venerdì 5 ottobre 2007

I confini della Fantascienza


Riflettendo sulle parole dell'intervista a Ridley Scott ("la Fantascienza è morta, come il Western"), penso sia chiaro che l'opinione del regista vada per lo meno interpretata. Da una parte il futuro ci riserva sempre qualche nuova trovata e quindi (a meno di un'epoca buia in cui la tecnologia venga dimenticata) si aprirà necessariamente qualche nuova occasione per immaginare e fantasticare sul domani: quindi la fantascienza si può continuamente reinventare. Le parole di Scott puntualizzano che "tutto è già stato detto," intendendo che il senso del meraviglioso e del mistero intorno ai viaggi spaziali è già stato sfruttato appieno da capolavori come 2001 Odissea nello spazio, ormai quindi non esiste più la freschezza dell'argomento, e gli effetti speciali la fanno da padroni. Sugli effetti non si può che essere d'accordo, ma questa è una malattia del cinema americano in genere; mi è più difficile commentare la presa di "2001" a modello e paragone perché è un film che non amo particolarmente (innegabile il fascino, ma sembra una di quelle opere furbette dove il senso del mistero rimane fine a sé stesso, perché in realtà non c'è nessuna grande verità da svelare). L'entusiasmo per i primi voli spaziali fu per la fantascienza, evidentemente, una spinta fondamentale ma che ormai possiamo ritenere terminata (la fantasia è già corsa troppo avanti rispetto alle modeste, scalognate possibilità tecniche); questo ha già causato un cambio di prospettiva ma non è stato la morte della fantascienza.
Ovviamente vanno riconosciute a Ridley Scott le sue ragioni se si osserva la stanchezza prevalente nel genere fantascientifico, che sforna film di cassetta ma poveri di creatività, ma affermare che "tutto è già stato detto" significherebbe limitare la fantascienza a certi cliché che si sono affermati nei tempi d'oro e ora si trascinano ritriti in opere visivamente fascinose ma stanche e vuote di fantasia.
In questa affermazione il regista fa torto a sé stesso, dal momento che anni fa con Blade Runner è stato artefice di una sterzata decisiva dell'immaginario fantascientifico (...se volete leggerlo, il link al mio post sul Cyberpunk è qui a destra), e l'ha fatto quando i santoni del cyberspazio non avevano praticamente ancora preso la penna in mano. Essendo stato un innovatore (rinnovatore) del genere, come può, mi domando, pensare davvero che per la fantascienza non ci sia più nulla da dire?

Questa premessa sull'opinione di un grande regista serve a focalizzare la domanda da porsi: quale sarà la prossima frontiera della fantascienza? Il Cyberpunk in un certo senso è diventato realtà, pur non essendosi avverato "letteralmente," perciò anche se non lo considero morto come qualcuno fa, credo che l'ispirazione debba venire da qualche cosa di nuovo. Ebbene, c'è una novità appetitosa che ci presenta la scienza: la ricerca della vita eterna, o almeno più lunga possibile. La fantascienza in verità se ne è già occupata, ma potrebbe ora avere buoni motivi per ritornare a farlo in quanto gli scienziati, se non hanno ancora realizzato gran che, sono però in grado, sembra, di cominciare a discuterne seriamente.
Questo perché la ricerca sulla genetica è stata uno dei grandi successi dei tempi recenti e ci si aspetta, ovviamente, che gli enormi investimenti diano enormi risultati.

