sabato 7 maggio 2011

Elric nel ventunesimo secolo - 1

Provi a leggere oggi Michael Moorcock e se le succede come è capitato a me, si chiederà: “ma come poteva piacermi questo Elric di Melnibonè?” (Gianfranco Viviani)

Su Moorcock e sul suo più famoso ciclo di storie la pulce nell'orecchio me l'ha messa la risposta che Gianfranco Viviani (ex patron dell'Editrice Nord) diede alla mia domanda su Fantasy Magazine nell'intervista del 2009: a parte alcune affermazioni di valore puramente commerciale, come quella sui nuovi autori che sarebbero interessanti oggi, Viviani lanciava più di una frecciata ai grandi miti del fantasy di una volta. "E' passata un'epoca e quello che una volta affascinava, oggi fa solo sorridere."
Viviani non risparmiava critiche anche forti a Elric di Melniboné, il grande eroe di Moorcock, dandogli appellativi non proprio lusinghieri. Elric non sa chi è, non sa cosa deve fare, sembra un minorato mentale.

Non ho certo intenzione di ribattere (dopo anni!) alle affermazioni di questo celebre personaggio del fantastico (ci fu comunque un po' di maretta intorno all'intervista, anche sul forum di FM). Ovviamente non sono d'accordo con qualsiasi affermazione che liquidi questa saga così facilmente, ma ho colto la provocazione per rileggere Elric, perché anche io mi ero chiesto se avrei giudicato quel ciclo così interessante, oggi come oggi, e se era tutta gloria quella del buon Moorcock.

Quindi ho riletto i libri, i sei classici, per intenderci quelli raccolti dalla Nord nei volumi Elric di Melniboné e Elric il Negromante. Lasciamo un velo pietoso sulla ripresa successiva di Elric da parte dell'autore.
Non ho potuto fare a meno di notare per prima cosa lo stile. L'uso del narratore onnisciente, frequenti eccezioni alla regola dello show don't tell (che non è un dogma, ma resta preferibile secondo me in una storia come questa) uno stile talvolta descrittivo e ridondante ma più spesso asciutto o addirittura scarno, sbrigativo. Dove Moorcock è nella vena migliore, è molto bravo. Ma credo che nella sua vasta produzione (di cui qualcosa ho letto) ci siano lavori accurati e altri, oserei dire, piuttosto tirati via.
Esaminiamo quindi la saga di Elric percorrendone le tappe (le descrizioni che appaiono qui hanno senso per rinfrescare la memoria a chi ha già letto i libri: gli altri troveranno solo anticipazioni che rovineranno loro il piacere di leggere queste storie).

Nella foto: la mia copia di Elric di Melniboné, acquistata per 5.000 lire nel 1985. Mi procurai anche Elric il Negromante in quel periodo, ma mi fu in seguito sottratto da un disgraziato che non restituì né il libro né del denaro che gli avevo dato, pertanto dovetti ricomprarlo nella versione a copertina morbida degli anni '90.


Elric di Melniboné
La storia comincia da Elric. Fin dalla prima parte (intitolata Elric di Melniboné come il libro, che in effetti è una raccolta) il riflettore è puntato sul protagonista, sui suoi dubbi morali e filosofici riguardo all'uso del potere, sul suo essere "troppo umano" e soprattutto diverso da quella razza sovrannaturale da cui proviene, i Melniboneani. Il contrasto viene mostrato con forza perché Yyrkoon, il cugino arrogante e prepotente, affronta subito rozzamente Elric senza far mistero di voler usurpare il trono. L'imperatore albino sa di essere di fronte a una minaccia mortale ma ritiene di essere più "forte" non seguendo la logica del suo popolo (che sistemerebbe subito tutto uccidendo il rivale). Concederebbe una vittoria a Yyrkoon, in un certo senso, se lo uccidesse, perché diventerebbe come lui.


Peraltro Elric non si illude di cambiare il mondo: "non desiderava riformare Melniboné, ma se stesso."
La prima scena di azione giunge abbastanza presto, prima però abbiamo la cavalcata del protagonista con la promessa sposa Cymoril (sorella di Yyrkoon) e l'interrogatorio delle spie, che dovrebbero guidare un'incursione dei nemici provenienti dai Regni Giovani. Il dottor Scherzo, torturatore, è un personaggio certamente di una certa efficacia.
L'incursione sposta l'attenzione sul porto dei Melniboneani a Imrryr: è difeso da un labirinto attraverso cui i visitatori vengono guidati da un equipaggio del posto e tenuti bendati, a mio modesto parere un'idea molto poco pratica. Da ragazzo mi era piaciuta già poco, rileggendo oggi mi sembra una fantasia piuttosto grossolana e tutto sommato un po' infantile.

