domenica 27 aprile 2008

Chariza. Il Drago Bianco


Ho finalmente terminato la storia cominciata con il primo libro di Francesca Angelinelli, quel Chariza. Il Soffio del Vento, la cui recensione potrete trovare nell'indice dedicato ai libri italiani. Ritorna quindi il mio rapporto tormentato con la protagonista Chariza, un personaggio che raggiunge livelli record sulla mia scala dell'antipatia, ma si riconferma la gradevolezza dello scrivere dell'autrice, cui posso ogni tanto imputare qualche prolissità, ma che possiede una capacità degna di nota nel fraseggio e nell'efficacia scenica delle descrizioni. La forma la trovo migliorata, segno che forse questo secondo capitolo della storia ha ricevuto dalla Runde Taarn più attenzione (anche la copertina, senza essere certamente un capolavoro, è migliore di quella del Soffio del Vento).
Devo dire che la narrazione trova finalmente il ritmo giusto proprio in Chariza Il Drago Bianco, e questo conferma che il libro non era fatto per essere tagliato in due. Nella prima parte praticamente era spiegato poco sulla protagonista, quasi nulla sulla sua storia, o sull'avversario che minaccia la casa regnante dello Si-hai-pa: tutto si riduceva (SPOILER) alla partenza di Chariza che, dopo la morte della madre di Suzume, si assumeva il compito di proteggere il principe bambino, lo salvava dal rapimento e lo riportava a casa. Insomma solo un prambolo alla vera sfida: anche gli indizi che Chariza aveva raccolto non venivano ancora svelati al lettore.
Nel secondo libro invece succede tutto: abbiamo lotta, amore, duelli, battaglie: ce n'è per tutti i protagonisti della storia, perfino le kiniru, le raffinate prostitute stile geisha che danno piacere a nobili e cavalieri, avranno il loro momento di gloria.
Chi rivela maggior valore, a parte la protagonista, è il suo amato Yukai, mentre Yoshio, il sovrano, si rivela un personaggio assai meno consistente, a volte deciso e valoroso, a volte debole e influenzato dagli altri (sì, è un po' moscio 'sto imperatore, rispetto ad altri personaggi maschili in lui si vede di più che l'ha descritto una donna). Anche la maledizione di Chariza si delinea maggiormente nella sua origine e nel suo scopo.
Senza voler svelare troppo, dirò che la storia ha la sua complessità e uno svolgimento interessante, con un paio di scontri finali ben resi. M'è però sembrato inutile una specie di infodump nell'ottavo capitolo, quando parecchi dettagli che sono comunque in procinto di essere svelati nell'azione, vengono presentati in maniera un po' forzata al lettore. Se non avete ancora letto questo libro, provate a saltarlo e tornare indietro a leggerlo dopo aver proseguito per qualche capitolo, probabilmente capirete il mio punto di vista.
La vicenda sentimentale di Chariza si concretizzerà, finalmente, non svelo chi è il fortunato (del resto non è difficile indovinarlo, c'ero riuscito già al primo libro), ma sarà una conclusione dolce e amara allo stesso tempo.
Cosa dire dei due libri di Chariza? Come avevo già scritto, un'uscita sfortunatamente affrettata, ci sarebbe stato bisogno di una revisione in più, e purtroppo qui la casa editrice non ha dato il doveroso supporto all'autrice. E' anche un'opera giovanile, nel senso che non è nemmeno la più recente di un'autrice decisamente giovane. D'altra parte le capacità ci sono.
Premesso che non ho certo letto tutto quello che è uscito, e che in genere non mi piace sbilanciarmi, premesso che in Chariza ho trovato comunque certi limiti e difetti, e che il mio personalissimo parere vale quello che vale, resto ancora dell'opinione che questo sia il miglior esordio recente del fantasy italiano fra quelli che conosco. Sventuratamente, è dovuto uscire con un editore a pagamento, e mi chiedo perché...

giovedì 24 aprile 2008

Dove eravate quando hanno bevuto il mio sangue?

