venerdì 9 febbraio 2018

Cinquanta anni fa: Tet!

In questi giorni, cinquant'anni fa, avveniva la più strana delle offensive militari, intendo dire strana per le sue conseguenze.
Io me ne sono occupato perché sono appassionato di storia e di storia militare, ma credo che chi, a qualsiasi titolo, sia interessato alla narrazione e al "worldbuilding" ovvero alla costruzione di una ambientazione, troverà la storia dell'offensiva del Tet ricca di spunti interessanti.

Questa offensiva, che portò a una serie di battaglie, fu il punto di svolta della Guerra del Vietnam, stroncando definitivamente la voglia degli Statunitensi di rimanere nel conflitto. Il paradosso è che, pur riuscendo ad avere alcuni spettacolari successi iniziali, i comunisti persero un intero esercito nel corso delle varie battaglie che costituirono l'offensiva, eppure questa mossa li portò alla vittoria nella guerra.

Giustizia sommaria contro un guerrigliero

Un conflitto di escalation. Parlare della Guerra del Vietnam è un argomento che mi affascina ma è molto lungo. Il conflitto ha radici lontane, nell'opposizione dei Vietnamiti sia al colonialismo francese sia ai nuovi padroni giapponesi che si erano installati nel paese poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Gli USA appoggiarono i Vietnamiti, egemonizzati dai comunisti, contro i giapponesi. Dopo la fine della guerra (1945) i Francesi tornarono a riprendersi la loro colonia ma i combattenti vietnamiti si rifugiarono in Cina, dove si prepararono per la rivincita. Alcuni anni dopo tornarono all'attacco, recuperarono parte del territorio; i Francesi si giocarono il tutto per tutto in una grande battaglia (Dien Bien Phu, 1954), persero e dovettero lasciare il paese. L'occidente avrebbe dovuto lasciare perdere, probabilmente, a questo punto. Invece no. Si creò un Vietnam del Sud, anticomunista, con una forte presenza di cattolici fuggiti dal nord. Il Vietnam del Nord, comunista, era intoccabile, protetto dalla Cina e dall'Unione Sovietica.

Pertanto per anni continuò lo stillicidio di azioni di guerriglia, con il Vietnam del Sud, ora paese protetto degli USA, infiltrato da agenti, combattenti, armi e munizioni provenienti dal nord e, in ultima analisi, dalle superpotenze comuniste e dai loro alleati. Ad un certo punto il presidente Johnson decise di inviare truppe da combattimento vere e proprie per impedire che il Vietnam del Sud cadesse: era il 1965 e la decisione del presidente americano e dei suoi consiglieri militari non fu presa alla leggera, anche se Johnson aveva più a cuore le questioni sociali e razziali del suo paese che non una questione locale come il Vietnam.  Però il presidente e il suo entourage sbagliarono tutto lo stesso, a cominciare dall'uomo scelto per affrontare il problema...

Westmoreland

Venne data carta bianca al generale William Westmoreland, quello del "body count," metodo che forse avete sentito nominare. In pratica venivano redatti dei rapporti in seguito a ogni azione o rastrellamento, per mostrare al pubblico, con prove o con stime, quanti comunisti fossero stati uccisi, quante fossero le perdite USA eccetera. Esercizio macabro e fondamentalmente inutile, perché molti Vietnamiti consideravano (a torto o a ragione) questa come una guerra di liberazione ed erano pronti a sacrificarsi. Le perdite USA anche se poche (e nemmeno così poche) erano molto più sofferte.
Purtroppo Westmoreland era un generale convenzionale, di limitate risorse intellettuali ma molto bravo a farsi largo nei giochi di carriera, e con il brutto difetto di falsificare i dati e di mentire se gli conveniva. Insomma l'ultimo che sarebbe stato utile in una guerra dove servivano tecniche e idee nuove.

In realtà, mentre i numeri raccontavano di una guerra che lentamente sarebbe stata vinta, i guerriglieri del sud (Fronte di Liberazione Nazionale chiamato dagli occidentali "i Vietcong") sostituivano facilmente le loro gravi perdite, e continuavano ad attaccare e a controllare il territorio. Se anche molti guerriglieri morivano contro lo strapotente esercito USA appoggiato da una forte aviazione, nessuno impediva ai comunisti di estendere la loro amministrazione ombra alla maggior parte delle campagne e perfino dentro le città, nonostante la presenza di tanti soldati.

Quanto ai Sudvietnamiti, in questa fase del conflitto il comando USA non li equipaggiava bene, perché li considerava inetti, inaffidabili, corrotti e infiltrati dal nemico. Tutto vero. Però, facendo così, quel conflitto non restava il conflitto dei Vietnamiti: lo si faceva diventare il conflitto degli Statunitensi, e sarebbe stato molto difficile venirne fuori con la reputazione intatta.

