Le Avventure del Barone di Münchausen è un altro film in cui la fantasia di Terry Gilliam si è
sbizzarrita. Una cittadina non meglio definita assediata dai Turchi, un
esercito piuttosto malconcio che la difende, una compagnia teatrale che recita
in mezzo alla battaglia (la recita nella recita, e la confusione fra realtà e immaginario sono temi che ricorrono spesso
nei film di Gilliam), il sedicente Barone e i suoi amici dagli strani poteri,
impegnati in una serie di avventure strabilianti: insomma, una festa sfrenata dell’immaginario.
Questo film procede
senza una direzione precisa: è un continuo riferirsi a personaggi
del mito come Venere (Uma Thurman) e Vulcano (Oliver Reed), accenni biblici
come l’imprigionamento nel ventre della creatura marina, assurdità come il viaggio in
mongolfiera sulla Luna.
Non manca un
episodio che riprende la satira di Gilliam contro la burocrazia, quando un
ufficiale della città assediata fa giustiziare un soldato che ha compiuto un
eroismo, perché la sua superiorità sui compagni finirebbe per scoraggiarli.
Dopo molte
avventure, alla fine il nostro Barone torna al suo compito principale e riesce
ad affrontare i Turchi e a metterli in rotta… ma, di nuovo, la storia in fin dei conti conta
poco. Il protagonista, interpretato da John Neville (attore dal volto assai
espressivo, oggi scomparso), è un mattacchione sfrenato che trasforma tutto in
commedia, forse un’incarnazione di Gilliam stesso, che si fa beffe del
diciottesimo secolo, “Età della Ragione.” Da ricordare anche (per la buona
recitazione) Sarah Polley nella parte di Sally, bambina che accompagna il
Barone nelle sue avventure, dimostrandosi spesso più assennata di lui, e Robin
Williams nei panni del Re della Luna.
Da una parte il film
è il trionfo della fantasia di Gilliam, dall’altra è anche un esempio delle
difficoltà che l’autore incontra spesso: molte scene sono state tagliate o
impoverite per questioni di bilancio, e la produzione aveva perfino minacciato
di rimuovere Gilliam dalla regia. Un film che doveva essere spettacolare e
favolosamente ricco di elementi fantastici, maestosi e costosi da realizzare è
diventato qualcosa di molto più modesto, si è dovuto accontentare: eppure ha
ancora tracce della maestà che voleva raggiungere, e rimane vivo e travolgente.
Per la cronaca, ha causato problemi anche il
tentativo di realizzare a Cinecittà la produzione (fa male dirlo, per amor di
patria, ma i nostri studi non si sono dimostrati abbastanza attrezzati per
realizzare gli effetti speciali).
Il fatto che la casa
di produzione (Columbia) stesse passando di mano nel periodo, con l’immaginabile
marasma ai vertici che questi eventi provocano, ha causato infine il
disastro commerciale del film (uscito a fine anni ’80).
Strano contrasto, da
una parte una favola così scintillante e piena di dettagli, dall’altra i
prosaici guai quotidiani di un uomo che nonostante certi grandissimi successi
sembra debba ogni volta dimostrare nuovamente di poter girare un film.