Il film I Guardiani della Notte, tratto dal libro omonimo di Luk'janenko non è poi male, se pensiamo al budget ridotto con cui è stato realizzato. E' fedele al libro? A metà, o forse un po' meno, ma siamo abituati. Con tutte le buone intenzioni, il mezzo cinematografico non riesce a rispettare al 100 % i libri, bisogna essere soddisfatti se non ne tradisce lo spirito. Forse il film è troppo "americano," troppo influenzato da produzioni occidentali come Matrix, ma certi trucchi (accelerazione e poi fermo delle immagini, ecc...) sono diventati comuni nel cinema, funzionano come effetti a basso costo, insomma è normale che vengano usati. Il "feeling" russo di questa produzione rimane.


Non è la maniera più sicura per passeggiare, ma se sei una vampira in fondo non te ne frega niente
Mi ha irritato abbastanza che molte scene fossero simili a quelle del libro ma non avessero lo stesso significato. Egor è il solito ragazzino simpatico (cioè, antipatico) e innocente che deve essere salvato dai cattivi, mentre nel libro rifiuta l'aiuto di Anton appena capisce qualcosa sul funzionamento della Guardia della Notte. Svetlana viene trasformata in un personaggio insignificante (e anche qui, il comportamento nei confronti di Anton è al contrario rispetto al libro) e il finale con tanto di voce fuori campo è bolso. La rappresentazione del Crepuscolo non è pari alle mie aspettative ma immagino che per i mezzi (ovvero: soldi) a disposizione, si sia fatto il possibile. Quanto a soldi: le trasformazioni dei mutantropi praticamente non ci sono... segno evidente che il denaro per le costose elaborazioni CGI non c'era.
Detto questo, qualche atmosfera del libro si salva, e c'è la vivace rappresentazione della Russia post-sovietica a mantenere alto l'interesse. Attori decenti, personaggi riusciti abbastanza bene, ad esempio Anton secondo me è azzeccato (anche se diverso da com'è nel libro), direi anche Geser e Zavulon, Svetlana e Olga no, purtroppo. Non mi aspettavo un capolavoro al livello del libro, né c'era da aspettarselo, del resto. Ma non lo sconsiglierei: è film godibile, tutto sommato. Del resto se si producessero film così a casa nostra, diciamo una volta all'anno, ci sarebbe da leccarsi i baffi. Non sto lì a tenere i conti e quindi potrei dimenticarmi qualcosa di notevole, ma quanti film di argomento fantastico non dico belli... diciamo soltanto decenti... quanti ne sono stati creati in Italia dopo Nirvana di Salvatores?

venerdì 18 aprile 2008

I Guardiani della Notte


Per caso (scalognato) ho letto il secondo libro della serie prima di questo, che apre una delle più formidabili serie fantasy degli ultimi tempi. Per una spiegazione sulle le peculiarità di questo urban fantasy vi rimando all'altro post, dove avevo manifestato meraviglia per essermi così goduto una storia con tante caratteristiche lontane dai miei gusti.
Nel primo libro la serie si focalizza sul personaggio di Anton, eroe della Luce e cavaliere con qualche macchia e un pizzico di paura, sfibrato dalle regole dell'eterna tregua tra le forze del Giorno e della Notte, in cerca di significato e di qualcosa di glorioso per coronare il suo destino. Anton viene coinvolto in imprese che all'inizio sembrano al di là della sua portata, e lo vedremo perciò intento a cercare di capire quale sia la mossa giusta che tocca a lui, pedina importante nella partita a scacchi che si svolge per le strade di Mosca tra Zavulon, l'arcinemico, e Geser, il capo dello stesso Anton, anch'egli cavaliere non privo di macchie e di difetti, ma potentissimo. Una strana Luce, comunque, che ha provocato, a quanto traspare nella storia, la nascita dei totalitarismi del XX secolo nel tentativo di creare il "mondo perfetto," e che non si fa scrupolo di prendere delle scorciatoie morali nel fine ultimo del bene dell'umanità che deve proteggere.
La storia è fatta di tre racconti collegati fra loro. Le trame sono complesse, perché Anton si muove in un ambiente dove le cose non sono mai quelle che sembrano, pertanto il lettore viene frequentemente sbalzato di sella dai colpi di scena elaborati con maestria da Sergej Luk'janenko.
La razionalità della storia e l'equilibrio dell'ambientazione, elementi a cui generalmente do parecchia importanza, non sono quindi facilissimi da valutare, tuttavia non ci si fa caso, perché l'autore è un colosso nella costruzione dei personaggi e delle atmosfere, nell'introspezione psicologica e nella profondità delle idee, nel ritmo e nel respiro della trama. Se vogliamo, ci sono elementi che suscitano qualche perplessità, come il gessetto con cui si può scrivere nel Libro del Destino, "Deus ex Machina" escogitato per risolvere una delle tre storie in una scena madre finale. Mi vien da pensare, in mano a quasi tutti gli autori, una storia con il gessetto che riscrive il destino verrebbe fuori una triste e penosa schifezza; se ci provassi io il risultato farebbe vomitare... ne I Guardiani della Notte scorre via che è una meraviglia.
In altre parti vedo una maestria degna davvero di un grande autore: ad esempio la giornata di "ferie" in campagna con i compagni di lotta, dove Anton si sente fuori posto in compagnia di un'amata che gli sta fuggendo di mano e di questi amici che sono così gentili, buoni e ben intenzionati, fino a provocare una sensazione di estraneità nel suo animo dubbioso e tormentato.
Conclusione: fidatevi e compratevi questo libro adesso, tanto per leggere di elfi, ragazzi di 14 anni che salvano il mondo e orchi avete tutta la vita.