Come chiunque abbia letto la serie sa già, nella battaglia con i barbari dei Regni Giovani Yyrkoon crede di risolvere i problemi a suo modo approfittando della debolezza di Elric per buttarlo in acqua. Ma Elric si salva per intervento di Straasha, il dio del mare, e prende a sua volta prigioniero Yyrkoon. Annuncia una nuova era: si vendicherà come si deve su Yyrkoon e sul capitano delle guardie che ha collaborato con lui, ma nel diventare crudele si sente prigioniero del trono di rubino su cui siede. Yyrkoon se la cava: usa la magia della nebbia gemente (incantesimo descritto molto bene) per fuggire, e rapisce Cymoril.
Elric si maledice per non essersi preoccupato della sicurezza di lei: sembra rinsavito, ma in futuro lo farà ancora. Con l'aiuto di Arioch, duca del caos, insegue l'avversario nel paese di Oin e Yu, dove un'altra potente magia, lo Specchio della Memoria, impedisce che la presenza del traditore sia rivelata. Usando la nave di Straasha che può viaggiare sulla terra Elric aggira lo specchio e costringe Yyrkoon a fuggire ancora (nella Porta d'Ombra) lasciando Cymoril addormentata in un sonno drogato. Elric ottiene da Arioch di poter inseguire il cugino e lottare con lui, facendo uso delle spade maledette (Tempestosa e la sua gemella): il fato comincia a prendere forma, perché da qui non si tornerà indietro. Elric ha messo in moto delle forze che cambieranno gli equilibri del mondo e lo condanneranno a diventare "campione di una causa ignota," spinto dal fato e dagli dei.

Qui Elric incontra anche per la prima volta Rackhir l'Arciere Rosso, eroe esiliato che ha rifiutato di servire il caos. Dopo varie peripezie, Yyrkoon alla fine è sconfitto, alla mercé di Elric, e si accontenterebbe di essere ucciso con un'arma diversa da Tempestosa, perché la lama stregata beve le anime. Ma Elric gli chiede: "Se avessi tutto ciò che desideri, smetteresti di essere un verme?"
L'imperatore albino scioccamente crede che Yyrkoon possa migliorare. E desidera viaggiare, conoscere i Regni Giovani e il mondo fuori da Melniboné. Poiché Cymoril non vuole regnare, Elric non la fa regina: rimanda il matrimonio e parte lo stesso, in cerca di una nuova patria che sia più in sintonia con il suo spirito. Si prende il suo "anno sabbatico" e parte, avendo la bella idea di lasciare la reggenza proprio a Yyrkoon.

Questa l'ho giudicata una debolezza della trama quando ho letto il libro da ragazzo e la giudico ancora più severamente adesso, qualsiasi cosa si possa dire della natura del personaggio di Elric per giustificarne le azioni. C'è di mezzo la felicità e la vita della donna che ama, non solo il trono di rubino verso cui Elric esprime spesso un distacco sprezzante (pur senza lasciarlo!). Non esser capace di vendicarsi su Yyrkoon è un conto, ma lasciare Cymoril in pericolo è una mossa esageratamente idiota.

Sui Mari Del Fato
Il secondo libro, Sui Mari del Fato, ci porta nei Regni Giovani dove Elric, albino e melniboneano, non riesce a fare amicizia con nessuno e a superare il muro della diffidenza (che strano, eh?). Addio all'idea di trovare una nuova patria e gente con cui convivere. Finisce per ritrovarsi a bordo di una nave che attraverso gli oceani naviga misteriosamente su altri mondi, e compie una delle sue missioni come "Campione Eterno" ponendo fine alle ambizioni di due strani stregoni, Agak e Gagak, fratello e sorella, che stanno per assorbire nientemeno che la forza vitale dell'universo.

