venerdì 14 novembre 2008

Il fantasy è conservatore?

Questione che ritengo noiosissima, in realtà. Perché se anche il fantasy conservatore lo fosse davvero, è un genere così vasto (e se inteso come fantastico in generale, anche più vasto) che gli si può dare volta per volta il significato che si vuole.
E perché si confonde facilmente la volontà di alcune ideologie di farlo proprio con la natura del fantasy in sé.

La questione si fa ancora più noiosa quando la prendono in mano quelli che conoscono solo il fantasy medievaleggiante alla Tolkien e ritengono che da lì si possano trarre conclusioni su tutto quanto. Pensando che ci sia sempre una lotta del bene contro il male, che ci siano sempre forti valori di riferimento, grandi eroi, razze come quella degli elfi, portatrici di valori "inerentemente" positivi o al contrario gli orchi "cattivi" ecc...

Diciamo che se il fantasy coincidesse con l'immaginario di stile tolkieniano attribuirgli una natura conservatrice non sarebbe affatto fuori luogo. Facendo attenzione al significato che vogliamo dare a conservatore. In Tolkien esiste un antimodernismo (piuttosto velleitario?) che a molti "conservatori" non piacerebbe affatto. Non mi va comunque di far coincidere il pensiero sul fantasy che va per la maggiore con l'opinione su tutto il genere. La troverei una semplificazione imbecille.

Così come si ragiona (?) in Italia, c'è poi il grosso pericolo che conservatore diventi sinonimo per merda, o qualcosa di simile. Non sono necessariamente d'accordo.

Cerco di buttare lì una ipotesi. Che parte dall'osservazione delle... copertine dei libri. Nel fantasy ci sono generalmente persone, in copertina. E ciò che fanno o decidono le persone nel fantasy ritorna ad essere la fabbrica del futuro e del destino. Anche se non sempre nel fantasy ci sono enormi destini in ballo, c'è sempre almeno quello del protagonista, lì, in bilico magari, ma che si può riprendere in mano.

Nel mondo moderno l'arte classica è stata violentemente ammazzata, non c'è più spazio per la grazia delle proporzioni e l'ammirazione della bellezza. Non c'è più spazio per gli eroi sul cavallo con la sciabola sguainata. E' arrivato un modo di esprimersi molto più astratto e ha spazzato via tutto quello che c'era prima. E la macchina può riprodurre in un secondo ciò che una volta richiedeva tempo, e una infinita bravura artigianale (vedi ad es. la fotografia). Nel mondo moderno, la figura umana non è più al centro della rappresentazione. E anche la decisione del destino diventa un fattore di masse e di processi sociali studiati scientificamente.

Addirittura con il pensiero psicanalitico l'uomo non è più nemmeno, come si diceva, padrone a casa propria. Scopre di agire in nome di pulsioni che non controlla e generalmente nemmeno conosce.


Fermo restando che è una generalizzazione anche questa, il mondo fantastico che mi presenta fin dalla copertina l'eroe con al spada in pugno o padrone di arcani poteri, torna a presentarmi la persona al centro delle cose.
La persona che torna a battersi, ad essere protagonista, a plasmare il destino con le sue virtù individuali, a essere padrona di vivere di scelte nette.

Non vedo il punto nel cercare una ideologia nel fantasy e nel fantastico, con la pretesa di appiopparla a tutto il genere. E trovo penosamente ridicolo il targarlo di destra o di sinistra. Ma nel ritorno del fantasy all'individuo mi sento di sospettare che ci sia un nucleo che accomuna, estremamente diffuso nel genere e difficilmente confutabile.

Un sentire non moderno, forse, ancora più che conservatore. Un volersi riprendere quello che la modernità e un mondo anonimo e senza più misteri ci hanno portato via.

Ma non so se questa sia una ulteriore, eccessiva semplificazione. Voi che ne pensate?

25 commenti:

Anonimo ha detto...