giovedì 10 aprile 2008

Intervista a Uberto Ceretoli

Grazie alle meraviglie della posta elettronica, ho potuto porre qualche domanda all’autore de “Il Sigillo del Vento,” un libro che, come avrete già visto seguendo la recensione, si è fatto notare nel panorama recente del fantasy italiano. Ecco l’intervista:

Puoi parlarci del tuo amore per il fantasy e delle letture che ritieni siano state formative per te?

Beh, innanzitutto un grazie a Bruno che ha deciso di intervistarmi dedicandomi parte del suo tempo (e del suo spazio web!). Vediamo di rinverdire un lontano passato... il mio amore per il fantasy è nato quando, ancora bambino, presi dalla libreria di mio padre un libro che aveva un titolo davvero strano: "La storia infinita". Cominciai a leggere, incuriosito da come potesse stare una storia infinita in un libro finito. Da questo episodio cominciò la mia passione per il fantasy, passione che venne coltivata subito dopo con "I draghi del crepuscolo d'autunno", i loro seguiti e altre opere americane. Dopo essermi buttato su "Lo hobbit" cambiai genere con Poe, Lovecraft e quindi King. Forse queste ultime sono state le letture più formative anche se spaziano più nell'horror e nel fantastico che nel fantasy propriamente detto.

Nel tuo scrivere ti ispiri apertamente al gioco di ruolo: ci riassumi in breve come ti sei avvicinato a questo ambiente e la tua esperienza? Che contributo ha dato alla tua voglia di scrivere?

Mi sono avvicinato al gioco di ruolo con GURPS, quando avevo 16 anni. Assieme ad alcuni compagni di classe abbiamo iniziato a giocare quasi per scherzo, io facevo il master. Mi sono trovato nella situazione di dover gestire dei personaggi all'interno di una storia e, naturalmente, scrivere la storia stessa con tutte le sue possibili evoluzioni. Oltre a GURPS ho provato (ma da giocatore) d&d, Ad&d, Ken il Guerriero, Warhammer. Oltre a questo ho fatto un paio di tornei ufficiali di d&d, come giocatore e come master.
Direi che il contributo che ha dato il gioco di ruolo alla mia passione per il fantasy è stato fondamentale, forse superiore alle letture di genere.

Il gioco di ruolo ti è servito come allenamento per immaginare storie, ambientazioni e mondi fantastici? Credi ti sia stato utile come aiuto tecnico e creativo per scrivere "Il Sigillo del Vento," al di là dell'ovvia connotazione ruolistica del libro?