In questo libro ci sono dei bei personaggi come il Conte Smiorgan, e belle storie come quella della leggenda di Saxif d'Aan, ma l'insieme non si salva.
Provo a spiegare il mio punto di vista. E' sempre problematico quando in una storia il protagonista deve fare un salto "in un'altra dimensione." Il lettore ha familiarizzato con l'ambientazione di un libro, ma improvvisamente viene strappato e portato via, verso un nuovo luogo con nuove regole, nuove atmosfere, ma non c'è lo spazio per approfondire. L'autore quando sceglie questa via non può che pescare qualche particolare e descriverlo alla meglio, e di solito il risultato è una bruttura che sa di posticcio e raffazzonato. I due stregoni che sembrano edifici senzienti mi hanno fatto poca impressione all'epoca della prima lettura, adesso mi fanno decisamente cascare le braccia. Per me qui non c'è "sense of wonder" ma solo ridicolo.
Moorcock aveva ideato il concetto di Campione Eterno come espediente per portare i suoi eroi in qualsiasi avventura e in qualsiasi luogo, con la massima libertà, facendo incontrare tra loro personaggi provenienti da storie e mondi diversi. Un comodo espediente che fa abbastanza a pugni con il fantasy di oggi, dove è abbastanza uniforme l'uso di radicare bene la trama in un'ambientazione. L'autore britannico ha affermato di essere più interessato alle storie che non alle ambientazioni, e questo si vede anche nella saga di Elric, in cui il mondo è tutto sommato vivo e ben riuscito, ma spesso delineato con pochi dettagli. Sui Mari del Fato contiene molta avventura fine a sé stessa e l'ho trovato una parte assai debole della saga di Elric.

Continuiamo. L'esplorazione della mitica città di R'lin K'ren A'a da cui sarebbero provenuti i Melniboneani attira Elric, che vorrebbe spiegarsi la propria identità. Il viaggio non porta il risultato sperato, ma ha un'altra conseguenza grave. Arioch ha avvertito Elric che l'Uomo di Giada, simulacro del dio rimasto nella città, vi deve rimanere. Eppure farlo andar via è l'unico sistema per permettere a un individuo trovato là, l'uomo condannato a vivere, di terminare la propria esistenza. L'antichissima città è stata sede dell'accordo tra gli dei che ha permesso al mondo di restare in equilibrio fra legge e caos, e l'uomo condannato a vivere è praticamente l'unico antenato dei Melniboneani che rifiutò i premi concessi allora al suo popolo per abbandonare il luogo.
Ormai egli desidera solo la morte, avendo vissuto in solitudine per diecimila anni.
Elric deciderà di concedere la morte a quel disgraziato forzando Arioch a lasciare la città, pur sapendo che con questo inizierà la lotta dei mondi superiori e non vi sarà più pace. Elric fa qui un'altra delle sue scelte disastrose, tuttavia in parte è giustificato: l'uscita dell'Uomo di Giada dalla città serve a creare un diversivo per permettere la fuga a lui e Smiorgan, che sono assediati da creature ostili.
Per invocare Arioch l'albino ha scatenato un'altro imprevisto che si ripeterà spesso, uccidendo un marinaio e Avan (che aveva condotto la spedizione) a causa di un movimento spontaneo di Tempestosa.

Il Fato del Lupo Bianco
Il terzo libro inizia con un episodio che presenta un'eroina della legge, Myshella la Dama Tenebrosa, e un antico eroe, il Conte Aubec, in lotta per espandere il dominio della sua signora. Dopo questo episodio, che cito perché è ben scritto (e perché il personaggio di Myshella tornerà), l'azione si sposta su Elric, che raduna una flotta tra i potenti dei Regni Giovani allo scopo di sconfiggere Yyrkoon l'usurpatore, e soprattutto di liberare Cymoril dormiente, ancora stregata dal malvagio fratello.
L'imperatore albino compie una ricognizione prima dell'attacco e ha uno scontro con le guardie. Non uccide Yyrkoon anche se dalla scena sembra che potrebbe farlo (l'usurpatore è alle prese nientemeno che con Arioch), ma stavolta la renitenza di Elric si spiega con l'incantesimo su Cymoril, che sarà difficile da sciogliere senza l'aiuto dello stesso Yyrkoon.

Segue la maestosa scena del sacco di Imrryr e l'ultimo duello con Yyrkoon. Elric è furioso nella lotta quanto era stato impulsivo, debole e sciocco lasciando il cugino sul trono. Non riesce a salvare la sua donna anche se non ne causa volutamente la morte: Cymoril viene spinta da Yyrkoon sulla lama di Tempestosa e muore.

