Riprendendo il discorso da dove lo avevamo lasciato: cosa dice la terza legge di Sanderson sulla magia? Una cosa importante, ma in verità riferibile anche ad altri aspetti di una buona ambientazione. E in parte sono cose di cui abbiamo già parlato qui. La legge dice prima di aggiungere qualcosa di nuovo espandi quello che hai. Se volete leggervela in inglese andate qui. Innanzitutto, è un invito per chi ha creato un mondo ricco e complesso a non seppellire il lettore riempiendo la propria narrazione con l'esposizione di questo bellissimo mondo. Il "worldbuilding" è necessario per una storia di argomento fantastico, ma una storia non ha bisogno di essere incentrata sul worldbuilding, salvo rare eccezioni.
Se si esagera si rischia di annoiare chi legge, e il risultato narrativo migliore non si ha raccontando "tanta roba," ma raccontando bene. In secondo luogo, e qui ci ricolleghiamo a ciò che abbiamo visto prima, chi scrive deve rendersi conto delle implicazioni del magico che ha creato, e analizzarne le conseguenze. Questo arricchisce l'ambientazione molto più che infilarvi a forza nuovi personaggi, nuove meraviglie, incantesimi e via dicendo.
Prendo spunto dalla "terza legge" per alcune osservazioni. Innanzitutto, ci sono mille e mille possibili sistemi di magia, e tanti modi in cui possono funzionare; chi non ha mai giocato a qualche videogame fantasy o letto i manuali di un GDR (Gioco di Ruolo) in tema magari si troverà a mal partito, ma è facile inventare questo tipo di materiale, o ispirarsi con i tantissimi spunti che ci sono in giro. Molto meno facile inserirlo tutto in una storia, per cui è consigliabile escludere a priori di farlo.
Bisogna poi chiedersi cosa è adatto specificatamente alla tua storia. Facciamo degli esempi. Vuoi creare una magia che esalti la comunione dell'uomo con piante e animali, con la natura? Questo indirizzerà fin dall'inizio molto del "look" dei praticanti (a meno che non desideri fare delle sorprese) e la natura della magia che useranno. Parleranno con gli animali e magari con le piante. Otterranno incredibili raccolti... o magari no, non coltiveranno la terra, ma ne riceveranno ugualmente i doni. Saranno in grado di curare le malattie, saranno più felici e sani sia di mente che di corpo, eccetera...
Vuoi creare oggetti magici, sfere di cristallo, bacchette magiche e così via, dotati di incredibili poteri? Bene, ma ci dev'essere un motivo per cui esistono, e qualcuno che li abbia creati. Devi rispondere ad alcune logiche domande: nel momento in cui la narrazione si svolge, è ancora possibile creare tali oggetti, o sono residui del passato? Chi li usa deve avere qualche tipo di preparazione per poterlo fare? E senza oggetti di questo genere (ipotizzando che siano smarriti o gli vengano rubati) un mago è ancora un mago, o si ritrova a essere impotente?
Hai deciso che la magia è un potere mentale posseduto dall'individuo, e quindi non necessita di gesti, conplicati rituali, oggetti magici o parole di incantesimo per essere praticata? Questo può avere delle conseguenze: innanzitutto la teatralità delle forme tradizionali del magico (gesti, riti, abracadabra e via dicendo) mancherà nella storia. E inoltre, se la trama prevede che il personaggio con il potere magico venga catturato, questo sarà più o meno impossibile o quanto meno poco credibile, perché senza avere un modo di bloccare la magia, che proviene completamente e solamente dalla mente del prigioniero, per non esserne colpito il carceriere non avrà altra scelta che ucciderlo.
Un consiglio sempre valido sui viaggi nel tempo: possono imbrogliare una trama in maniera imprevedibile, con i paradossi che ne derivano. Quindi vanno evitati o usati con molta attenzione, eventualmente limitandoli al massimo creando molti ostacoli al loro uso.
Comunque sia, la magia per essere inserita nella narrativa dovrà avere un legame con le culture, e i personaggi di cui si sta parlando. Un esempio sciocco tanto per chiarire: una cultura di nomadi guerrieri che vanno a cavallo e si dedicano alla pastorizia (i mongoli, per esempio) fanno pensare a un mago che abita in un castello tra strani artifatti e libri colmi di misteri? Penso di no. Sarà più facile avere sciamani che evocano gli spiriti del vento o dei monti, che guariscano le malattie del bestiame, che abbiano poteri magari sorprendenti, ma più simili a tradizioni che vengono tramandate oralmente che a qualche complicata scienza.