Direi che il gioco di ruolo mi è stato utile per immaginare la trama e per imparare a gestire i personaggi.
Parlando da "master" direi che se nella trama hai previsto 4 o 5 scelte possibili per i giocatori, ecco che loro se ne inventeranno sicuramente una assolutamente imprevedibile. Oltre a questo e al bagaglio culturale relativo alle creature, direi che, soprattutto GURPS, mi ha dato molte informazioni riguardo a come "gestire" le evoluzioni di una storia e le azioni dei personaggi.

Puoi parlarci della genesi de "Il Sigillo del Vento?" Qual è la procedura che segui per creare una storia e come organizzi il lavoro creativo? Hai scritto prima di tutto un riassunto per sommi capi, o ti sei gettato subito nella scrittura?

La genesi de "Il Sigillo del Vento" è particolare, unica direi. Non era un'opera compiuta prima che attraverso il sito di fantasy-story trovassi l'annuncio di un concorso per opere fantasy. "Il Sigillo del Vento" era una cartella sul mio PC con numerosi racconti che avevano gli stessi protagonisti. In funzione di quel concorso alcuni di queste storie sono state riunite sotto una trama creata ad hoc che si è poi evoluta mano a mano che i raccordi tra i vari "capitoli" procedeva. Successivamente, terminata la stesura, il manoscritto era troppo corposo per quel concorso e l'ho rimaneggiato creando tre parti "autoconclusive" (più o meno) che volevo inviare separate. Al termine di questo lavoro mi è giunta la notizia della nascita di Asengard Edizioni e le ho inviato il "malloppo", intero.
Attualmente ho terminato di scrivere "Il Sigillo della Terra" e la genesi di quest'opera è completamente differente (pur incorporando altri capitoli che non mi era stato possibile includere ne "Il Sigillo del Vento"): ho studiato prima un'evoluzione degli accadimenti e cominciato a scrivere riassunti dei capitoli procedendo in modo più metodico anche se non nego che molte parti si sono "create da sole" mano a mano che la stesura procedeva. In questo caso però la storia è stata creata ex-novo e non è nata da un unione di racconti. Generalmente faccio così (anche con le altre opere che sto realizzando): definisco qual è il messaggio che voglio mandare, faccio una breve panoramica su alcuni personaggi e immagino le loro peripezie per sommi capi, poi mi butto nella stesura, lasciandomi andare e non scartando a priori nessuna possibilità (non è difficile che anche il finale cambi rispetto alle idee iniziali se la storia prende una piega differente dal previsto).

Dici "definisco qual è il messaggio che voglio mandare"... Ritieni che ci debba per forza essere un messaggio? Nel "Sigillo" ho visto che l'hai buttata anche un po' in politica...

Come autore non riesco a immaginare un'opera priva di messaggio: a scavare bene bene si può trovare in qualsiasi libro. Quando penso all'evoluzione della storia, al finale, alla storia stessa, non riesco a lavorare bene se per primo non ho ben chiaro il messaggio che voglio dare. Immagina uno scontro tra luce e tenebre: se alla fine vincessero i cattivi, il messaggio che manderei sarebbe sicuramente diverso da quello che manderei se vincessero i buoni...
Per quanto riguarda la politica, ne "Il Sigillo del Vento" non c'è uno scontro buoni-cattivi, c'è uno scontro tra popoli o tra membri dello stesso popolo che hanno una visione differente della vita e della realtà, sta al lettore giudicare chi è il buono e chi è il cattivo. Purtroppo abbandonando la classica divisione bene/male ho cercato di dare un senso alle relazioni sociali. Certi elfi odiano gli umani. Perché? Il sovrano di un Regno decide di istituire l'inquisizione e di adottare una data religione. Che cambiamenti implica tutto ciò? Ecco, le spiegazioni delle azioni dei personaggi riguardano la psicologia, quelle delle azioni di un intero popolo riguardano inevitabilmente la politica: quando i reivoniani aumentano la produzione di armi ci sono ovvie ripercussioni sull'ambiente e sui regni circostanti, cambiano i rapporti sociali e questa è politica. Insomma, ho cercato di caratterizzare i personaggi anche da questo punto di vista: cosa ne pensano della guerra, delle culture degli altri popoli, delle loro usanze? Faccio un esempio: cosa ne pensa Gwyllywm dei reivoniani? Se dico che Gwyllywm pensa che i reivoniani sono cattivi è un pensiero politicamente "neutro", ma se dico che Gwyllywm pensa che il loro è un bieco tentativo di sottrarre alla natura delle ricchezze per concentrarle nelle mani di pochi nobili faccio una considerazione politica più forte. La seconda considerazione da però più spessore al personaggio. Anche questo però dipende dal messaggio che si vuole dare. Non volevo rendere gli scontri del mio libro riassumibili nella considerazione che il bene e il male combattono, volevo rendere popoli e culture differenti che combatono in virtù di tali differenze. Raylyn la pensa diversamente da Gwyllywm e il lettore può comunque porsi la domanda: chi dei due ha ragione? In altri casi non è così, non puoi domandarti se "il Nulla" de "La storia Infinita" ha le sue ragioni, le sue idee e se queste sono valide almeno quanto quelle di Atreiu.