Proteste

Cinquant'anni fa, nel 1968, la leadership comunista decise di fare un salto di qualità e di lanciare una offensiva decisiva, questa volta con l'appoggio di numerose forze Nordvietnamite ai guerriglieri del sud (i Vietcong). Per la prima volta, i comunisti, nella speranza di infliggere un duro colpo soprattutto ai Sudvietnamiti, decidevano di combattere come avrebbero preferito i loro nemici.
Gli obiettivi poco realistici ma ambiziosi, e la vastità dell'offensiva, fecero sì che, per quanto l'intelligente USA avesse captato qualcosa, l'assalto fosse una vera sorpresa.

Vicino al confine con il Vietnam del Nord venne attaccata la base dei Marines a Khe Sanh. Un po' più a sud l'antica capitale del Vietnam, Hue, venne occupata e tenuta per diversi giorni, con le truppe USA e Sudvietnamite che cercavano di  contrattaccare mentre i comunisti compivano grandi stragi di civili. Ci fu una battaglia a Saigon (capitale del Vietnam del Sud) dove venne attaccata l'ambasciata USA grazie anche all'inettitudine dei Sudvietnamiti che dovevano proteggerla. Scontri anche in molte altre località soprattutto alla frontiera con Laos e Cambogia. Più o meno dappertutto le cose finirono in un disastro per i comunisti, nel senso che nelle loro formazioni ci furono enormi perdite, nonostante qualche successo iniziale, e non riuscirono a tenere nessuna località importante né a far crollare il governo del sud. La strage fu tale che i ranghi dei Vietcong non tornarono più ai livelli di prima: i comunisti si erano esposti alla enorme potenza di fuoco americana e ne avevano pagato il prezzo.

Ma enormi danni erano stati arrecati anche alle infrastrutture e alla popolazione civile, e c'era un'ulteriore vittima eccellente: la voglia di combattere del popolo statunitense. A parte le possibili considerazioni sulla "controcultura" degli anni '60 che stava creando dei rivolgimenti sociali, c'era a tutti i livelli una grande stanchezza per la guerra.

Inizialmente la gente aveva firmato al governo e ai militari una "cambiale in bianco," ma ormai c'era delusione e protesta in patria, insubordinazione fra le truppe. Il conflitto era astratto, fatto di conteggi dei morti comunicati alla TV. Le località conquistate venivano lasciate al nemico di nuovo, non era una guerra territoriale per il generale Westmoreland, ma un enorme "search and destroy," una caccia all'uomo, e la volatilità di questo conflitto impediva di apprezzare qualsiasi progresso. Non si vedeva la fine del conflitto e a quei tempi non vi era l'abitudine alle guerre che non finiscono mai (vedi Afghanistan). Peggio ancora, Westmoreland aveva diffuso ottimismo e garantito una vicina vittoria. Quindi ancora più brutale fu l'effetto dell'offensiva comunista.

trasporti truppe cingolati M 113

Peggio ancora, in nome della libertà d'informazione non c'erano limitazioni a quello che i giornalisti potevano vedere e riprendere, e così al pubblico venivano date in pasto crude immagini come quella della foto più in alto, in cui un ufficiale sudvietnamita compie una (piuttosto giustificata ma brutale) esecuzione sommaria. È un'altra cosa che oggi non succederebbe, gli yankee si sono fatti più furbi. La conseguenza di tutto questo fu che si decise un graduale ritiro dal Vietnam, e Nixon fu il presidente che cominciò a metterlo in atto.

Come effetto, forse per la prima volta nella storia, una delle parti in conflitto gettò al vento un'intera armata, ma ottenne una vittoria politica decisiva. Dopo il Tet, negli USA si pensò solo a come uscire dal Vietnam senza farci una figuraccia troppo brutta. Finalmente si cominciò a dare formazione e migliore armamento ai Sudvietnamiti: ma era troppo tardi. Nel 1972 gli USA cessarono ogni appoggio o presenza diretta, e nel 1975 il Vietnam del Sud veniva occupato dai comunisti. Ironia della storia, negli USA si temeva un collasso regionale se il Vietnam fosse stato lasciato in mano ai comunisti, e questo fu uno dei motivi per l'intervento del 1965. Invece la grave crisi morale (e la necessità di riformare radicalmente le forze armate passando all'esercito professionale) si ebbe proprio per via dell'intervento, mentre la caduta di Saigon alla lunga non ebbe alcuna conseguenza di portata strategica per l'occidente, e oggi i Vietnamiti cercano l'alleanza USA per tenere i Cinesi a bada.



2 commenti:

Ivano Landi ha detto...

Per quelli della nostra generazione è stata a lungo cronaca quotidiana. Ricordo bene le accese discussioni in classe - elementari e medie - con gli insegnanti spesso dalla parte degli yankee e gli allievi quasi sempre da quella dei vietcong.

Bruno ha detto...

Per me è un ricordo più debole anche perché non era pane quotidiano di discorsi scolastici. Ma comunque il Vietnam sembrava importantissimo. Sarebbe caduto il mondo se cadeva il Vietnam del Sud. Io "tifavo" per gli americani e mi parve incredibile il tradimento, quando cadde Saigon. Oggi mi rendo conto di quanto fosse esagerata l'importanza data a questo "sideshow" della guerra fredda. Non voglio minimizzare comunque le sofferenze di milioni di persone .