venerdì 2 novembre 2007

Il Segreto di Krune


Bella la veste grafica di questo libro (un po' costoso, per dire la verità) e molto valido lo stile. Michele Giannone, autore de "Il Segreto di Krune" (Dario Flaccovio Editore) ha sicuramente il dono di uno scrivere fluido e piacevole, che permette al lettore di galoppare per centinaia di pagine in pochi giorni. Invidiabile (certamente io lo invidio...). Se cercate una lettura piacevole, questo libro è consigliatissimo; tuttavia ci sono delle lacune nella caratterizzazione e nella trama che mi hanno decisamente fatto storcere il naso, e sono piuttosto evidenti ma a quanto vedo dalle recensioni (anche blasonate) che scopro in giro per la rete, me ne sono accorto solo io.

Strana cosa. L'autore (per quello ho letto dei suoi interventi in un paio di blog e forum) è pure un tipo equilibrato, modesto e simpatico e non ho nessuna voglia di sminuirlo senza motivo, quindi se mi sembrassero problemi di poco conto li trascurerei, ma a me sembra che rovinino parecchio la godibilità del libro: la cosa che però mi riempie di stupore è che (a quanto ne so) chi ha criticato questo libro lo ha fatto su tutt'altri argomenti.
Pertanto devo essere pazzo. Se non amate lo spoiler, ovvero il disvelamento della trama, fermatevi qui: ormai sapete che il libro è carino e leggibile, e tanto vi basti. Acquistatelo e non fatevi turbare da questi difetti fantasma, tanto probabilmente non li vedrete neppure. Ma se avete già letto il libro (e non temete quindi lo svelamento della trama) o se volete sapere perché sono pazzo, procedete pure.

Il libro comincia con la descrizione del Matriarcato, la società in cui si muovono i primi passi di Mareq Tha, la protagonista. Una società oppressiva e "orwelliana," direi quasi, una descrizione valida che mi ha entusiasmato, perché vedevo un autore che non temeva di affrontare un tema molto complesso. La logica dell'ambientazione regge: le donne sanno usare dei poteri magici che mancano agli uomini, pertanto li dominano. Esistono dei mostri che aggrediscono proprio le donne in quanto dotate dei poteri magici, e questo può giustificare l'uso spietato degli uomini come carne da macello nella difesa del Matriarcato. La decisione di pronunciare i punti cardinali in una lingua fantastica, e così i nomi delle piante, aiuta ulteriormente nell'immedesimazione (anche se dopo tanto sforzo di localizzazione più avanti arriveranno inspiegabilmente metri e centimetri, vedi pag. 370 e 468).

Poi, man mano che certe tematiche del Matriarcato rimanevano non dette ho avuto qualche perplessità, ma arriva (catturato) il protagonista maschile a spostare l'attenzione, e il suo mistero di uomo portatore di magia crea uno scompiglio nelle certezze di Mareq Tha, nonché la necessità per lei di darsi alla fuga. Avendo lei visto questa realtà, "impossibile" nella religione del Matriarcato, le governanti (Matriarche) decidono infatti di eliminarla. Non ci riescono ovviamente, e la protagonista scappa con il prigioniero.