L'esperienza di pubblicare: dove sono state le più grosse difficoltà, quanto hai dovuto attendere prima di realizzare la tua aspirazione, e cosa hai fatto, dopo la pubblicazione, per promuovere il libro?

"Il Sigillo del Vento" non è il mio primo libro edito. Il primo è "Uomini in bilico", un libro scritto a quattro mani con Marco Bonati che ha riscosso un discreto successo locale (a Parma). Questo libro è edito AndreaOppure Editore ma è stato stampato con un contributo di pubblicazione. Come immaginavamo io e Marco siamo stati seguiti molto poco sia durante la fase di editing che nella successiva fase di promozione ma abbiamo scelto questa strada perché erano ormai 6 anni che il libro era terminato e volevamo vederlo edito.
Con "Il Sigillo del Vento" invece credo che si sia trattato di pura fortuna. Il destino ha voluto che avessi un libro con una storia fantasy valida pronto proprio quando è nata Asengard Edizioni (anche se i racconti sono stati scritti in un arco di 8 anni). Dopo che Asengard ha deciso di pubblicare la mia opera ho lavorato assistito da validi editor che mi hanno dato suggerimenti, hanno chiesto delucidazioni e hanno fatto davvero un bel lavoro per migliorare la forma e la sostanza.
La fase di promozione mi ha visto partecipare a tre eventi. Il primo è stata la presentazione "ufficiale" in Feltrinelli a Parma con Mauro Raccasi (autore del ciclo dei Celti edito Piemme) che mi ha presentato ai numerosi intervenuti. Praticamente è stato il direttore di Feltrinelli a dare disponibilità al distributore che lo ha messo in contatto con Asengard e poi con me. Il secondo evento è una presentazione fatta a Milano alla ludoteca "Seconda Stella a destra" con Cristian Antonini (autore di "Legame Doppio", sempre Asengard), organizzata da Asengard e il terzo alla fiera della piccola e media editoria di Verona, sempre organizzata da Asengard. Altri strumenti di promozione sono stati Anobii e mySpace. Giusto ieri (9 aprile) ho rilasciato un'intervista per Teleducato (una emittente televisiva locale) che dovrà andare in onda tra qualche settimana.
Ho lavorato sodo scrivendo per dieci anni, buttando giù idee, personaggi, eventi. Con "Il Sigillo del Vento" mi è andata bene al primo colpo perché mi sono trovato al posto giusto, nel momento giusto, con una storia "giusta". Credo sia stato questo l'importante, dopotutto, ovvero che la mia storia fosse "valida".

Come sta andando "Il Sigillo del Vento?" Ha il successo che speravi?


Ti dirò, per ora stiamo andando bene con le vendite, le mie aspettative erano temperate dal fatto che sono un autore agli esordi e che Asengard era appena nata. "Il Sigillo del Vento" è nelle librerie da meno di un anno e la sua visibilità e disponibilità aumenta con il passare dei mesi: il cammino, insomma, è appena iniziato! In ogni modo, se non fossi stato soddisfatto, non mi sarei buttato nella scrittura de "Il Sigillo della Terra" (ormai di prossima uscita) e non avrei cominciato la correzione di alcuni futuri capitoli del terzo libro della saga...

