Spicca, ovviamente, la devozione di Geralt di Rivia verso la sua principessina Ciri da salvare e l'ostinazione a salvarla, anche correndo in bocca al pericolo. Il libro mostra principalmente questo viaggio che vedrà lo strigo percorrere una terra devastata dal nuovo conflitto assieme a diversi accompagnatori.
Il nuovo personaggio di spicco è Milva, una cacciatrice alleata delle driadi della foresta di Brokilon: si prende cura dello strigo e lo accompagna dando prova di coraggio e di grande perizia con l'arco. Poi si incontrerà per strada un altro personaggio già noto, che Geralt aveva graziato piuttosto a malincuore in precedenza, un altro tipo poco raccomandabile di cui non voglio anticipare nulla e una carovana di nani che sono un po' la caricatura di quelli di Tolkien: coraggiosi ma anche chiassosi e volgari. Il capo di questo gruppo di nani, Zoltan, ha lo stesso nome di uno dei miei primi racconti (La Fossa di Zoltan) che fu pubblicato online ai primi tempi della rete fruttandomi anche quattro soldi, ma che purtroppo ho perso: gente, fate con cura i vostri backup!
Nel frattempo le maghe si riorganizzano e si incontrano per decidere il da farsi dopo i tragici avvenimenti del precedente libro (Il Tempo della Guerra) quando il concilio all'isola di Thanedd era stato interrotto da un'aggressione delle più sanguinose. Quanto alla principessa Ciri, quello che le sta accadendo non è ciò che il suo protettore Geralt crede.
In questo libro il protagonista principale torna ad essere Geralt mentre nel precedente spesso l'attenzione si era allontanata da lui. Questo mi va anche bene, quello che apprezzo di meno è il fatto che la storia avanzi così poco. Non è che non avvenga nulla nel Battesimo del Fuoco, ma non c'è nessun vero e proprio punto di svolta. Come ho già detto nelle precedenti recensioni, preferisco i lavori brevi di Sapkowski, dove si vede davvero la sua originalità, ai suoi romanzi, anche se mi piacciono i suoi personaggi, la sua ambientazione e in generale come scrive.
Elementi fortemente negativi non ce ne sono ma la saga si è un po' insaccata con questo libro, tuffandosi in una tazza dove si allunga troppo il brodo per i miei gusti. Anche se l'ho pur sempre letto volentieri, devo anche aggiungere che la grande quantità di nomi da ricordare (personaggi e qualche luogo) è veramente un sfida, quando si legge una serie come questa a mano a mano che i libri escono. Lo scrittore non aiuta dando per scontato che tu te li ricordi tutti. Immagino che chi si sorbisce le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco abbia gli stessi problemi, del resto.
Chi è arrivato fin qui tuttavia si sarà già fatto un'idea se val la pena di continuare o meno con la serie dello strigo. Io per ora continuo.
La mia opinione su Il Tempo della Guerra la potete leggere qui, mentre qui parlo del primo libro della serie, Il Sangue degli Elfi.
A Lucca Comics & Games dell'anno scorso: l'incontro di Sapkowski con il pubblico.
6 commenti:
Il vantaggio delle Cronache è che Martin inserisce un elenco dei personaggi in coda. Non sempre è di aiuto, ma almeno è facile associarli al regno di appartenenza. Ricordo che invece nel primo romanzo di Sap c'era un capitolo in cui si incontravano vari sovrani, difficilissimo fissarli sulla cartina (che peraltro non è presente, ma fortunatamente si trova su internet)!
Comunque io resto un libro indietro, quindi ci metterò un po' a portarmi in pari.
Una curiosità, qualcuno ha notato che in questo libro ricorre il termine "lanzichenecchi" a identificare truppe mercenarie. L'hai notato anche tu? La mia ipotesi era che fosse una traduzione letterale dal polacco, ma questo è assai difficile da verificare. Non sarebbe la prima stranezza nel linguaggio di Sap, ma è senza dubbio curioso. :)
Ho notato l'uso del termine.
Quello che ho già detto altrove è che come spesso accade nei libri di mezzo di una saga non ci sono grossi punti di svolta nella storia e non si aggiunge nulla di nuovo alla storia, che ristagna.
Per quanto riguarda il linguaggio la parola lanzichenecchi l'ho notata perché spicca, e ho notato molti riferimenti tecnologici, come ad esempio quelli riguardanti la genetica, che presuppongono una conoscenza avanzata; se fossimo in un mondo medievale assolutamente anacronistici, ma ovviamente in un mondo dove esiste la magia questo non è impossibile. L'uso della parola lanzichenecco in effetti è più problematico in quanto ha una spiccata etimologia tedesca (ancora nella II Guerra Mondiale il soldato di fanteria era il "landser"). Non sono stato ad annotare ma non è l'unico esempio.
D'altra parte (come dicevo in un mio post: http://mondifantastici.blogspot.it/2008/09/le-parole-immaginarie.html ) le parole spesso sono delle trappole che tradiscono una ambientazione. Se dico che un personaggio è "sadico" nel mio mondo secondario, uso una parola che nacque dal comportamento di un tale ben identificato francese...
Quanto alle vagonate di nomi... Nel mio piccolo, credo che sia un po' eccessivo pretendere che il lettore si ricordi dopo cento pagine il nome di un personaggio assolutamente secondario. C'è chi dice che è giusto pretendere un po' di sforzo dai propri lettori e forse non ha tutti i torti; però qualche escamotage con cui far ricordare al lettore in ruolo del personaggio secondario e dove lo si è incontrato lo preferirei.
Spero che il quarto libro sia meglio. Personalmente vorrei leggere questa serie fino alla fine, ma devo dire che Sapkowski mi piace più nella sua narrativa breve (anzi, l'ho già detto).
Già, molto meglio in La Spada del Destino.
Questo volume mi ha portato a scrivere una recensione molto vicina alla tua per punto di vista e mi fa molto piacere non essere il solo a pensarla così (grazie di esistere :-) ), visto che ci sono persone che quasi idolatrano Sapkowski. Trovo anche io che le sue antologie di racconti sullo strigo siano, al momento superiori a quanto narrato nella saga nonostante la lunghezza ben più contenuta nelle storie.
Per il discorso dei termini particolari segnalo il trabante.
@ Andrea Caporale: direi che la tua recensione è molto più dettagliata e precisa della mia in effetti. Comunque diamo a Sapkowski il 6 politico e vediamo cosa fa la prossima volta (a dire il vero il libro si potrebbe comprare subito in inglese, ma credo che attenderò la traduzione).
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