Campare in eterno sì, ma come?
Il prolungamento della vita umana viene ricercato con diversi mezzi, uno dei quali, decisamente bizzarro, è quello di farsi congelare al momento del decesso sperando di essere resuscitati da qualche cura in un futuro più o meno lontano. Metodo già in uso, basta pagare e crederci. E mettere anche qualche soldo da parte, direi, se non si vuol rischiare di non essere mai recuperati perché non in grado di pagare la cura che potrebbe rimetterci a nuovo. Questa tecnica, anche se un po' rielaborata, è al centro del film Vanilla Sky, che sembra all'inizio una banale commedia con attori bellocci (Tom Cruise, Cameron Diaz...) ma si evolve in una trama interessante e originale; decisamente fantascienza, e di sicuro né logora né banale. E mi sembra giusto notare che quest'opera viene da Hollywood ma è il remake di un film spagnolo.
Ma poiché questo espediente è solo un modo di rimandare il problema e non di risolverlo, la soluzione vera si cerca, ovviamente, nella genetica. Interventi sul DNA, cellule staminali, biologia molecolare, ecc... Lasciando da parte le mie letture in merito (non sono del ramo, ovviamente, me ne interesso per curiosità e non potrei divulgare in maniera interessante...) potremmo riflettere, dal punto di vista delle opportunità per la fantascienza, sul come la longevità/immortalità verrebbe conseguita, e con quali influenze sulla società.
Sarà un privilegio per pochi ricchi? Ci saranno sventurati che vivranno per donare organi ai potenti? Verrà applicata una sorta di giustizia nel conferimento dell'immortalità (con la società di oggi non sembra probabile)?
Che aspetto avranno i longevi? Saranno persone che sfruttando un'evoluta scienza medica rimanderanno il normale decadimento del corpo, vivendo fondamentalmente una lunghissima vecchiaia, per quanto vigorosa? O potranno invertire il processo diventando dei centenari con un corpo giovanile?
Altre riflessioni potrebbero riguardare gli effetti della longevità sulla psiche. Ce la faremmo a lavorare in un noioso ufficio per 8 ore al giorno? Penso di no, ma probabilmente la vita lavorativa sarebbe diversa (ammesso e non concesso che la longevità venga estesa alle persone che fanno un comune lavoro in un noioso ufficio...). Vivendo molto a lungo la persona dovrebbe periodicamente riqualificarsi e studiare, o magari anche se guadagna bene cambiare mansione per forza, perché il vecchio lavoro è diventato troppo insopportabile. E quale divertimento resisterebbe all'erosione dei secoli? Immortale potrebbe magari significare inevitabilmente annoiato a morte...
Quali le conseguenze economiche ed ecologiche? Il mondo non rischierebbe di scoppiare, se ai milioni di persone che nascono ogni anno non si sottraessero più quelle che muoiono? Come si risolverebbe questo problemino da niente? (Domanda da brividi, questa). E se l'immortalità fosse priviliegio per pochi, il mondo non scoppierebbe, ma cosa farebbero gli esclusi?
Si apre una serie di ipotesi che possono far vacillare la mente. E' possibile che una nuova filosofia di vita, una nuova prospettiva sull'esistenza nasca dal semplice fatto di poter vivere a lungo. L'immortalità potrebbe diventare la madre di tutte le paure (lo stress di minimizzare il rischio di incidenti mortali, le contromisure per mettersi al riparo da violenza e omicidi, o dalla ribellione degli eventuali esclusi) o l'inizio di una nuova epoca di tolleranza e comprensione. E l'uomo potrebbe, nel processo di diventare immortale, trasformarsi in qualcosa di non più completamente umano.
Per ora possiamo solo fantasticare. Ma, a poco a poco, la scienza potrebbe cominciare a dare delle ipotesi ben determinate sulle nostre possibilità di diventare molto longevi o perfino immortali. E a quel punto, capiremmo che il lavoro della fantascienza è solo iniziato.

10 commenti:

Dario ha detto...