E' una questione puramente italiana.
Negli anni 60/70 la sinistra (italiana) valutava il verismo, il realismo e l'impegno documentaristico dell'opera un fattore importante e snobbava come "borghese" il fantastico (solo anni dopo avrebbe "scoperto" borges ed il realismo fantastico sudamericano)
Cosicche', quando Rusconi pubblico l'opera di Tolkien, essendo Rusconi casa editrice "di destra" le destre (italiane) si appropriarono del fantastico fino ad arrivare ai campi hobbit...
Da li nacque questo equivoco. E' curioso come solo in Italia vi sia questa futile polemica.
Partendo da quell'episodio per parecchio tempo la letteratura fantastica venne considerata "roba da fasci" e ci volle il lavoro di Curtoni e Montanari con la rivista "robot" per sdoganare a sinistra il fantastico. (ovviamente con nomi come Moorcock, Le Guin, Tenith Lee...

Bruno ha detto...

Sì, ma qui mi interessa un altro aspetto del discorso, non quello destra/sinistra ma quello sul conservatorismo del fantasy.

Anonimo ha detto...

Bene. Appurato che non e' questione destra/sinistra, allora mi accingo a dire la mia.
Il fantastico (e di conseguenza fantasy/fantascienza e tutti gli altri possibili generi ) e' conservatore.
Non potrebbe essere altrimenti: le sue radici stanno in quel calderone che Jung chiamava "inconscio collettivo".
O Eliade, o Todorov, scegli tu.
Una sorta di memoria mitica filogenetica che si autoperpetua, dai racconti di fantasmi e magia narrati al fuoco di accampamenti nomadi alle opere odierne di Moorcock o di Peake (mi piacciono).
Harry Potter e' sempre la stessa storia ripetuta, re-inventata da migliaia di anni.

Sempre IMHO

Bruno ha detto...

Cavolo, ti sei preso una bella responsabilità, hai dato il benservito a quelli che pensano che la fantascienza sia, invece, progressista.
Però se raccontare un'avventura ci fa sempre pescare in 'sto calderone di inconscio collettivo, la cosa in sé non dovrebbe essere né conservatrice né progressista... o no? Ammetto di intendermene poco, che Jung mi sta pesantemente sulle palle e degli altri so poco o niente.

Anonimo ha detto...

Nessuna arte e' progressista.
L'arte e' rappresentazione.
La rappresentazione e' un codice interpretativo condiviso (e quindi conservatore).
Il solo progresso e' lo scardinamento del codice. Ma lo scardinamento non e' arte.
Quando lo scardinamento diventa accettato e condiviso (esempio il tentativo di fare diventare arte i disegni su i muri dei vari taggers) diventa necessariamente una conservazione.
L'industria dell'arte ha digerito il siluro scardinante e lo ha reinventato creando concezioni estetiche ad hoc.
Ovviamente l'arte conservatrice puo' essere portatrice di messaggi politici o sociali progressisti.
Ma ogni forma di espressione artistica, finche e' tale e' solo conservatrice.
Solo lo sberleffo, la cacca o l'idiozia sono progressisti.
Quando sono assunti ad arte (anche minore) sono la conservazione di un codice definito.

sempre emmeesse, ma non avevo voglia di loggarmi

Bruno ha detto...

Beh, mi sembra che la tua definizione da una parte sia in una botte di ferro, dall'altra però dia tutta l'importanza al significante (codice interpretativo) a scapito del messaggio...
Ma mi fermerei qua, che la filosofia mi trascina sempre in praterie di tedio sconfinato...(chissà se questa è arte).

Anonimo ha detto...

apprezzo il coraggio di definire il genere dalle copertine, e sono d'accordo con te sulla marginalità, tutto sommato, della questione destra vs. sinistra (anch'io ero partito di là, poi abbiam finito di parlare d'altre cose).

dici bene sul conservatorismo, perché per certi aspetti tolkien è stato assai innovativo (perdere qualcosa?) e poco imitato. è stato imitato per il peggio di quel che ha scritto, ma forse allora non era il peggio.

correttamente argomenti "la persona che torna a battersi", ad essere al centro delle cose. se torna, c'è già stato, allora, forse, non è innovativo ma conservatore (mos maiorum?).

