venerdì 16 gennaio 2009

Le Tombe di Atuan

A quanto pare la discussione su Earthsea si è fatta interessante, e nel frattempo ho continuato la mia lettura, con Le Tombe di Atuan e La Spiaggia più Lontana. Per prima cosa devo, almeno in parte, condividere la delusione di Illoca come espressa nei commenti al precedente post: la Spiaggia è in effetti un libro piuttosto lento e pesante, dove la metafora (o la morale, se vogliamo chiamarla così) prevale assolutamente sulla storia. Ci sono momenti belli o solenni, ma questo squilibrio è evidente in una trama che parte con una minaccia da identificare, e con la partenza e il vagare a casaccio di Ged e del principe suo allievo, quasi la Le Guin non sapesse bene dove andare a parare, e si volge verso un obiettivo preciso solo grazie a un Deus ex Machina grande come una casa (un drago che rivela dove devono andare e chi devono combattere), con un finale che non riesce a cogliere di sorpresa perché la morale della storia è già stata sviscerata in maniera addirittura ripetitiva in fin troppe scene in cui i personaggi si parlano (o si pensano) addosso.
Quindi nel mio personalissimo parere rifilo un'insufficienza a La Spiaggia più Lontana; ma torniamo alle Tombe di Atuan. Potrei dire che anche qui dopo le prime pagine non ci sia molto per sorprendersi, ma l'importante non è cosa, ma il come viene raccontato.

Piangeva per lo spreco dei suoi anni, asserviti a un male inutile. Piangeva di dolore, perché era libera. Aveva cominciato ad apprendere il peso della libertà. La libertà è un fardello oneroso, un grande e strano fardello per lo spirito che se l'addossa. Non è agevole. Non è un dono ma una scelta, e la scelta può essere dura. La strada sale, verso la luce: ma il viandante oberato può anche non raggiungerla mai.


Le Tombe di Atuan (saltare per evitare gli spoiler...) è una storia di oppressione e incubo, di dolore e di liberazione. La storia di Tenar che diventa Arha la Divorata, supposta incarnazione di una principessa immortale (un po' come il Dalai Lama, per intenderci) al servizio di divinità della morte e del buio, antiche e crudeli. Arha vive in una specie di monastero malvagio, e impara a muoversi nel buio in un labirinto in cui sono custodite ricchezze incredibili, ma che non serviranno mai a nessuno. Vive di riti vuoti, danzando davanti a un trono su cui non siede nessuno e muovendosi nel buio in gallerie solitarie, si rende conto che attorno a lei l'unica cosa che anima le sacerdotesse recluse è la rassegnazione o la lotta per il potere: un potere astratto, che ad Arha sembra insignificante, ormai morto. Un potere formale crollato nel nulla e dimenticato dai sovrani, che una volta erano solleciti nei confronti del culto delle Tombe e adesso lo ignorano. Situazione claustrofobica e asfissiante, fuori e dentro ai sotterranei, una trappola che avrà la sua imprevedibile via di uscita quando uno straniero (che poi è il mago Ged) penetra nel labirinto ed è fatto prigioniero. Ged rivelerà a Tenar-Arha che in realtà il potere delle Tombe di Atuan esiste davvero... ma soltanto in quel luogo; e la donna non tarderà a completare la presa di coscienza che era già iniziata nei lunghi anni del confinamento, e a desiderare la fuga da quel covo di oscurità e odio.



Orrenda copertina tedesca delle Tombe di Atuan, dove Arha è in versione pupattola con autoreggenti verde smeraldo e coscia di fuori