Anni fa un certo Larry Niven (scrittore)pubblicò il suo ciclo di Ringworld dove ipotizza un breakthrough tecnologico spaventoso nella chimica per cui l'umanità diviene in grado di sintetizzare anti-agatici in grado di bloccare completamente l'invecchiamento. Louis Wu (il protagonista del libro) e molti suoi compagni fanno uso di questa sostanza, una dose 'ferma' l'invecchiamento per 25 anni poi ne devi prendere un'altra. Chiaramente nel ciclo sono evidenziati i problemi di una Terra sovrapopolata che cerca scampo nella colonizzazione e Ringworld mondo realizzato con una bizzarra tecnologia è il luogo perfetto: ambiente abitabile con una superficie pari a milioni del nostro pianeta Terra. Ma non manca nel ciclo anche l'aspetto di una certa _noia_ nel poter vivere eternamente e non sapendo bene come riempire le ore di un giorno... Da quando ho letto quel libro mi sono sempre domandato se un giorno sarebbe stato possibile avere questo dono, in fondo è il desiderio di ogni essere umano, non invecchiare e morire. Nel libro si evince che la sostanza agisce dal momento in cui viene assunta per la prima volta per cui se la pigli a 25 anni e poi la prendi per sempre sarai eternamente 25enne nel fisico, a trenta o quaranta resterai così...
Se si scoprisse davvero una cosa del genere però nel momento qualsiasi in cui viene 'commercializzata' una grande parte della popolazione mondiale si troverebbe nella difficile scelta di vivere un'eterna vecchiaia o lasciarsi morire sapendo che i più giovani invece non solo hanno davanti tutta una vita ma ben di più... Questo aspetto non descritto del libro mi ha sempre un po' angosciato... L'idea che una cosa del genere (che chiaramente non esiste ora) possa essere scoperta quando 'non te la puoi più godere' mi spaventa.

Bruno ha detto...

Beh il libro più interessante è quello che non viene scritto, da quelli per cui la grande scoeprta arriva tardi, quelli che non avevano i soldi...

Anonimo ha detto...

Non credo che l'uomo in quanto creatura che vive di esperienza e ricordi riesca a sopportare mentalmente l'assenza di una prospettiva di evoluzione ed involuzione che sarebbe determinata dalla immortalità.
La stasi condurrebbe alla pazzia.
.:.

Bruno ha detto...

Credo di poter condividere. In un lungo periodo magari, dopo aver sperimentato tutto quello che c'è da capire e da sperimentare, l'uomo si potrebbe ribellerebbe perfino alla vita eterna.

Unknown ha detto...

Questo post mi ricorda la lettura di un libro di sf: Mindscan di R. Sawyer. La longevità è già entrata nell'immaginario fantascientifico. Sarebbe interessante anche qualche parallelo con il fantasy: chi di noi non si ricorda il Frodo che si imbarca per l'isola immortale degli elfi nel Signore degli Anelli?
Cmq il mio blog tratta anche di questi argomenti, se vuoi farci un salto ecco l'idirizzo:
http://beyond-human.blogspot.com/

Anonimo ha detto...

L'uomo è fatto per combattere, per risolvere i problemi, per sperare in un mondo migliore mentre si dibatte fra i suoi guai. Vive anche per far qualcosa di buono nel tempo che gli è dato, no? Dice giusto Hermans, senza tutto questo ci può essere solo pazzia.

Unknown ha detto...

Io penso che nell'ultimo quarto di secolo sia accaduto un fenomeno bizzarro. La fantascienza vera e propria sembra in crisi perchè ha donato sangue a tutti:
- al cinema non ufficialmente di genere sf (da "Truman Show" di Peter Weir a "Face/off" di John Woo, quanti sono i film a essersi abbeverati agli stilemi fantascientifici?)
- ai telefilm (basti citare Lost),
- alla narrativa mainstream (da Murakami Haruki allo stesso Philip Roth nel "Complotto contro l'America"),
- al fumetto (da Preacher alle rivisitazioni dei Super Eroi fino alle parodie di Rat-Man).
Ma, davanti a questo trionfo, la fantascienza letteraria "ufficiale" sembra/va in crisi. Fino ai simbolici premi Hugo (che negli anni Duemila sono andati una volta alla Rowlings e tre volte a Neil Gaiman, discreta lei e grandissimo lui ma entrambi autori non di sf e nemmeno di fantasy contaminata ma di fantasyfantasy). La sf rischia/va di avvitarsi attorno ad autori sempre più "difficili", che avevano smarrito la capacità dei Grandi del passato (mettere insieme piacere del racconto, audacia dei temi, originalità delle idee, ampia leggibilità pop/olare). Dov'erano finiti (per citarne solo qualcuno) i Dick Anderson Leiber Farmer Pohl Harrison Brackett Vance Tubb Sturgeon o anche i più sperimentali Hellison Ballard Brunner Zelazny Lafferty? Quasi tutti morti. E tanti autori "nuovi" si erano avvitati in testi troppo spesso autoreferenziali oppure fatti prendere in contropiede dalla nuova moda del fantasy.
Io non credo che la sf sia defunta: deve però tornare a gustare (e far gustare ai propri lettori) il sense of wonder dei grandi (e piccoli) libri del passato. Senza scopiazzarli ma riscoprendo il piacere della scrittura e della lettura. In questi tempi leggo il ciclo (iniziato negli anni sessanta e terminato un paio di anni fa) scritto da E. C. Tubb sulle avventure spaziali di Dumarest: in tutto 32 romanzi. Una meraviglia: il mito dell'Odissea che aleggia, idee che fioccano, ritmo, scrittura tagliente, ambientazioni bizzarre, scenari maestosi, un protagonista che cresce di volume in volume, trame solide e sottotrame ben oliate. Dopo tre pagine, Avatar è disintegrato con tutti i suoi occhialetti.