veramente, però, il punto interessante del tuo post mi pare: "cosa significa conservatore?"
possiamo ad esempio distinguere un conservatorismo nel modo di narrare (moorcock vs., per dire, moers) da uno in quel che si narra (gemmel, eddings vs. tolkien) da quelli che sono i valori trasmessi o, in altri termini, l'apparato teorico/ideologico, che può essere valutato in relazione a quelli coevi dell'autore (tolkien vs. moorcock o meglio ancora pullmann) oppure rispetto alla questione più generale di una comunicazione, significato etimologico, di un tale apparato in un'opera di narrativa (troisi, gemmel, eddings, brooks, mille altri vs. tolkien, moorcock, pullmann, pratchett, pochi altri).
in tutti questi casi esistono soluzioni conservatrici e soluzioni non conservatrici indipendenti, per quanto riguarda la fruizione nel breve periodo, dall'efficacia e dalla godibilità.

ops, devo fermarmi qui.

(posso intendere questo post come una ideale risposta al mio su destra e sinistra? ;) )

Uberto Ceretoli ha detto...

Secondo me noi italiani ci facciamo un sacco di viaggi mentali assolutamente inutili.
A parte che, prima, bisognerebbe disquisire sulla posizione di "conservatore" nel continuum ideologico: parliamo della triade reazionario/conservatore/progressista oppure parliamo del dualismo conservatore/progressista? C'è una bella differenza.
Ma la vera questione centrale non è questa, ma un'altra: come si fa a definire "conservatore" un genere? Il genere è un'etichetta e "fantasy" è quella che diamo a un certo tipo di opere ma non ne identifica il contenuto. E' su tale contenuto, è sul MESSAGGIO che potremo discutere dell'orientamento ideologico (chiamiamolo così) di un'opera, non certo sul proprio genere.
Se in un romanzo fantasy parlo del trionfo di personaggi anarchici che spezzano tutti i rapporti della loro precedente società giungendo a un nuovo e più giusto equilibrio dove non esistono più orchi, elfi, nani, umani, ma soltanto fratelli che devono dividersi in modo uguale le risorse produttive ho scritto un romanzo "conservatore"?

Bruno ha detto...

@alladr: le copertine erano solo il pretesto per introdurre un nuovo punto di vista ma grazie per i complimenti al mio "coraggio" :)
Comunque la questione è in effetti insolubile, come tutte le masturbazioni mentali che si rispettino: inutile cercare un denominatore comune volando dai discorsi "a priori" di emmesse, alla semplice interpretazione del significato, alla mia interpretazione del modo "antiquato" di porsi dell'individuo, come individuo.
Però il post non è una risposta diretta al tuo, anche se la faccenda del destra sinistra non ha per me motivo di esistere. La questione me la pongo da tempo, ma in altri termini, e come ho detto prima, per me conservatore non dovrebbe essere necessariamente sinonimo di merda.
@Uberto: io sarei anche d'accordo ma la questione viene posta anche in modo sottile, e sottilissimo, riguardo al mezzo espressivo più che a quello che s'intende dire. Vedasi il precedente intervento di emmeesse: inattaccabile, se si accetta di combattere esclusivamente su quel territorio, no?

Uberto Ceretoli ha detto...