Ci sono scrittori fantasy italiani che hai letto di recente? Quali sono i tuoi preferiti?

Per ora ho letto "L'abbraccio delle Ombre" di Ester Manzini (sempre Asengard) ma devo recuperare con altri autori quali Troisi, d'Angelo, Angelinelli, Falconi. Purtroppo il tempo libero è quello che è (lavorando come tutti i comuni mortali) e o lo dedico alla scrittura oppure lo dedico a letture "specialistiche": non è facile scrivere un libro prestando attenzione a non spararle grosse. Ne "Il Sigillo della Terra" ho descritto battaglie campali e assedi e ho dovuto studiarne la dinamica per non trovarmi a scrivere castronate (il che ha comportato la lettura di due volumi abbastanza corposi su assedi e armi d'assedio, sulla cavalleria, sulla scherma e sulle armi medievali nonché altre numerose ricerche). Posso dire però che il panorama del fantasy italiano si sta allargando sempre di più, rivelando autori di vero talento che sono superiori a certe produzioni anglofone che le grandi case continuano a prediligere agli esordienti italiani. Credo che gli italiani abbiamo storie validissime da narrare, i problemi sono la visibilità che riescono a ritagliarsi e la fiducia che viene concessa loro.

Ringrazio Uberto per la disponibilità e il tempo concesso a me e alle umili pagine del mio blog.
L'indirizzo della casa editrice Asengard è http://www.asengard.it/

martedì 8 aprile 2008

Galaxy Trucker


Decisamente fresco e simpatico questo gioco da tavolo proposto dalla Czech Games (purtroppo temo che sia solo in inglese, almeno per adesso). I giocatori devono trarre il massimo guadagno dai loro (pericolosi) viaggi interstellari irti di difficoltà micidiali (ma ci sono anche le occasioni di guadagno). La prima fase consiste nel costruire la propria astronave. Ogni giocatore ha una mappa con degli spazi da riempire e lì costruirà la propria nave usando delle pedine che rappresentano i vari componenti (motori, alloggi per l'equipaggio, batterie di energia, armi, magazzini per il carico, ecc...). La sessione di costruzione è a tempo (si usa una clessidra) e i giocatori si contendono i pezzi da un pool che serve tutti quanti, perciò c'è una notevole fretta, aggravata dal fatto che l'astronave bisogna costruirla come si deve, seguendo alcune regole e agganciando un pezzo con l'altro secondo la giusta combinazione di connettori (vedi immagine in basso). Dopodiché si compie la missione, in realtà molto schematica, con alcune carte da pescare e un tracciato che serve solo a registrare la posizione relativa dei giocatori (viene assegnato un premio a chi sta davanti, perché arriva "primo").
Nella missione può accadere un po' di tutto. Asteroidi e pirati possono danneggiare la nave, si possono caricare merci da pianeti che s'incontrano lungo il percorso, ci si può impadronire di mezzi abbandonati (ma bisogna avere abbastanza equipaggio per farlo!) e così via. I danni fanno "saltare" i pezzi che abbiamo sistemato con tanta pena in quel frenetico puzzle iniziale che è la costruzione della nave, e potete perdere qualsiasi struttura: armi, motori, magazzini con il prezioso carico, o anche alloggi con tanto di equipaggi al loro interno. Se siete abbastanza imprudenti o sfortunati, potrete vedere interi settori della vostra astronave perdersi nel nulla perché l'unico pezzo che li agganciava al corpo centrale è stato colpito!
Al termine del viaggio si incassano i pagamenti per la rapidità della missione e il carico sbarcato, e si pagano i settori danneggiati. Ovviamente, vince chi fa più quattrini, ma non alla prima missione: ci sono tre rounds, con navi sempre più complicate da mettere in campo.
Galaxy Trucker non sarà un capolavoro ma è un giochino azzeccato, un facile e divertente svago che mette a prova acutezza d'occhio e rapidità di pensiero: purtroppo non si possono applicare molte strategie, perché è molto in mano all'imprevisto.

