lunedì 19 ottobre 2009

A Game of Thrones


Il gioco ispirato alla saga di George Martin è uscito già da qualche anno per la Fantasy Flight; ha visto due successive espansioni che hanno permesso di aggiungere nuove regole e più partecipanti alla partita. Un successo indubbio questo A Game of Thrones, un gioco a zone con qualche regola originale che snellisce le procedure e qualche reminiscenza antica, che richiama antenati famosi nella dinastia dei giochi da tavolo di successo.
La mappa raffigura il mondo immaginario di Martin, compreso il misterioso nord da cui partono le terribili incursioni dei Wildling. Le pedine, in legno, rappresentano fanteria, cavalleria, armi da assedio e navi (il potere navale gioca un ruolo non trascurabile). Nelle varie zone possono esserci castelli (utili per il reclutamento di armate), simboli di potere (corone) o potenziale economico (botti). Una delle astuzie di questo gioco è che, sebbene ci siano considerazioni logistiche di cui tenere conto e un gioco politico per l'assegnazione del Trono di Ferro e di altre aree di influenza, non c'è una scadenza fissa in cui tenere queste fasi, il che rende molto meno noioso e prevedibile lo svolgersi del turno. E' per mezzo di alcune carte speciali che si svolgono le fasi logistiche e politiche.

La diplomazia ha molta importanza in A Game of Thrones (e qui viene in mente la parentela con l'antichissimo Diplomacy) perché l'esecuzione degli ordini (che vengono dati alle truppe per mezzo di pedine capovolte, svelate da tutti contemporaneamente) porta un elemento essenziale: l'appoggio delle unità (o flotte) alle azioni difensive o offensive delle unità adiacenti, o il loro tentativo di interferire (usando i raid) con le unità altrui per impedire il loro ruolo di appoggio. In pratica quello che può sembrare un attacco ben congegnato fallisce spesso e volentieri perché il nemico (e magari anche qualche neutrale che pensavamo fuori dalla contesa) ci mette lo zampino.

Quanto agli incursori del nord, si segue la falsariga di altri giochi che pur essendo competitivi hanno un elemento di collaborazione: i giocatori sono chiamati a resistere tutti assieme e tutti sono penalizzati se non respingono gli assalti (gestiti in maniera astratta).

Non si tirano dadi per risolvere il combattimento. Oltre al potenziale militare, che si computa con il complesso sistema di attacchi, raid e appoggi che ho descritto prima, si ha una variante segreta ma non casuale: il leader.
Ciascun giocatore ha diverse carte che rappresentano i suoi comandanti (sono ispirati ai personaggi dei libri di George Martin). Le loro doti sono: la quantità di punti che aggiungono alle forze in campo, il possibile "bonus" di danni inflitti se si vince (o salvati se si perde), e varie capacità personali che possono avere un effetto molto sorprendente. La tentazione di "giocarsi" i leader migliori fin da subito è forte, ma bisogna ricordare che il piccolo mazzo va terminato, prima di essere giocato di nuovo, quindi anche i peggiori comandanti devono avere la loro giornata ed è indispensabile sapersi giocar bene (è proprio il caso di dirlo) le proprie carte.

Sistema di gioco accattivante e con qualche pizzico di novità; per me, che non ho mai amato Diplomacy, l'influenza del gioco di appoggi e controappoggi prima della battaglia è un po' fastidiosa (e apre la strada ai più infami tradimenti!), ma l'idea generale che ne ho ricavato è di un misto valido e innovativo di elementi di gioco tradizionali e originali. Nelle mie partite ci si trovava spesso ad incontrare subito il nemico, e generalmente ne risultava un gioco di assalti e ritirate dove ogni tanto si perdeva una regione per poi riguadagnarne un'altra. C'è sempre stato chi riusciva a scardinare la difesa di un altro giocatore a proprio vantaggio, diventando il protagonista della partita, ma c'era anche una frequente sensazione di essere incastrati in situazioni senza sblocco. Riflettendoci con gli altri giocatori ho lamentato gli scarsi spazi di manovra (c'è poco terreno "libero" da conquistare nelle partite a molti giocatori), ma onestamente non ho potuto verificare se, giocando in pochi, le cose cambino in maniera significativa. Non apprezzerei comunque l'eventualità che ad alcuni venga data la possibilità di espandersi, e ad altri no.

Credo di averci messo poca sottigliezza e attenzione, nelle mie scarse partite: ovvero, avendo sfruttato poco il potenziale diplomatico del gioco, che è una componente essenziale, mi sono intestardito nel ruolo militare che non basta da solo a risolvere le situazioni. In effetti ricordo qualche grande successo, però di breve durata.

In altre parole, questo è un gioco solo in apparenza semplice, e non avendolo ancora esplorato con la calma e la profondità necessarie, trattengo le critiche e mi limito a dire che l'ho giocato abbastanza da capire che è interessante ma non a sufficienza per godermelo pienamente. Per gli amanti dei giochi da tavolo è senz'altro degno di sperimentazione; accessibile anche al neofita ben motivato.

Se volete vedere foto della mappa e dei pezzi migliori delle mie: eccovi la pagina di Boardgamegeek su A Game of Thrones

2 commenti:

alladr ha detto...

trovo questo gioco sopravvalutato. sulla carta ha tutti i numeri per essere un gioco stupendo, ma tutta la potenziale diplomazia si scontra con una mappa stretta e lunga e soprattutto un unico obiettivo comune che non permettono alleanze durature (diplomacy, che non mi entusiasma, è tutt'altra pasta).
nella mia esperienza, vince chi riesce a fare il proprio gico tranquillo mentre gli altri si scannano. oppure, se c'è un king maker, chi riesce ad approfittare delle sue idiozie.

Bruno ha detto...

@ alladr: non volevo essere così drastico perché sento di non aver esaurito le possibilità del gioco nelle mie partite, ma in effetti le mie impressioni sono molto simili alle tue. Sistema interessante però. Chissà, se fosse sfruttato per un gioco di conquista del Nuovo Mondo, con un'immensa mappa da sfruttare...