituire le mappe o dei veri e propri diorami, miniature di piombo o di plastica, dadi di ogni forma e colore, ecc... non si può certo dire che nel GDR i gadgets manchino, anzi mi viene da pensare che sia il boardgame, un tempo piuttosto austero, ad aver preso dal gioco di ruolo, che ha incoraggiato fin dall'inizio l'esperienza tattile e visiva e anche talvolta l'accompagnamento musicale. Quanto all'uso delle carte nel GDR potrebbe essere utile (come ausilio per rammentare certe abilità, tanto per fare un esempio) ma potrebbe essere anche un problema proprio perché aggiungerebbe altra "roba" a cui badare, in un genere di gioco che riempie già normalmente la tavola di materiale!

Quanto al successivo punto dell'articolo, è quello che a tratti mi ha fatto pensare che chi lo ha scritto non sapesse bene di cosa stesse parlando. I "regolamenti quadrati e schematici" che vengono proposti, da seguire tutti e fedelmente per una corretta esperienza di gioco, funzionano per il boardgame e non per il GDR. Non possono essere esportati. Se sto giocando ai coloni di Catan, cercherò di costruire il mio piccolo impero di villaggi e città, e di prendere punti vittoria, con la limitata interazione che mi è permessa verso gli altri giocatori, usando un certo numero di mosse consentite.


Se invece sono in un GDR dove, mettiamo il caso, i giocatori devono infiltrarsi in una città nemica, trovare un importante personaggio e farlo fuori, ottenendo nel frattempo informazioni da portare al loro governo, i giocatori si troveranno davanti a qualcosa di immenso che può essere affrontato in mille modi diversi (e aggiungerei, proprio qui è il bello) mentre l'arbitro avrà una idea dei pericoli che si presenteranno, della forza delle guardie alla residenza del personaggio da uccidere, di dove potrebbero esserci degli alleati preziosi per i giocatori ecc... e a volte, se ha a cuore il lato narrativo del gioco, si ingegnerà a inserire sul momento circostanze che sfruttino gli input interessanti che un giocatore magari ha saputo tirare fuori. A me non sembra che tutto questo si possa ridurre in "regolamenti quadrati e schematici," e nel dirlo non mi sembra di avere travisato quello che l'articolista afferma. Comunque se il problema è la complessità dei manuali dei GDR tradizionali, e il ruolo dell'arbitro, faccio notare che esistono anche giochi "indie" e senza master con regolamenti che superano le cento pagine...

Se, come sembra auspicare l'articolo, è il sistema che deve diventare il "master," la soluzione esiste: nessuno prende quel ruolo e tutti ci si collega online a uno di quelli che vengono chiamati, forse impropriamente, MMORPG, ovvero giochi di ruolo di massa online. Per me non è la stessa cosa, beninteso.

Be', non solo i MMORPG. La figura dell'arbitro viene superata in alcuni giochi, proprio come sembra auspicare l'articolista. Ne so poco non avendoli giocati, ma posso senz'altro dire che "non è la stessa cosa." Dalle descrizioni che ho letto non potrebbero ad esempio affrontare la situazione da me citata sopra (la missione nella città nemica).

E del resto come si potrebbe? I giocatori, intenti nella missione nella città nemica senza nessuno che la "interpreti," se la suoneranno e canteranno fra di loro. Ci saranno delle meccaniche per accompagnare la loro descrizione orale di come si introdurranno nella città, i giocatori affronteranno eventuali imprevisti magari pescati da un mazzo come quello del Monopoli, e alla fine faranno quello che devono fare (battuta: immagino che vinceranno nel 100% dei casi). Nessuna sorpresa o colpo di scena oltre quello che un mazzo di carte ti possa dare, nessuna interattività vera e propria. Si può ancora chiamare gioco di ruolo? Forse tecnicamente sì, io posso dire che non mi sembra meglio di quello tradizionale.