Il personaggio di Teren-Arha è ben delineato e caratterizzato, meglio dello stesso Ged, forse. Mi sono chiesto se possa essere un esempio di eroina fantasy ben riuscita: da una parte può sembrare il classico esempio della donna vittima, sfruttata e sacrificata per i fini di altri, in realtà impotente e inutile anche là dove dovrebbe essere la somma sacerdotessa, trattata come una bambina dal suo vecchio servitore eunuco e sottratta a tutte le brutture solo per il classico intervento dell'eroe maschio (ovvero Ged, che però nel suo ruolo di mago saggio e filosofo non rappresenta uno stereotipo classico di potere maschile). Dall'altra la sua crescita interiore, la sua presa di posizione contro ciò che rappresenta, il fatto che sia in effetti lei a salvare Ged (in violazione delle regole) all'inizio, poiché il contrario avviene invece quando fuggono, fanno di Teren un personaggio maturo e forte più di quanto potrebbe sembrare, e se non corrisponde allo stereotipo della donna empowered lo ritengo un meraviglioso personaggio femminile. Mi riservo di modificare questa impressione leggendo gli altri romanzi di Earthsea. Per adesso, un applauso a Le Tombe di Atuan.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma come? L'entusiasmo per la Le Guin si è spento nei commenti? xD
Devo ammettere (con molta vergogna) che spesso i lettori di questa signora le perdonano molte cose. Avendo una grande sensibilità e uno stile di scrittura piacevolissimo, non ci accorgiamo, o dimentichiamo, che spesso i temi dei sui libri sommergono nettamente la trama. Potrei scusare questa cosa in vari modi, ma è vera. Accade che anche lei toppi clamorosamente.
A mente lucida La spiaggia più lontana è come dici tu, troppo lento e pesante, senza una direzione ben precisa fino all'arrivo dei draghi. Ma arrivando dopo due romanzi grandiosi, alcuni (tipo, io) le abbiamo perdonato anche questo!
Sono, invece, assolutamente d'accordo su Atuan. Penso però che Ged più che un salvatore sia stato il catalizzatore del cambiamento che Tenar ha portato avanti nella sua vita.
La copertina, che orrore! La Le Guin sarebbe particolarmente agghiacciata dal fatto che Ged è di carnagione bianca. Ha sempre ribadito che gli abitanti dell'arcipelago sono di carnagione scura, per distinguersi da una fantasy troppo dominata da eroi di ceppo caucasico.

Bruno ha detto...

@ Laurie: Sì, non ho fatto in tempo a dire che la conversazione si era fatta interesante, ed ecco che ha cominciato a languire! Spero non si spenga perché ci sono ancora i Draghi di Earthsea da sviscerare...

Quanto al fatto che i personaggi generalmente siano di pelle scura (o molto abbronzati, come direbbe il Presidente) è un tocco di novità, un cambiamento geniale nella sua semplicità, che mostra come la Le Guin sia capace di tirare in ballo tante questioni... questioni di sesso, genere, e questa volta di razza ... con inaspettata leggerezza, senza neanche darlo a vedere. Non sempre è così, ma quando lo fa, si dimostra di ben altra stoffa della (IMHO) assai noiosa MZB.

Ged nella vita di Tenar... non so, è da vedere anche alla luce dei successivi libri, mi rendo conto. Comunque ne Le Tombe di Atuan in effetti arriva a dare l'occasione di fuga a una Tenar che già aveva "preso coscienza," ma nella fuga la vedo un po' al traino... non ce l'avrebbe mai fatta da sola. Certo che non era un motivo valido per disegnarla con le autoreggenti verde pastello, devo riconoscere.

Anonimo ha detto...

Su Tenar c'è molto di più ne I draghi, è vero, ma la sensazione che sia forte a dispetto di Ged e che il mago le abbia dato solo una scrollata l'ho avuto dopo la lettura delle Tombe. Sarà che la Le Guin non accenna ad una banale storia d'amore fra i due in quel libro. Sarebbe stato un errore in quel frangente.
Vero che senza Ged non sarebbe riuscita a fuggire dalla sua vita di sacerdotessa ma lei riesce a vivere anche senza Ged. Non so se è chiaro il mio discorso xD

P.S. MZB, temo, è un'autrice che riesce a scrivere cose gradevoli e autentiche porcherie. Non ha mezze misure xD Più che noiosa l'ho sempre trovata molto agguerrita, sopratutto quando tratta la questione femminile o il rapporto autoctoni di Darkover/Impero.

Bruno ha detto...

Sì, questo è giusto: riesce a vivere anche senza Ged. Anzi dopo va in cerca di una strada che non sarà quella della magia che Ged le aveva prospettato, ma il matrimonio e i figli (il che mi ha un po' sorpreso, devo dire).