Mi scappa da ridere. D'accordo, combattiamo sul terreno di emmeesse.
Se il fantastico è conservatore perché attinge all'inconscio collettivo a questo punto anche tutta la letteratura è conservatrice e anche tutto il processo comunicativo è conservatore.
Lo stesso spunto istintivo dell'uomo a comunicare sarebbe conservatore, se non fosse che non può esserlo perché dal punto di vista evoluzionistico prima non c'era e quindi quando è nato (lo spunto comunicativo) è stato per forza di cose rivoluzionario.
Lo stesso istinto a creare una storia è per forza di cosa rivoluzionario e non conservatore perché tende a creare qualcosa di nuovo.
In ogni modo continuo a ripeterlo: ci stiamo facendo problemi inutili.
Il fantasy è un'etichetta che i nostri cervelli utilizzano per categorizzare i libri in base alle sue caratteristiche specifiche, non al contenuto.
Non possiamo stabilire che un libro o un genere sono conservatori in base all'inconscio collettivo che ne ha spronata la creazione.
Se il fantastico è conservatore allora anche "La città del sole" di Tommaso Campanella è conservatore, il che, permettetemi, non mi sembra proprio...
Per quanto riguarda il ragionamento di emmeesse nel territorio comunicativo/psicologico e dell'espressione, ebbene è un punto di vista che non riguarda la dimensione trattata. Un libro è uno strumento con cui una persona veicola un messaggio. La stessa storia, gli stessi personaggi sono stati messi nella storia per veicolare un messaggio. un'opera deve essere giudicata in base a questo.
Immagina di essere nel territorio di emmeesse. Se ti chiedessi com'è un libro che mi hai appena letto, tu mi risponderesti così: il libro è la solita solfa, ci sono un protagonista e un antagonista. C'è un evento scatenante con cui l'antagonista mette in difficoltà il protagonista. Questi viene poi aiutato da alcuni co-protagonisti e ostacolato da alcuni co-antagonisti. La storia si svolge con un inizio, uno svolgimento e una fine. Un pessimo libro, tutta roba già vista.
;-)

Bruno ha detto...

@ Uberto: mi vien quasi voglia di darti ragione ma si scivola in territori dove è impossibile parlare di ragione e di torto, o raggiungere conclusioni di qualsivoglia utilità, perciò a questo punto mi ritiro augurandomi che questa discussione si autoestingua...
:)

Anonimo ha detto...

In realtà, il fantasy "medievaleggiante" è nato con William Morris. E non mi pare che William Morris ( http://it.wikipedia.org/wiki/William_Morris ) possa essere definito un conservatore. E' lo stesso Tolkien a dire che si rifà a Morris come stile.
Secondo me il punto è che ogni autore, nel genere fantasy, lascia notevoli tracce del proprio pensiero.
Il vero problema è che l'attività di William Morris come autore fantasy in Italia è praticamente sconosciuta.

Bruno ha detto...

Appunto, bisognerebbe seguire l'opera (che io non conosco). Senza riscontri, il fatto che questo scrittore sia stato socialista, progressista ecc... ecc... non toglie necessariamente che possa aver scritto del fantasy passatista e consolatorio.

Anonimo ha detto...

L'aspetto "passatista" in certe cose di Morris c'è. Chiaramente.

Ma "passatista" non vuol dire conservatore.

Per fare un esempio "per paradosso", Verga, con quel che ha scritto, dichiarò di essere conservatore e reazionario.

Oppure, per tagliare la testa al toro, Tolkien si definiva anarchico (dal punto di vista filosofico, beninteso; in Inghilterra penso che per un cattolico non potrà mai più essere salutare definirsi "anarchico" e basta).

Solo che se parli di mondi "simil-passati" giocoforza ne dai un ritratto o positivo o negativo; e i tratti negativi ci sono in Morris: è positivo il piccolo regno, è positiva la piccola cittadina, ma ci sono regni negativi, e la cosa più positiva è la "simil-comune" di contadini, che proprio passatista non è.
Anche in Tolkien, ci sono cose positive e cose negative sia "passate" sia "moderne": i fuochi artificiali di Gandalf sono positivi, non sono positivi i fuochi di Saruman, ma sempre polvere da sparo è.

Bruno ha detto...

@ Angelo: con tutto il rispetto per ciò che Tolkien diceva di se stesso, non posso che considerarlo conservatore - e non è un insulto, ripeto.
Sul perché Verga si dichiarò come si dichiarò, non ho idea; potrei immaginare che le idee "liberali" che vedeva lentamente affermarsi non avrebbero che portato nuove delusioni e nuove fregature per il popolino che non sapeva approfittarne, e a cui in fondo poteva perfino convenire fermarsi a "festa, farina e forca". Ma non so se questo fosse il pensiero di Verga: so che molti hanno visto il progresso con un simile scetticismo, e potrebbero non avere tutti i torti.

Anonimo ha detto...