Dal momento che le possibilità narrative sono infinite, non è possibile approfondire più di tanto queste tematiche. Per dare qualche spunto: la magia può essere una forza benevola, oppure la sua natura dipendere (ad esempio) dalla natura della divinità che l'ha concessa. Può ovviamente essere una forza malvagia e spesso viene vista così. Questo può essere reso in diversi modi: la magia viene ottenuta evocando demoni o altre simili, ributanti, creature. E se la loro evocazione può essere già una faccenda pericolosa per chi la pratica, queste creature probabilmente richiederanno dei prezzi assai salati per dare il proprio aiuto. Sangue, letteralmente o in modo figurato (sacrifici umani). La libertà di compiere delle distruzioni nel mondo. Una influenza crescente sul corpo o sull'anima del mago.
Un esempio ovvio è quello del già citato Elric di Melniboné. L'eroe scritto da Moorcock ha a disposizione l'aiuto di divinità per lo più crudeli e malvagie, e l'equilibrio che (da un certo punto della sua storia in poi) il melniboneano vuol donare al mondo è comunque frutto di distruzione, necessaria perché un altro mondo possa nascere. La sua spada magica? In realtà è dimora di un demone crudele. Insomma c'è ben poco di allegro nel mondo di questo eroe.
Ma potremmo vederla anche completamente al contrario. Maghi o streghe che cercano di preservare antica sapienza e tradizione. Offrono uno dei pochi sollievi in un mondo in cui c'è poca cura per le malattie e poco freno alla malvagità dei potenti. Difendono la vita, creano benessere. Inefficaci e in realtà privi di vero potere sono invece i preti che danno la caccia a chi conosce la magia, perché la ritengono qualcosa di malvagio. Però attenzione, questo offre l'occasione per una riflessione sulle implicazioni delle scelte che si fanno. Lasciando da parte la "stregoneria" del nostro mondo e il perché è stata perseguitata, facciamo ora un'ipotesi: pensiamo a poteri magici che esistano per davvero. È facile immaginare che una categoria rivale, ovvero una casta di preti che non ottengono dalle divinità alcun reale potere, voglia eliminare i maghi. Per invidia, per non essere ridicolizzati in quanto impotenti, eccetera. Ma in un mondo di quel genere è probabile che altri potenti, ad esempio i nobili, decidano di preservare i maghi dall'ira dei religiosi per ottenerne i servizi.
Si potrebbe esaminare come la magia è stata interpretata da vari autori del fantastico, ma credo che chiunque abbia abbastanza interesse verso la materia da leggere questo articolo abbia già le sue letture ed esperienze in mano, perciò mi pare abbastanza inutile andare oltre le citazioni che ho già sparso qua e là. In questa trattazione ho cercato di esporre sia le possibilità che le difficoltà di una narrazione che includa il magico, e di dare qualche spunto di riflessione. Ogni libro o racconto è storia a sé, la magia può essere usata per creare atmosfere solenni o misteriose, drammatiche o terrificanti. È uno strumento attraverso il quale si possono costruire personaggi di grande spessore e situazioni interessanti. Tutto sta a comprendere quali problemi vadano risolti per parlarne senza creare incongruenze o incredulità nel lettore. Spero, in questo senso, di avere offerto argomenti di riflessione.
Qui trovate il primo articolo di questa serie e qui il secondo...
3 commenti:
Direi di sì, ci sono spunti di riflessione. In conclusione, mai cercare di stupire a tutti i costi, ma cercare di fare un buon lavoro con l'idea che si ha, svilupparla a dovere, altrimenti s'incappa in errori non di poco conto (come successo alla Rowling con i viaggi del tempo). Si veda Abercrombie: il mondo della Prima Legge è abbozzato, non approfondito, ma è una storia che funziona.
Della Rowling vorrei tanto parlare, ma ho subodorato che i suoi libri non fossero per me e non li ho mai letti. Abercrombie è bravo, le sue storie però sono più che altro "character driven," ovvero sa descrivere bene i personaggi, con i loro dolori e conflitti interiori, e con questa capacità ha creato alcune storie molto belle. Anche dove ho visto qualche difetto, non posso dire che ci sia alcun libro di Abercrombie che davvero fosse mediocre o dove non ci fosse qualcosa di buono.
Devo averlo già scritto da qualche parte, si tratta di uno scrittore che crea e modifica il mondo per farci entrare le narrazioni che intende scrivere, non è magari avvincente o ispirato al cento per cento nelle ambientazioni, ma conosce "le regole" e vi si adegua, pertanto grossi errori o incongruenze non ce ne sono.
Ecco, hai colto il punto: non ci sono incongruenze. Purtroppo, per quanto abbia apprezzato alcuni libri della Rowling (quattro su sette della serie HP), questa scrittrice d'incongruenze ne crea.
Posta un commento