venerdì 30 novembre 2012

The Black Company

Glen Cook è un autore statunitense piuttosto prolifico e ormai un po' vecchiotto, eppure poco tradotto in Italia. Anzi, della sua opera principale nulla saprete se non ve la leggerete in inglese.
Sto parlando della Black Company, una compagnia di ventura antica e gloriosa, narrata in prima persona da un personaggio (Croaker) che ne è il medico e l'annalista, ovvero l'incaricato a scriverne la storia. Questo nel primo volume, ovviamente. Sono parecchi i tomi scritti sulle avventure di questa unità, io ho letto solo l'inizio. Sono stato spinto alla lettura dalla diceria che Steven Erikson (di cui ho letto il primo libro della serie Il Libro Malazan dei Caduti) si fosse pesantemente ispirato a Cook e che i suoi "Arsori di Ponti" fossero pesantemente indebitati con la Black Company. Ovviamente speravo anche di leggere un buon fantasy.

Andiamo con ordine. Alla domanda se Erikson abbia spiluccato le idee di Cook non risponderò con dure certezze ma secondo me la somiglianza di certe atmosfere è notevole e non può essere casuale. Debito probabile, quindi, se volete la mia opinione.

Per quanto riguarda il libro, sono molto combattuto. Un fantasy militare dove si descrivono situazioni da caserma, se vogliamo, ma si entra nel vivo di una maledetta battaglia soltanto verso la fine. I maghi qui sono l'equivalente di un soldato specialista, che so io, un esperto di esplosivi o un cecchino d'un esercito moderno, visti con una certa venerazione dagli altri militari ma in fondo uguali agli altri. Ho già detto parlando di Erikson (chissà se qualcuno dei miei sparuti lettori lo ricorda, eh eh!) che questo è lontanissimo dal mio modo d'intendere il magico in un fantasy, non sono bigotto sui miei gusti però mi annoia abbastanza. Soprattutto se i due maghi della Black Company fanno i buffoni in un rapporto di complicata amicizia che li porta a sfidarsi e beffeggiarsi di continuo, facendo uso anche delle proprie capacità magiche: insomma un intermezzo comico che ogni tanto viene a interrompere la narrazione. Ho così saltato delle pagine intere, a un certo punto. Per amore di verità devo aggiungere che ci sono anche personaggi con poteri magici di tutt'altro spessore a rimettere un po' in equilibrio la situazione e a creare un po' di "sense of wonder." Vedi sotto.

Atmosfere pesanti e darkeggianti, rovinate dal realismo e dalla modernità di certe situazioni e del linguaggio. Sembra proprio che l'autore non ce la faccia a immedesimarsi e immergersi in un mondo secondario. Una citazione delle tante che potrei fare: Goblin sounded like he was regressing toward childhood. Ovvero nella mia traduzione affretata: Goblin (che è un personaggio, e che era stato appena sottoposto a una violentissima emozione) parlava come se stesse regredendo all'infanzia. E va bene, forse siamo in una ambientazione che ha goduto dell'influenza di un equivalente del buon Freud e della sua psicanalisi, e quindi ne possiede la terminologia. Ma per me questo fraseggio (in compagnia di altri esempi simili) suona troppo moderno per un fantasy di spada e magia. A ognuno i suoi gusti, so che altri la vedono diversamente.

Aggiungiamo che ogni cinque minuti ci viene descritta una partita a carte dei protagonisti, e abbiamo (forse?) terminato l'elenco delle cose che mi hanno infastidito in questo libro.

L'idea di partenza era anche buona, comunque. Abbiamo una tiranna dagli incredibili poteri magici, The Lady, che ha fregato tutti, il marito che era il Dominatore (di nome e di fatto) di un grande impero, il popolo che si era ribellato e li aveva banditi entrambi, il mago che li aveva rievocati per carpirne i segreti ma aveva ottenuto solo il risultato di farli tornare liberi. C'è una congrega di aiutanti dai grandi poteri magici, i Taken, che altri non sono che avversari di Lady catturati e ricondizionati con feroci tormenti. Insomma proprio una cricca da impero del male, che lotta per mantenere il potere minacciato da una grande ribellione.

In questo grande bailamme la Black Company fa il suo mestiere: combatte per chi la paga, e difende i suoi pargoli (ovvero i soldatacci che la compongono) come una grande famiglia. Quindi non si fa troppi problemi per essersi schierata dalla parte di questi despoti orripilanti. Ma la situazione è molto più intricata di quello che sembra. I ribelli si fanno ammazzare come pivelli, si sacrificano, vengono sterminati, ma c'è anche qualche elemento che giocherà a loro favore...

Commento finale: questo libro ha delle buone idee, ma per vari aspetti non è il tipo di fantasy che mi piace. Non credo che leggerò il resto della saga, il mio voto finale è il classico risicato sei meno.




2 commenti:

mikecas ha detto...

Leggi almeno i due successivi, potresti cambiare almeno un poco idea... ;)

Bruno ha detto...

Chi può dirlo? Magari me li leggerò. In lista adesso c'è un sacco di roba...