martedì 7 novembre 2017

Maledetti da Dio

Poche volte capita che i traduttori italiani azzecchino il titolo di un libro o di un film migliorando l'originale, anzi nella maggior parte dei casi la traduzione letterale, se praticabile, è meglio di quello che si vanno a inventare loro. Una eccezione la posso concedere per Maledetti da Dio, titolo che avrebbe dovuto essere (sia traducendo dalla lingua inglese che dall'originale danese) la Legione dei Dannati. Direi che i traduttori stavolta hanno saputo prenderci bene con l'intento dell'autore, appioppando ai protagonisti una specie di maledizione biblica, da cui non si può sfuggire. Quella del soldato tedesco nell'ultima guerra, stretto in una morsa e condannato all'inevitabile sconfitta.



L'autore è Sven Hassel, oggi defunto, danese finito nell'esercito tedesco della Seconda Guerra Mondiale. È davvero andata così? Faccenda controversa, preferisco non entrarci. I suoi libri, di cui Maledetti da Dio è il primo, narrano le vicende di un gruppo di disperati, destinato a essere decimato nel tempo, condannati per vari reati o per opposizione politica al governo di allora, trasferiti ai battaglioni di disciplina, costretti a battersi su tutti i fronti senza altra prospettiva finale che non sia la sconfitta e la morte.

Alternando i momenti lievi, le avventure e le scorribande da romanzo picaresco ai classici toni del romanzo antimilitarista in stile Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale, Sven Hassel (il cui vero nome peraltro è diverso) ha realizzato un discreto guadagno per diversi anni, riuscendo anche a convincere parecchie anime candide sulla veridicità dei fatti.

Di questo autore avevo letto Colpo di Mano a Mosca durante il servizio militare, libro senz'altro fantasioso, ricordo assai poco ma certamente sapevo che era inverosimile, eppure in qualche modo mi aveva aiutato a passare il tempo. Dal momento che, come si diceva tra i giocatori di wargames che conoscevo, il primo libro era quello in cui Sven Hassel aveva raccontato la sua vera storia, mi sono tolto lo sfizio di leggerlo, tanti anni dopo.

Risultato: no, Maledetti da Dio non è un bel libro e non è verosimile. Ma una storia la racconta, dall'inizio fin quasi alla fine, vera o no, presentando il protagonista (l'autore) come un disertore che, contro ogni speranza, viene graziato, e finisce in un'unita di disciplina, dove incontra un gruppetto di amici che gli faranno compagnia in tutte le sue future disavventure. Lo schema delle smargiassate e degli episodi tragici intervallati alle avventure boccaccesche non è ancora perfezionato, e l'autore si trova a scrivere in numerose occasioni filippiche politiche, osservazioni sul sistema militare e sul regime nazista, le storie dei suoi supposti amori (che regolarmente diventano amori perduti) con un tono di seriosità che contrasta e stride di fronte al resto. E annoia pure.


Inoltre per un minimo conoscitore di storia militare, vicende e fatti tecnici non stanno in piedi. Sven Hassel comunque non si preoccupa, infila anche contraddizioni interne nell'insieme dalla sua opera. Ursula, l'amata moglie di Sven, uccisa dai nazisti per aver svolto attività sovversiva, è ispirata evidentemente a Sophie Scholl del movimento della Rosa Bianca. L'unità di disciplina in cui l'autore è stato trasferito porta in combattimento i migliori carri armati ed equipaggiamenti, e alla fine Sven diventa ufficiale. Le vere unità di disciplina avevano i peggiori equipaggiamenti, venivano usate per i lavori di fatica (scavi, fortificazioni eccetera) o svolgevano compiti pericolosi (bonificare campi minati); certamente le forze armate non affidavano ai galeotti dei carri armati. Se uno era degno di essere riabilitato veniva spostato da quelle unità e non vi faceva carriera, ma tornava all'esercito normale... Non vale la pena nemmeno di continuare.

I compagni di avventure di Sven sono presentati in questo libro. I principali sono Porta, magro spilungone di Berlino, protagonista di tutti i furti e tutte le truffe, e il tarchiato Vecchio Unno, ovvero il sergente Beier, un altro berlinese con il dono di riportare la calma e la serenità nelle persone con il proprio atteggiamento saggio. Poi Pluto, scaricatore di porto ad Amburgo e criminale comune, e Titch, un piccoletto di Colonia. Questi ultimi due all'inizio sembrano avere importanza nella storia, poi l'autore se li dimentica e vediamo in azione soprattutto l'autore stesso, Porta e il Vecchio Unno. Peraltro altri personaggi importanti della serie (Barcelona, Fratellino...) qui mancano ma verranno inseriti nella narrazione con i successivi libri.

Il successo di copie vendute per questo autore deriva certamente dall'attrattiva, sia pure contrastata dalla controversia politica, suscitata dalle formidabili imprese delle truppe tedesche nel conflitto; oggi probabilmente, soprattutto presso la gioventù, questa tematica è meno sentita. Ai tempi parlare della guerra dal punto di vista tedesco, sia pure con l'obbligatoria disinfezione di avere tutti i protagonisti contrari al nazionalsocialismo e finiti in guerra per obbligo o per caso, poteva fruttare parecchio, Sven Hassel ha venduto una quantità di libri da non credere.

Non è molto diverso il caso de La Croce di Ferro, libro di Willi Heinrich e poi film di Peckinpah. Solo che Heinrich era veramente un combattente e il suo libro è molto più verosimile.


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