Ulteriore punto dell'articolo, la diversità. Tesi: esistono moltissimi boardgame, ma pochissimi GDR e tutti devono qualcosa a D&D. Affrontiamo per primo questo secondo punto, su cui non ho molto da ridire... La derivazione da D&D coinvolge in effetti moltissimi giochi ed è un gran peccato, ma il concetto di GDR ricreativo del resto nasce con D&D e c'è poco da fare. In realtà molti sistemi si sono allontanati anche parecchio, visto che D&D ha un sistema di regole incasinatissimo e non c'è mai stata la volontà di migliorarlo radicalmente: se non avesse avuto un tremendo vantaggio iniziale forse sarebbe stato soppiantato da tempo, ma non addentriamoci in questo discorso. Quello che si può rispondere a questo argomento è, in primo luogo, che l'autore confonde la categoria gioco (boardgame) con quella sistema di regole (GDR): il confronto andrebbe fatto con gli scenari e la campagne pubblicate, o ideate autonomamente da migliaia di arbitri, e non con i regolamenti. Se io gioco a uno specifico boardgame, posso fare un numero limitato di mosse con uno scopo limitato (vedi esempio dei Coloni di Catan, sopra). Con un regolamento di GDR posso esplorare infinite possibilità nell'ambito di quel sistema (in D&D sarà il fantasy, altri sistemi sono addirittura universali). In fondo, se vogliamo, il GDR (nei forum su internet ecc... ma anche dal vivo) può essere giocato ed è giocato "freeform," senza alcun sistema di regole. Che confronto vogliamo fare?

Il GDR un mondo stagnante? E chi può dirlo? cosa ne sappiamo di quello che tantissimi giocatori e master stanno sperimentando? Certo dal punto di vista di chi deve vendere è diverso, con i boardgame ogni qualche mese il giocatore deve sborsare del denaro per inseguire le novità, con il GDR una volta acquistato il materiale di base in teoria non è nemmeno indispensabile acquistare gli scenari proposti dalla casa editrice. Certo, poi capita che più di un noto GDR tiri fuori una nuova edizione ogni due o tre anni rendendo obsoleto tutto il vecchio materiale.

Non occorre dire altro, se non che i punti in cui si accusa il mondo del GDR di non avere mentalità aperta e innovatrice, e non avere coraggio di cambiare, l'articolista se li smentisce da solo dove invece parla dell'esistenza dei giochi "indie" che hanno in effetti provato di tutto. A mio parere non si dovrebbe dimenticare il fatto che il gioco di ruolo abbia aperto un orizzonte completamente nuovo, non è una cosa che avviene ogni annetto o due: chiamarlo stagnante mi fa un po' ridere. Il pezzo mi sembra scritto in maniera volutamente provocatoria in questo punto (e in altri attacchi ancora più aggressivi che vengono dopo), forse per cercare discussione e visibilità.

Ovviamente il GDR i suoi problemi li ha, e risiedono nella sua stessa ambizione di poter simulare una vastità di situazioni, con la conseguenza che il saggio - si spera - giudizio dell'arbitro diventa indispensabile in moltissimi casi, e possa essere utile anche ignorare selettivamente le regole (fatto lamentato nell'articolo), mentre allo stesso tempo per poter funzionare è in pratica necessario (salvo perdite di tempo pazzesche) che i giocatori si muovano fondamentalmente insieme e facciano le stesse cose: giusto un esempio di un forte limite che non trovo menzionato quasi da nessuna parte.

Una soluzione verrà un giorno da una (vera) intelligenza artificiale, forse. Il fatto che siano state immaginate moltissime soluzioni diverse. in parte, o anche radicalmente, mostra che c'è ancora vita nell'ambiente, ma non credo che nessun vantaggio verrà dall'importare aspetti che funzionano solo nel boardgame.


Piuttosto, il fatto che, pur in presenza di nuovi stili di gioco, non sia arrivato il titolo rivoluzionario che spazzi via tutto non penso dimostri mancanza di coraggio da parte dei produttori. Così come D&D balzò al successo partendo dal nulla, non ci vogliono investimenti industriali per fare trionfare un'idea nuova. Sarebbe necessario invece che la nuova idea fosse migliore della vecchia, poi il ricambio generazionale farebbe il resto. Ma le nuove forme di gioco (che spesso offrono una esperienza limitata o comunque diversa dal vecchio GDR carta e matita) si sono affiancate alle più vecchie senza soppiantarle, pur avendo creato la propria fetta di pubblico. Pertanto, se il GDR di maggiore successo resta ancora D&D, con un ristretto numero di competitori anch'essi piuttosto attempati, penso che il vero motivo sia da cercare nella difficoltà di cambiare una formula che, con pregi e difetti, resta quella che funziona.