Yyrkoon nell'ultimo scontro è praticamente un pazzoide, non parla, lascia totalmente la scena a Elric e alla tragedia che sta per avere luogo. E' un personaggio che ha sempre avuto poco da dire, Moorcock lo ha presentato come il classico arrogante melniboneano e non lo ha mai sviluppato. Ha sicuramente perso un'occasione, ma vedremo che sarà sempre così: Elric non ha mai degli avversari epici o degni di questo nome, se non contiamo le divinità che comunque non lo attaccano direttamente. L'unica forza contro cui si scontra veramente è la propria debolezza, e ovviamente il suo nemico è il fato, più che un personaggio in particolare.

I draghi guidati dai melniboneani inseguono la flotta dei Regni Giovani carica di bottino, in fuga da Imrryr devastata. Le navi sembrano condannate ed Elric se la cava con un atto vigliacco che giustifica (malamente) con la volontà di non morire per mano di quelli della sua stessa razza, anche se non ama la vita. La sua magia salva una sola nave, quella che porta in salvo lui stesso. Tutti gli altri pirati e incursori dei Regni Giovani sono sterminati dai draghi.

Uscito vivo ma senza la sua amata da quest'avventura, Elric si imbarca in un'altra cerca (il Libro degli Dei Morti). Qui prende maggior forma il discorso su legge e caos, due forze fondamentalmente aliene nelle loro motivazioni ma che più tardi nella saga prendono una coloritura più manichea (e il caos viene definito esplicitamente malvagio). In realtà queste forze devono coesistere perché via sia una realtà con qualche significato (e che sia vivibile per l'uomo). Come parere personale, non ho mai amato legge e caos né nei libri né nel gioco di ruolo dove purtroppo hanno pesantemente sconfinato. Però il manicheismo di tanto fantasy, con tutta la sua alluvione di male assoluto, lo amo anche meno. Nella saga di Elric tuttavia va detto che l'insensatezza del destino è uno dei cardini della trama, quindi legge e caos vanno benissimo.

In questa ultima avventura Elric mette mano sul Libro con la verità assoluta e, ovviamente, il tomo non è più leggibile. Conosce anche la potente Yishana di Jharkor verso cui nutre una lussuria poco colorata d'amore, e il mago Theleb K'aarna che invece ama Yishana fino a esserne succube, e quindi odierà Elric. Infine, l'eroe riceve una rivelazione da parte di Arioch: la lotta per il controllo del mondo sta iniziando, e il fato di Elric è di diventare una pedina in una battaglia eterna.

Qui finisce la prima parte di questo articolo, che continua in una seconda parte con la conclusione.


Nota: trovate qui l'elenco dei libri che costituiscono la saga di Elric.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Io credo che si possa criticare i libri di Elric per vari motivi che saranno tutti validissimi dal punto di vista letterario...
Ma ce ne sono altrettanti per cui Elric è e rimane un capostipite della letteratura fantasy, permettimi di definirla adulta e diversa da altri libri che risultano mediocri al confronto, uno su tutti:

La presa di coscienza di Elric di non essere in linea con il modo di pensare del suo popolo e non sentendosi pronto a governare decide, dopo aver sconfitto il fratello, di lasciargli il trono e di lasciare il proprio paese per vedere il mondo e crescere come uomo.

Ce ne saranno sicuramente altri, come l'importanza e l'incidenza del fato che sfruttano Elric come arma e la decisione di lasciare la compagna per non tirarla dietro nelle sue avventure ecc.. ma è passato tanto tempo da quando l'ho letto e non riuscirei ad addentrarmi nel dettaglio, ma a me basta la motivazione sopra riportata per metterlo una spanna sopra gli altri, un bagno di umiltà che ai giorni d'oggi non si può definire che di altri tempi.
Illoca

Bruno ha detto...

@ Illoca: Ciao Davide, spero che leggerai la conclusione del mio articolo, che sarà online nel prossimo weekend. Potrai vedere che, nonostante per certi aspetti la frase del Viviani mi abbia spinto a fare un po' di revisionismo, il mio punto di vista non è affatto lontano dal tuo. Non anticipo.
E' comunque vero che Moorcock scriveva da adulto per menti adulte, cosa che oggi non fa più quasi nessuno.

Anonimo ha detto...

