Per quanto riguarda la musica non ho molto da dire nel senso che me ne intendo poco e quindi poco posso dire, salvo che trovo più familiare lo stile "cantautore" che quello "cantante pop" per cui avevo immaginato una cosa più minimale dal punto di vista della musica. Peraltro occuparmi della musica non era compito mio.
Per quanto riguarda le parole, vorrei specificare che non sono né antimilitarista né anti patriottico, ma la partecipazione italiana a quel conflitto l'ho vista sempre con un certo senso critico, visto quanto è costato socialmente e dal punto di vista dell'esperienza dei soldati. Va bene sventolare le bandiere, ma non dimentichiamo quanto sono costati Trento e Trieste.
Al di là di quella che potrebbe essere la valutazione "storica" dei fatti, ho voluto privilegiare il punto di vista moderno, di un osservatore che fa fatica a contestualizzare, in quanto chi morì allora oggi salvo possibili strane eccezioni non è ricordato più da nessuno vivente (chi allora se l'è cavata, tipo mio nonno paterno, invece sì, sempre che questo faccia molta differenza ora che i reduci sono scomparsi tutti). Chi fu falciato nel conflitto tutto il tempo trascorso fino ai decenni recenti, in cui gli ultimi reduci si sono spenti, non lo ha visto, non ha visto i cambiamenti del mondo, non ha avuto la sua parte, la vita gli è stata portata via. E facciamo fatica a capire perché, in quanto quei cambiamenti rendono a un osservatore odierno difficilmente comprensibile il massacro di allora, il nazionalismo estremo, l'importanza di spostare quei dannati confini che oggi (sempre che le cose non cambino, beninteso) sono sempre più permeabili e attraversabili.
Quindi "un ricordo troppo lontano," appunto, di un orrore che è costato tanto e il cui significato e scopo si perdono nei progressi e nelle evoluzioni che hanno avuto luogo nel corso di un secolo.
Chiudo con un video, alcune immagini d'epoca sullo shock da granata, detto anche neurosi di guerra.
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