Peraltro ricordiamo che il GDR godette di una forte popolarità con l'esplosione di D&D a fine anni '70 e già nei primi anni '90 con l'arrivo di Magic (un gioco di carte con "regolamento quadrato e schematico" che fu un enorme successo per un certo periodo) aveva perso una quantità di appassionati, ed è stato una nicchia abbastanza minoritaria da allora. Ferma restando l'enorme influenza "culturale," il GDR carta e matita può avere al massimo impensierito, all'epoca, i grognard del wargame di simulazione strettamente militare.
Anche se, avendo una mentalità aperta, ci può giocare chiunque senza conoscerne praticamente nulla, il GDR come passione non è per tutti, e probabilmente con la frettolosità di oggi lo è ancora meno che ai tempi dell'esordio.


8 commenti:

Anonimo ha detto...

Concordo con te, e mi trovo abbastanza in disaccordo con l'articolo che hai linkato.
Per carità, c'è del vero in quel che scrive, ma mi sembra che a volte parta da premesse fallate, e sopratutto cerchi di validare una tesi che non sta in piedi.

Boardgame e gdr sono totalmente differenti, non ha senso paragonarli.
Uno ti offre un gioco limitato, dove hai possibilità di azione ben precise, poche (o più numerose, ma comunque in numero ben preciso e si spera chiaro) regole, un obbiettivo chiaro per tutti, la possibilità di cominciare a giocare dopo una breve lettura delle regole e sopratutto per durata e (solitamente) semplicità è capace di includere anche gente "non esperta" o "non appassionata".

Gdr è all'opposto dello spettro, e regole sono teoricamente infinite perché è un open world, una volta calato nel tuo personaggio puoi fare qualunque cosa tu voglia (salvo accoltellamento da parte del Master se questo tuo vagare fa naufragare la storia...) e le regole numerosissime e cavillose sono state rese necessarie per far fronte a un numero impressionante di possibili azioni intraprese. E ugualmente non basterebbero, ma fa fede in questo caso la regola n. 1, cioè che il Master è l'arbitro definitivo, lui decide quali regole applicare e le crea se mancano.
Mi fa particolarmente senso il suo (dell'articolista) ribrezzo verso la figura del Master, che essendo anche il creatore (spesso) di storia e ambientazione in pratica si sobbarca parte del lavoro degli sviluppatori del boardgame (su queste tematiche di storia, obbiettivi e ambientazione) potendo così creare ogni sessione un "gioco nuovo".
Ma è indubbiamente più complesso, non per tutti (serve propensione all'interpretazione ma sopratutto al calarsi in queste situazioni immaginarie, dove possono esserci miniature e griglie ma solo per gli scontri, per una questione più "meccanica" che di visualizzazione).
All'epoca abbiamo fatto provare D&D a tanti compagni, fuori dal nucelo storico con cui si iniziò a giocare, e praticamente nessuno di loro continuò a giocare a parte poche sessioni.


Comunque devo dire che proprio in D&D ho notato una grande metamorfosi.
Ho iniziato a giocare con l'Advanced, premetto.
Anni dopo uscì la 3 (e poi la 3.5) che semplificavano abbastanza le cose, aprendo al contempo la strada al power playering sfrenato (cosa che non ho mai apprezzato per gusti personali, conosco invece amici che hanno cominciato con queste edizioni e vivrebbero di pp)
Poi ho abbandonato per diversi anni, ripartendo solo di recente. E ho trovato la quinta edizione.
Un'edizione che oltre a semplificare enormemente tutto quanto deve non poco ai videogames di genere. Quelli nuovi, non i vari emuli di Baldur's Gate che, invece, all'epoca portavano il gdr sul monitor.