I difetti principali che ho riscontrato è la poca descrizione dell'ambientazione che alla fine risulta una mappa del mondo a inizio libro e le fumosità di molti tratti del racconto dove non capivo bene come era fatto un determinato avversario o una determinata situazione, che detto chiaramente non è un difetto da poco per uno scrittore di tale spessore. Illoca

Alberto ha detto...

Anch'io mi sono ritrovato a rileggere ad anni di distanza (ho iniziato al leggere sf e fantasy nel 1975) alcuni testi di fantasy/fantascienza, e a volte i risultati sono stati quanto meno interessanti, ne propongo alcuni:
- Ciclo di Elric (solo i 6 romanzi base, gli altri non mi sono piaciuti neanche alla prima lettura): nessuna variazione, trascurabili i primi 2, fantastici dal terzo all'ultimo. (NOTA: ho avuto occasione di parlare di Moorcock con G. Viviani a una convention nel 1992 e già allora non lo apprezzava, pur ammettendo che i lettori lo adoravano.)
- Ciclo di Novaria (L.Sprague De camp): letto svariate volte, sempre godibile, migliora come il buon vino.
- Tolkien: qui so di rischiare il linciaggio, ma dopo la prima volta non sono mai riuscito a rileggerlo completamente, riesco a leggerlo solo "a piccole dosi".
- Jack vance: molti suoi romanzi, pur restando godibili, non hanno retto al tempo (a volte solo per lo stile, probabilmente colpa del traduttore).
- Vang la forma militare (C. Rowley): a dieci anni di distanza l'ho apprezzato come alla prima lettura (se non di più).
- Eddings (Ciclo del Belgariad): sente il peso degli anni.
- Howard (Conan): nessuna differenza.
- Howard (Kull): la nuova edizione (2006, se non sbaglio) è meno bella, ma si tratta di diverse edizioni e traduzioni; per me la prima (con i commenti e le integrazioni di Lin Carter) resta la migliore.

Alla luce di tutto questo (e di quanto detto da te) penso che, dal momento che i testi non cambiano, probabilemnte i nuovi lettori hanno sviluppato gusti diversi, e anche noi nel corso degli anni abbiamo cambiato/evoluto i nostri.

PS: dimenticavo il ciclo di Hyperborea di Clark Ashton Smith - dopo quasi 30 anni, nulla è cambiato!

Bruno ha detto...

@ Illoca: in effetti Moorcock sa fare belle descrizioni, quando vuole, ma di frequente tira via con due parole.

@ Alberto: per quanto riguarda Tolkien, ho sempre trovato che ci siano momenti di noia, di prolissità profonde. Tuttavia ho sempre avuto un'opinione elevata sia dello Hobbit che del SdA. Invece il Silmarillion non ce l'ho fatta a leggerlo.
Del Vance Fantasy devo dire che non smetto di ammirarlo e di recente ho speso una discreta sommetta per avere l'ultima raccolta della Terra Morente che mi mancava. Della sua fantascienza in effetti qualcosa è invecchiato male.
Per quanto riguarda Conan (non ho letto tutto!) direi che il ricordo era sbiadito un po' male lasciandomi l'impressione di una certa superficialità, ho riletto qualcosa e l'ho trovato meglio di come pensavo. Howard sapeva scrivere.
E' passato ormai parecchio tempo da quando ho letto Wolfe, che è un autore più moderno. Di frequente rileggo qualcosa di lui. Il "libro del Nuovo Sole" per me rimane grandissimo. Certo, non è per tutti...

Anonimo ha detto...

Sbaglierò, ma quando si rilegge un opera la probabilità che il giudizio sia inferiore è notevole a causa della mancanza dell'effetto sorpresa, è vero che serve per soffermarsi e riflettere con più cura sui dettagli, ma preferisco ricordarmi le belle sensazioni che mi ha regalato piuttosto che scoprire la verità...
Illoca

Bruno ha detto...

@ Illoca: il giudizio completo l'ho dato nella seconda parte del post, e la saga mi piace ancora, solo che alla fine l'impressione che ne ho avuto è che il merito maggiore di Moorcock sia stato di aver introdotto il personaggio di Elric. Per me comunque Elric era un ricordo ormai piuttosto sbiadito e molto giovanile, una "verifica" credo che andasse fatta.

Chiaramente è sempre meglio leggere per la prima volta, anzi non so cosa ci stia a fare in casa mia mezza tonnellata di libri amatissimi ma che non rileggerò mai...