venerdì 14 luglio 2017

Little, Big

Scrivere questo post è un lavoro doppiamente ingrato. Innanzitutto perché l'argomento merita, ma siamo nel pieno della canicola, nei mesi centrali dell'estate, e la già modesta affluenza del blog scema a livelli veramente impressionanti (e preoccupanti), e in secondo luogo perché Little, Big, di John Crowley, è un libro di cui non è semplice parlare. Tanto per cominciare perché ha uno stile e uno svolgersi della trama che rende quasi impossibile raccontarla, nel senso che conta molto più il "come" le cose vengono dette rispetto ai fatti in sé.

Fuorviante è anche il collocamento di questa storia fantasy in tempi moderni, con addirittura una deviazione futuribile dal corso della storia in una specie di distopica oppressione in arrivo. Little, Big infatti non è un urban fantasy, non è una distopia per "giovani adulti" (quei libri, non di rado orrendi, che vanno tanto di moda). Uscito nel 1981, questo libro difficilmente può seguire le mode di oggi. Ha meritatamente vinto nel 1982 il World Fantasy Award, e questo rende ancora più triste il fatto che non sia tradotto in italiano (e, purtroppo questo blog ultimamente parla sempre più di libri o fumetti che nella nostra lingua sono irreperibili, e me ne dispiace).

Come sottotitolo Little, Big ha the Fairies' Parliament, ovvero il concilio delle fate, o qualcosa del genere. E ci sono forze fatate all'opera in questa storia, solo che vediamo solo molto raramente esseri fatati in azione, anche se gli umani coinvolti nella storia spesso hanno strani poteri, o subiscono bizzarre metamorfosi.


E ci sono anche quelli che non riescono mai ad afferrare nemmeno un lembo di questa storia fatata che si svolge nel corso delle loro vite, per quanto provino e provino. Semplicemente non è roba per loro. Perché Little, Big parla di un limitato numero di persone coinvolte nella "storia," ovvero in inglese the tale, una sorta di narrazione che è anche profezia, ma senza elementi certi né fatti eclatanti che devono avvenire. La storia, ovvero trama del libro e "tale" assieme, si svolge nel corso di vari decenni e vede i protagonisti passare dall'infanzia all'età avanzata, tra fatti banali, alcuni momenti di tensione, lunghi periodi di vita tranquilla che diventano un flusso onirico. Tutto avviene dalle parti di New York, ma in realtà in una specie di campagna senza tempo, in un luogo chiamato Edgewood che solo gli iniziati possono raggiungere, e che è una specie di portale per i mondi fatati.

l'autore

La storia è, soprattutto, quella della famiglia Drinkwater, proprietaria di una casa misteriosa e magica a Edgewood. John Drinkwater ha ipotizzato l'esistenza di infiniti mondi e del viaggio (infinito anch'esso, penso) per raggiungerli attraverso le epoche. Ha esposto la sua teoria in libri, senza spiegarla completamente, e ha costruito questa strana, grande casa dalle caratteristiche non comuni e dall'aspetto disorientante. Le creature fatate sono legate a coloro che compiono il viaggio negli infiniti mondi (uomini e donne speciali, discendenti da "una razza di bardi ed eroi"), il viaggio per esse è una fuga dall'invasione della razza umana con le sue idee di razionalità e progresso.

Nei paesi attorno a Edgewood vivono tutte le famiglie coinvolte nella tale, alcuni come protagonisti altri come comparse, in una lunghissima attesa che qualche destino si compia, un destino che non tutti vedranno finalizzarsi nel corso delle proprie vite. Anche il patriarca John Drinkwater lascia questo mondo ben prima, e il personaggio che si trova a condurre la casa nella parte centrale della storia è un altro, il meno fatato che si possa immaginare. È Smoky Barnable, un giovanotto così ordinario da soffrire di una comica maledizione: nessuno si accorge di lui. Quando incontra e conosce Daily Alice, ragazza della famiglia Drinkwater, è curato da questo male. Smoky sposa Alice, andando a vivere nella casa presso Edgewood (raggiungerla è praticamente una prova da superare in sé), e si trova attorniato da un parentado in buona parte femminile, tutto più addentro alla tale rispetto a lui, e non sa fino a che punto credere a queste storie. Infatti si occupa di "tenere viva" la casa che sta decadendo, perché così nessuno sarà costretto ad abbandonarla per recarsi in mondi lontani.


Qui mi fermo, anche perché spiegare la storia in sé, priva di struttura com'è, non darebbe alcun aiuto per comprendere la bellezza di quest'opera. La narrazione è serpeggiante, poco lineare, senza spiegazioni. Eppure c'è tutto un tesoro di misteri da scoprire (ma davvero si possono scoprire?), l'incanto della fanciullezza e dell'adolescenza, la saggezza dei vecchi, la potenza degli stregoni, la follia di chi vuol sapere cose che non è destinato a sapere, l'ossessione degli amori perduti, la nostalgia di un mondo che cambia, e molto altro ancora, e tutto questo non è legato semplicemente alle storie dei protagonisti.

Ringraziando Davide Mana di avermi consigliato questo capolavoro trascurato, mi permetto di consigliarlo a mia volta a tutti quegli anglofoni che, in cerca di qualcosa di bello, non si spaventino di fronte a un'opera non semplicissima.




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