Non è fondamentalmente vero.
Uno dei libri fantasy più famosi al mondo cioè, il mago di OZ è decisamente progressista dato che rappresenta una svolta ipotetica socialista in USA (Dorothi è una bambina che cammina su un sentiero d'oro che non la porterà a nulla..)
secondariamente, Barker Pratchet, e tutti gli altri autori veramente degni del fantasy contemporaneo scrivono libri che non sono solo di sinistra ma decisamente progressisti con protagonisti omosessuali oppure drogati oppure anarchici, ecc.
Tolkien non ha inventato il fantasy, è un esempio (anche abbastanza noioso) di fantasy, che secondo le stesse parole dell'autore non vuole essere assolutamente simbolico, e se bene andiamo a vedere, non c'è nulla di più lontano dall'eroe "conservatore" di Bilbo che pone grande enfasi sul criticare i costumi dei suoi simili ritenuti nulla di più che sciatti contadini, tralaltro chi ha detto che il progressismo non ha valori etici? Un ribelle contro un oscuro sovrano è un rivoluzionario e un progressista.

Bruno ha detto...

@ Himbro: sono d'accordo, non è fondamentalmente vero. Diciamo che qualche volta è vero...

Unknown ha detto...

Aggiungo solo qualcosa su Tolkien al commento di Himbro (che condivido in gran parte).
Del ciclo del SIGNORE DEGLI ANELLI (che anch'io trovo molto sopravvalutato rispetto alle sue oggettive qualità) si impadronì la destra italiana negli anni Settanta. Ciò accadde per vari motivi: la stupida e spocchiosa ignoranza di molti che (a sinistra) consideravano fantascienza e fantasy roba per analfabeti e/o frustrati. A quel punto i fascisti nostrani acchiapparono gli hobbit la Compagnia dell'Anello cercando di farli propri. Ma dimenticando molte cose: Tolkien era un conservatore inglese cattolico che amava la tranquillità della rispettabile, borghese e pacifica vita inglese e detestava la violenza e guerriera neopagana del nazifascismo, basti pensare a nomi come i nazgul (creature malvage), il suo libro è contro il Potere e dunque contro il Terzo Reich e ogni altro imperialismo, la Compagnia dell'Anello (uomini, hobbit, nani, elfi) è quanto di più multietnico e meno "ariano" si possa immaginare.
Certo: esiste un filone fantasy di destra reazionaria, inzuppato di elementi fascistoidi, autoritari e maschilisti. Ma vi è molta altra fantasy ben diversa, libertaria e progressista, da Barker a Leiber, da Martin a Tanith Lee, dalla Le Guin a Mieville, da Moers a Pullman, da Gaiman ad Alan Moore.
Un po' come accade nel campo della fantascienza o del giallo o dell'horror (dove da sempre convivono, a volte scontrandosi) autori e opere di opposto orientamento, politico e letterario, stilistico e filosofico. Ma tutto ciò non mi scandalizza: contribuisce ad arricchire un genere.

Bruno ha detto...

@ Luciano: sul discorso dell'appropriazione di Tolkien, quello che dici è vero (ne ha parlato anche Fantasy Magazine in un recente approfondimento).
Il discorso comunque esula dalle cosette che succedono in Italia ed è a un livello più profondo. Ci si chiedeva se l'esplorazione di mondi fantastici e di personaggi ed eroi altrettanto immaginari sia di per sé un qualcosa di conservatore, una fuga dal mondo sociale ecc...

Domanda che non nasce da quando l'ho scritta sul blog: è un quesito che salta fuori a ogni pié sospinto. Forse perché il fantasy è automaticamente associato a Tolkien.
E forse la domanda fu posta per la prima volta quando ci si poteva fare qualche illusione di progresso nel reale. Adesso estraniarsi da quel che succede nel mondo reale potrebbe essere l'unico atto di volontà progressista ancora concesso.

Scherzi a parte la mia opinione (come scrivevo nel post) è che il fantasy possa portare avanti qualsiasi tematica, ma forse è nostalgico nel restituire (non dico che succeda sempre, ma è tipico) alla figura umana e all'umana volontà il ruolo di protagonista che il mondo spersonalizzato di oggi le ha tolto.

Unknown ha detto...