venerdì 4 aprile 2008

Letteratura vera, e quella di Serie B

Nel corso di scrittura creativa offerto a poco prezzo dal Comune di Milano, ci fu un passaggio scontato ma che non poteva mancare: la diligente riaffermazione delle tesi di Benedetto Croce per cui la narrativa letteraria sarebbe superiore alla narrativa di genere (termine che evolve dal cosiddetto romanzo popolare ottocentesco e che include il giallo, il fantasy, l'horror e così via); la prima ha valore artistico, la seconda è invece stereotipata, ridotta a schematismi, volta a priori a sollecitare questa o quella pulsione nel lettore anziché appellarsi ad un senso estetico complessivo.

Ovviamente c'è tutta una teoria filosofica dietro all'estetica crociana, ma non ho intenzione di rifilarvela qui. Potrete approfondire meglio altrove, visto che per la filosofia ho moderate capacità e pochissima passione.

Ovvio corollario della critica crociana è che la letteratura di genere sarebbe grossolanamente commerciale. Per il nostro celebre intellettuale infatti l'arte è un'attività spirituale che deve avere la propria autonomia: libera dalla ricerca dell'utile economico, quindi, e anche dalla morale o dall'attività conoscitiva.
Per quanto riguarda il fantastico, il nostro aveva poche simpatie: poiché la cultura italiana nasce in un paese "solare," poco ci si adattano le brume nordiche popolate di spettri. Non ho la citazione sottomano ma per quanto ne so, posizione non molto diversa tenne prima di lui il Manzoni. Se la tesi sulla letteratura di genere può essere valida per chi la apprezza, che in Italia non si possa gradire il genere fantastico è opinione che non è più possibile sostenere. Il tempo, e la diffusione di fantasy e fantascienza, hanno fatto giustizia di certe frasi fatte che possono essere solo opinioni personali (magari anche illustri) e non dogmi. Persiste ancora, da parte di chi si occupa della letteratura alta, la facile equazione fantasy = merda (e lo stesso per la fantascienza).

Chissà se esiste ancora una letteratura alta esente da ogni costrizione commerciale, ci sarebbe da chiedere, dal basso del nostro sterco.
Quanto alla diatriba contro la letteratura di genere, mi prendo la briga di tradurre qualche riga dell'intervista a Patrick Rothfuss, autore de "Il Nome del Vento," un ottimo libro di genere, ne ho parlato non molti giorni fa su questo blog:
Ma cosa significa "libri di genere"? Col passar del tempo la definizione "narrativa di genere" m'irrita sempre di più. Sembra implicare che solo una, la "narrativa letteraria," sia la vera narrativa, e qualsiasi altra sia la sua cugina bastarda. Io dico, la narrativa letteraria è solo un genere come un altro. Ha le sue regole e i suoi difetti come qualsiasi altro. E come per gli altri generi, l'85 per cento della narrativa letteraria è merda allo stato puro. Pretenziose, autoreferenziali, manieristiche stronzate che trascurano ciò che dà valore a una storia. Parlo di buon uso del linguaggio, una buona trama, validi personaggi e, si spera, qualche contenuto di valore qua e là.
Ora, per evitare che mi si accusi di avere un pregiudizio, ci tengo a confermare che lo stesso vale per il genere fantasy. La differenza è che la narrativa letteraria tende a prediche noiose o storie prive di ogni vivacità, il fantasy tende a dei cliché, storie di stregoni malvagi che cercano di distruggere il mondo, di giovani principi il cui avvento era stato previsto da una profezia, Elfi con i loro archi, spade magiche, cupi vampiri, unicorni...

Non posso che essere d'accordo, ricordando però che anche i cliché possono essere reinventati, come lo stesso Rothfuss ha fatto.

Ora, però, se gli autori vogliono scrivere fantasy rifiutando di essere Serie B, cerchino di non scrivere "manieristiche stronzate".

Link: L'intervista a Rothfuss (in inglese); la pagina di Wikipedia su Benedetto Croce.