Mareq Tha dovrà quindi viaggiare, conoscere questo misterioso uomo (Jaat) che non ricorda il proprio passato, e visitare un mondo estraneo, quello degli uomini delle praterie.
Da qui in poi cominciano i problemi. Della società del Matriarcato non si parla praticamente più e una serie di domande rimangono senza risposta. A me sembra troppo monolitica. Non c'è devianza, malcontento di fronte a queste regole così pesanti. A parte le Nutrici e pochi maschi "fortunati" nessuno dovrebbe avere rapporti sessuali (le donne no, gli uomini magari sì, ma fra di loro, eventualmente). E' possibile e ragionevole? Quali sono le conseguenze? Non dovrebbe esserci una omosessualità dilagante? O crimini sessuali?
Insomma, il Matriarcato con il suo perfetto meccanicismo mi convince poco. La protagonista, Mareq Tha, mi convince anche meno, fin da quando s'intuisce che sboccerà l'amore da parte di Jaat e, dopo aver passato un periodo di travagli psicologici nel vedere ogni sua convinzione buttata per aria, lei lo ricambierà e lo faranno.
Teniamo presente che Mareq Tha uccide freddamente un uomo, ferito, che le ha chiesto aiuto nelle prime pagine del romanzo. E si considera insozzata perché il ferito l'ha toccata. Insomma una bella personalità distorta anche se perfettamente coerente con il proprio ambiente; consideriamo inoltre che lei è un ufficiale, insomma non proprio una ragazzina, ma una donna adulta con un carattere già formato.
Non pretendo di fare lo psicanalista della mutua, ma penso di non dire nulla di strano se vi ricordo quali devastazioni possa ricevere la psiche di una persona che subisca condizionamenti innaturali negli anni cruciali dell'infanzia, quelli in cui si forma l'identità personale e sessuale di un individuo. Mareq Tha dovrebbe essere condizionata per la vita, asessuata o omosessuale, e certamente frigida, incapace di concedersi a un uomo. Invece no, dopo un po' di giorni (il libro non copre una lunghissima estensione temporale) ritrova la tenerezza, l'affetto, sa provare i sentimenti giusti come una fanciulla in fiore e dire all'uomo che ama le parole giuste. Unico problema, ci mette un po' prima di andarci a letto (ma forse meno di tante comunissime fidanzate italiane...).

Qui, e non solo qui, si potrebbe contrapporre la classica obiezione che siamo in un mondo fantasy. Certo: una spiegazione "fantasy" che sia congruente con il resto del mondo fantastico la accetterei. Però manca.

Lasciamo da parte, come problemi del tutto secondari, certi atteggiamenti buonisti di Jaat, che è molto diverso dai suoi compatrioti (vedi pag. 231: Jaat contesta l’uccisione di un prigioniero cui non è stata data la possibilità di difendersi, parla a suo padre in termini che ricordano talvolta quelli di un attivista per la pace in un paese occidentale moderno: “Io biasimo voi. Te, gli altri membri della giuria, tutti gli uomini e le donne che hanno assistito all’esecuzione. E’ la vostra indifferenza a farmi paura.”) Ma del resto Jaat è speciale e presto scopriremo perché.
Stranamente però comincia a fargli eco Mareq Tha, a pagina 236: “In guerra nessuno ha mai tutta la ragione dalla propria parte. Ci convinciamo del contrario perché in tal modo uccidere il nemico è meno problematico. In ogni caso, si tratta di una menzogna.” Una “Prima Vigilante Militare” (grado che aveva nel Matriarcato) che ha ucciso un uomo ferito (uno dei suoi!), una che considerava poco prima i maschi come esseri subumani, come fa a porsi il problema dell’uccidere il nemico?

Il vero guaio nell'ambientazione deve ancora venire. Scopriamo che una spedizione nel passato si era spinta fino a nord. Alcune Vigilanti del Matriarcato avevano scoperto gli uomini delle praterie e la loro padronanza della magia, e alcune erano tornate a riferire. Qui nasce l'orrendo crimine delle Matriarche, aver nascosto "la verità" alla propria gente. Scopriamo anche che per un sacco di tempo, prima che Jaat venisse catturato nel periodo descritto nel libro, non c'era stato più altro contatto. Ora: i popoli raffigurati nel libro somigliano a terrestri antichi ma non primitivi: vanno a cavallo, viaggiano, ecc... Il mondo è infestato da mostri in maniera preoccupante, ma ciò non impedisce a gruppi grandi e piccoli di spostarsi (nel libro avviene). Gli uomini delle praterie e il Matriarcato hanno vissuto ignorandosi per secoli quando sono distanti... circa una decina di giorni di viaggio! Questo fa crollare tutta la trama del Segreto di Krune come un castello di carte, perché è lo scottante segreto degli uomini che usano la magia che le Matriarche non vogliono far sapere, e che poi decidono di eliminare alla radice con una spedizione militare. Uno dei due popoli dovrebbe aver incontrato l'altro da un pezzo, non ci può essere dubbio. Se gli antichi Greci avevano un'idea (per quanto distorta) del Mar Baltico e della Britannia, questi popoli non possono non conoscere i propri vicini. Siamo in un mondo fantasy e tutto può ricevere una spiegazione fantasy, basta che sia congruente con il mondo. Mi sta bene. Ma dov'è tale spiegazione?