Messa così, ti do almeno in parte ragione: il fantasy NON segue in alcun modo la lezione del realismo secondo il filosofo e critico marxista Gyorgy Lukacs ("personaggi tipici in situazioni tipiche", tali da rappresentare la società reale). In più, il fantasy privilegia l'azione individuale (o al massimo di un gruppo di personaggi) rispetto alle dinamiche sociali, economiche e storiche. Anche se alcuni autori "giovani" (penso a George Martin o China Mieville) tengono ampiamente conto dello scenario collettivo, nel quale si inserisce l'azione del o dei protagonisti.
Altra questione: il fantasy è nostalgico di un Ordine Tradizionale e Gerarchico che il finto progressismo avrebbe infranto? Sì e no, dipende. Autori come Gene Wolfe, Leiber, Mieville, C. S. Lewis, Martin, Gaiman, Le Guin, Farmer, Pullman e tanti altri certamente no: sono convinti che compito degli esseri umani sia tentare di introdurre nel mondo più giustizia, più uguaglianza e più libertà, anche tra uomini e donne, spezzando le molteplici caste che un tempo opprimevano l'umanità e ancor oggi continuano a farlo. In tal senso, questi e altri autori respirano a pieni polmoni idee e princìpi non certo reazionari (anche se con grandi differenze politiche e di fede: ad esempio Lewis era un conservatore inglese e Martin un liberal americano, Lewis un cristiano e Pullman un ateo) o rinunciatari.

...ma anche l'ormai scomparso Fritz Leiber)

Bruno ha detto...

@ Luciano: oddio non conosco la tesi di Lukacs anche se so chi è ma penso ci siamo capiti: il fantasy è ancorato al mondo "che ha bisogno di eroi", concezione del mondo che oggi è piuttosto nostalgica e passata.
Quanto a Miéville che da parte sua difende il fantasy dall'accusa di conservatorismo nelle trame (mi riferisco a una intervista presente in rete) nell'unico libro che ho letto non ci presenta alcun vero eroe e nessun lieto fine. O forse anche questo è discutibile...

La questione della nostalgia di un ordine gerarchico verte sempre sul solito equivoco: di fantasy simile (dove si parla di sovrani giusti e di un passato che era migliore e ahimé non tornerà più) ce n'è una marea ma questo non autorizza nessuno a dire che il fantasy sia solo questo. Anche perché le eccezioni sono molte e quindi la vedo come tesi buona solo per chi ha una conoscenza perfino men che superficiale del genere.

Unknown ha detto...

Non te l'ho ancora chiesto: tu hai letto il MIO ciclo preferito in assoluto-assolutissimo? E cioè i quattro romanzi di Gene Wolfe (L'ombra del Torturatore, L'artiglio del Conciliatore, La spada del Littore, La cittadella dell'Autarca)?
Usciti negli anni Ottanta, apprezzatissimi dalla critica, pluripremiati, li ho letti più volte (e sempre scoprendoci cose nuove come nei libri veramente grandi). Ne ho parlato in varie occasioni anche sul mio blog: http://lucianoidefix.typepad.com/nuovo_ringhio_di_idefix_l/2008/05/lombra-del-tort.html.
Se non li conosci, te li consiglio con tutto l'entusiasmo che posso inserire in un commento web.


http://lucianoidefix.typepad.com/

Bruno ha detto...

Per molti anni sono stato assolutamente ipnotizzato dalla quadrilogia di Gene Wolfe (ma il quinto libro è decisamente sottotono). Poiché è passato del tempo i vari livelli di lettura e misteri da scoprire adesso mi sono abbastanza ostici (e resto stupefatto a leggere l'interpretazione del mondo di Urth sul supplemento New Sun per il gioco di ruolo GURPS, ci sono cose che non avevo mai capito davvero) cmq ricordo come la prosa di Wolfe, pur densa e talvolta pesante, mi avesse intrappolato.
Ma stiamo andando decisamente off topic...

Unknown ha detto...

Condivido: il quinto romanzo (scritto only for the money) è inutile e bruttissimo. In più, ti ho portato (ma la colpa è solo mia) fuori tema.
Comunque, sul mio http://lucianoidefix.typepad.com/ ho linkato questo tuo ottimo blog.

Bruno ha detto...

Link ricambiato :)