Bruno ha detto...

@ Luciano: sì, la gente sbadiglia spesso e volentieri a sentir parlare di fantascienza e poi non si accorge che è dappertutto. Ma forse è la promessa delle navi spaziali e dei mondi da colonizzare che è diventata ritrita, beffarda e vecchia, in effetti è come il selvaggio west, e diventata roba passata (senza nemmeno essere mai esistita davvero).
Non ci sarà mai più una illusione così forte?

Unknown ha detto...

E' come al cinema con gli effetti speciali: se ne abusi, dopo un po', nessuno li nota più. Ho l'impressione che la strada del 3d e degli effettoni speciali a tutt'alè eccetera eccetera sia un vicolo cieco.
Per quale motivo?
Perchè la meraviglia, lo stupore, l'effettone speciale perde del tutto il suo effetto quando me lo spaparanzi sotto gli occhi di continuo, ogni cinque minuti, ogni due minuti, in ogni sequenza, in ogni inquadratura, in ogni angolo di ogni fotogramma: così diventa "normale quotidianità". E a quel punto il gioco non vale più la candela.
Perchè a quel punto il vero EFFETTO SPECIALE SPECIALISSIMO ridiventerà una storia convincente scritta bene da un bravo sceneggiatore, diretta da un bravo regista e recitata da bravi attori. Alla faccia di tutte queste esibizionistiche cavolate tri/quadri/quinqui/dimensionali.
Lo stesso con la fantascienza in generale, anche quella letteraria: alla fin fine il più grande effetto speciale, il maggior risultato di sense of wonder (quello che ti lascia per davvero a bocca aperta per lo stupore) lo darà qualcosa che tu non vedi ma solo immagini e che mette in moto le tue sinapsi. Un esempio: alla fine dell'OMBRA DEL TORTURATORE di Gene Wolfe appaiono le immense mura della città di Nessus. Nessun film, nessuno scenografo, nessun effetto speciale a tre o sette dimensioni, nessun regista potrà mai uguagliare le mura proiettate da me nella mia mente. Insomma, credo che la fantascienza debba ritrovare la freschezza narrativa di un tempo unendola alla sapienza stilistica di adesso, miscelandole con l'umile e orgogliosa consapevolezza di un grande narratore mainstream come William Somerset Maugham. Quando gli chiesero: "qual'è lo scopo di uno scrittore?", lui rispose: "costringere il lettore a voltar pagina"
http://lucianoidefix.typepad.com

Bruno ha detto...

Gli effetti speciali hanno già mostrato l'influsso (negativo) che esercitano sul cinema specialmente USA. Ovvero, permettono di risparmiare sul cervello mostrando la grafica. Non nego l'effetto che mi ha fatto Avatar, ma quando sarò abituato a scene così avvolgenti e realistiche tornerò ancora a volere una storia avvincente.
Vedevo per caso giusto ieri una puntata del vecchio telefilm inglese UFO. Sebbene gli effetti speciali facessero ridere, e forse le puntate siano troppo lunghe per il ritmo di oggi, le migliori sono ancora bellissime per la recitazione e le storie.
Certo, le vidi per la prima volta quando la meraviglia per le imprese spaziali era al suo apice...