Mentre già non potevo crederci, arriva una specie di interrogatorio (di Mareq Tha da parte delle Matriarche) che si trasforma in una specie di consiglio di guerra senza nemmeno la prudenza di spostarsi in un'altra stanza per non farsi ascoltare dalla prigioniera: con la bella conseguenza che le svelano l'intenzione di usarla come guida per scoprire gli uomini delle praterie che vogliono sterminare. Mareq Tha, che ha assistito alla sconcertante decisione politica in presa diretta, ovviamente rifiuta (poi accetterà per avere una possibilità di fuga).
Ora, il motivo del consiglio di guerra è piuttosto strano, perché il casus belli sarebbe l'arrivo di Jaat (un po' di tempo prima) e non di Mareq Tha (che ritornava in quei giorni, e che potevano uccidere facilmente e seppellire con tutte le sue scoperte scomode), perciò non si capisce perché le Matriarche la decisione non l'abbiano presa a suo tempo ma la prendano adesso, in una ispirazione del momento:
"Che ne facciamo di lei?" ... "uccidiamola. Avevamo stabilito che l'avremmo giustiziata non appena ci avesse rivelato tutto ciò che sapeva." "Sì, ma ignoravamo che avesse scoperto tanto." ... "In questo caso le circostanze ci sono state favorevoli. La prossima volta potremmo non essere così fortunate" ... "Io dico di risolvere il problema una volta per tutte... una spedizione militare ... staneremo gli abitanti di quelle terre e li spazzeremo via."
Aggiungiamo il fatto che l'utilità di Mareq Tha come guida è comunque limitata, perché non deve trovare un ago in un pagliaio, ma un intero popolo che vive in una prateria. Insomma, questa scena ha tutta l'aria di un debole espediente per far riportare verso le praterie Mareq Tha, che poi verrà ritrovata e liberata da Jaat. E qui le Matriarche sembrano tutto tranne che governanti di una nazione.

Evito di parlare di un altro paio di perplessità che ho avuto leggendo il "Segreto di Krune" e arrivo alle conclusioni.
Libro fortemente disuguale. Giannone è stilisticamente una spanna sopra tutti gli autori italiani che ho letto ultimamente (nel ramo del fantasy) e potrebbe quasi vedersela con quello che per me è il mito nazionale, Zuddas.
Questo può aver convinto l'editore e tanti lettori di cui ho letto i commenti a minimizzare certe magagne, o a far finta che non ci siano. Per me, sulla coerenza di ambientazione, personaggi e trama non si possono tollerare concessioni così forti: perciò considero questo libro valido come intrattenimento disimpegnato ma non come storia. Tuttavia, se sono pazzo e vedo problemi dove non esistono, spiegatemelo.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

La storia del matriarcato rigido e inflessibile non puo' non ricordarmi la Societa' Drow sviscerata nella trilogia di Drizzt di Salvatore (un piccolo capolavoro), pertanto con questi presupposti e con una trama un po' scontata, visto che leggendo i tuoi commenti capivo già come andava a finire, mi sento di lasciare questo libro sugli scaffali.
Illoca

Bruno ha detto...

Beh, i problemi li ho evidenziati, onestamente e dettagliatamente, per come li vedo io; ma ci sono anche i lati positivi. Giannone scrive bene, e ricordiamo che ovviamente si occupano più righe scrivendo quello che non va, mentre ci vuol poco ad elencare le cose buone, che quindi sembrano meno importanti... bisognerebbe leggere per giudicare, e posso garantire che il libro non è poi male...

Anonimo ha detto...