Questa quinta edizione, di impatto semplificato e videoludico, non per nulla sembra sia stata progettata pensando ai ragazzi odierni, a ciò che conoscono e a ciò che vogliono. Punta ad avvicinarli e al portarli nel gdr per quel ricambio generazionale che un tempo era probabilmente più facile mentre ora deve lottare contro generi di videogames che, come dici te, si sovrappongono al gdr eliminando la figura del Master e anche la necesssaria conoscenza delle regole.

Onestamente non me lo aspettavo e sono rimasto spiazzato... diciamo solo che è un'evoluzione interessante, e mi sembra anche giusto che il gdr dopo aver ispirato i videogames in stile gdr e i mmporg, ora ne sia influenzato a sua volta. Di sicuro vedo come più normale che prenda spunto, adesso, da questi giochi piuttosto che dai boardgame che stanno al gdr come videogiochi "chiusi" possono stare ai mmorpg o a videogiochi di tipo "open world".

Bruno ha detto...

In effetti nell'articolo che ho linkato filtra in più punti un'antipatia malcelata e a volte vero disprezzo. Peraltro i motivi di questa negatività non sono veramente spiegati perciò non entro nel merito. Ad ogni modo i regolamenti per me vanno MOLTO semplificati.

Anonimo ha detto...

Non so se l'hai vista, ma 5e (o Next che dir si voglia) è molto semplificata rispetto al passato. Poi ovvio, non sarà mai semplice come altri gdr (tipo Vampire) ma quello dipende dalla sua meccanica di gioco, e non la puoi stravolgere del tutto.
Comunque si va verso una direzione sempre più semplice e immediata, inseguendo i mmporg.

Non mi stupirei se una sesta o settima edizione tirassero fuori delle carte (carte incantesimo, carte mosse speciali di combattimento, carte mostro\classi\razze...)
Non so se mi piacerebbe ma non mi stupirebbe.

Bruno ha detto...

Io ho visto l'edizione 3 o 3,5, non ricordo bene, non mi sono mai interessato molto a D&D perché lo ritenevo un sistema astruso e inutilmente complesso (tabelle, punti esperienza, classi ecc...). Per me il sistema conta e D&D non lo ritenevo una buona guida per fare del GDR, ma a ciascuno il suo.

Io credo che un sistema di regole comunque ci debba essere (se no è come giocare con le bambole), e credo che la figura del master debba esserci per far esistere un mondo che i giocatori non conoscono, a meno che venga un giorno rimpiazzata da una VERA intelligenza artificiale, sempre che essa si preoccupi di farci giocare e non di sterminarci tutti.

Ritengo ad ogni modo che la struttura narrativa debba avere la precedenza, quindi i giocatori, come i protagonisti di un film, dovrebbero essere gestiti con cura (non fatti morire senza motivo), e che un regolamento complesso renda inutilmente macchinoso il gioco.

Conclusioni a cui sono giunto in molti anni, giocando, masterando e sbagliando.

M.T. ha detto...

Io ho giocato ad AD&D e un poco alla terza edizione, poi per altri interessi ho lasciato stare il gioco, ma devo dire che di regole ce n'erano davvero tante da sapere; certo c'erano Master rigidi, ligi alle regole, ma io preferivo semplificare (nei limiti) le cose, preferendo dare la precedenza alla struttura narrativa. Il bello del gioco per me erano la storia e i suoi sviluppi, non il "vai, ammazza, conquista tesori e acquisisci px".
Concordo con il tuo articolo.

Bruno ha detto...


@ M.T. hai ragione e in effetti a questo tipo di situazioni mi riferivo parlando di aver "giocato, masterato e sbagliato..."

Marco Grande Arbitro ha detto...

L'altro giorno mi domandavo se i gdr fossero giochi da tavolo o altro.
Penso che ci sia una sottile linea di demarcazione che va dal gioco da tavolo classico ad un gioco narrativo e/o recitativo. Quando inizia il dado, inizia il gioco da tavolo.

Bruno ha detto...


@ Marco Grande Arbitro: un chiarimento per capire quello che intendi, allora D&D sarebbe un gioco da tavolo visto che usa una montagna di dadi? Sei per il GDR totalmente narrativo?