Eccomi! Finalmente! Allora, riguardo l'influenza che la società in cui è vissuta la protagonista dovesse avere, forse, una maggiore influenza sul suo modo d'essere, specie nel momento in cui incontra un elemento "estraneo" che la spinge al cambiamento, mi trova molto d'accordo. L'evoluzione della protagonista sarebbe stata migliore, questo è certo, il cambiamento, se fosse stato più graduale e l'avesse posta di fronte a maggiori problemi "esistenziali" l'avrebbe resa più profonda. Su questo non ci sono molti dubbi. Come dici giustamente anche tu il libro non è male e si lascia leggere, ma questo "difetto" l'ho notato anche io, come altri che ho segnalato anche nella mia recensione.
Poi con questo nessuno vuole togliere valore a un libro che, personalmente, ho trovato molto gradevole. Diciamo che da questo autore mi aspetto miglioramenti!
Fra

Bruno ha detto...

Devo darti ragione, dopo aver fatto decantare il giudizio. La psicologia di Mareq Tha rimane "il" problema del libro. La questione sui due popoli che incredibilmente non si sono mai conosciuti, che è anch'essa centrale alla trama, per me rimane: ma probabilmente me la pongo avendo letto troppi libri sulle civiltà antiche e preistoriche (ed essendo convinto sostenitore della coerenza delle ambientazioni); confrontandomi con altri lettori ho visto che non ne rimangono particolarmente coinvolti. La virata di personalità della protagonista, amazzone "ortodossa" che era stata delineata fin troppo bene nei particolari, resta di più nella memoria come particolare debole: è molto più difficile non accorgersene o far finta di niente.

Mirtillangela ha detto...

Quando ho letto il Segreto di Krune sono rimasta subito colpita dal linguaggio. Misurato, preciso, sempre la parola giusta al posto giusto.

Quello che non mi ha convinto, e l'ho detto sul mio blog, è la rapidità con cui Mareq Tha si libera di condizionamenti decennali sulla superiorità femminile dopo il suo incontro con Jaat. Nel giro di pochissimo tempo, lei cambia completamente atteggiamento, roba che io avrei avuto bisogno di tre anni di psicanalisi per liberarmi di quelle barriere culturali all'ingresso.

La scelta di non approfondire troppo la cultura interna del Matriarcato si inscrive nella volontà dichiarata dall'autore di farlo, spoiler, nel secondo volume.
Probabilmente ci mostrerà cosa era il Matriarcato prima dello svelamento del segreto, in rapporto
a come cambia dopo il tradimento di Mareq tha.

A me è piaciuto molto il libro. Non è privo di limiti ma almeno ha una struttura narrativa precisa ed ha un'ambientazione ben costruita.

Bruno ha detto...

Sì, ci vuole un completo capovolgimento di prospettiva per trasformare la protagonista dell'inizio del libro nella donna amorevole e matura nella seconda parte. Il tuo riferimento alla psicanalisi è pertinente: credo sarebbe inevitabile per la protagonista farvi ricorso... se potesse trovare un terapeuta nel suo mondo.

Anonimo ha detto...

Sono fondamentalmente d'accordo. Anch'io ho letto Il segreto di Krune, l'ho recensito e trovato i medesimi difetti. Ciononostante a mio avviso Giannone rimane tra i più maturi della fantasy italiana che sta nascendo, un gradino sopra D'Angelo (che non conoscevo e sto apprezzando molto) e in un altro pianeta rispetto a tutti gli altri. Ad ogni modo mi rammarica molto non abbia ottenuto lo stesso riscontro di pubblico che avrebbe meritato.
Ciao!

Bruno ha detto...

Che dire? certamente visto quello che io amo nel fantasy, lo sforzo di "world building" di Giannone vale cento volte i mondi prefabbricati usati da altri autori italiani e non. Difficile per me fare confronti, non so quanto abbia venduto Krune (però la Feltrinelli lo distribuisce...) e non ho ancora letto i libri di D'Angelo, però per alcuni aspetti Giannone sembra aver voluto masticare un boccone un po' troppo difficile.
Inoltre, ma qui vado nelle ipotesi, penso sia stato penalizzato da una scelta editoriale volta a rendere più lunga la vicenda