martedì 27 gennaio 2015

Hugo Cabret

Ha davvero a che vedere con il fantastico? Un po' sì, almeno per me. Hugo Cabret, film di Martin Scorsese di pochi anni fa, è in effetti - attenzione, anticiperò la trama - la storia di un artista del cinema muto trasformata in leggenda, in allegoria di un "bel mondo perduto" di nostalgia e ricordi. È anche la storia di un ragazzino che ha la passione per tutti i macchinari che funzionano mediante ingranaggi e complicati meccanismi, e che per questo conoscerà inaspettatamente la storia dell'artista citato prima: ovvero la storia di Georges Méliès, eroe dimenticato del cinema muto, ma anche illusionista e fabbricante di automi.


Il piccolo Hugo Cabret (Asa Butterfield) entra in contatto con un anziano venditore di giocattoli (Georges ovvero Ben Kingsley) per soddisfare il suo desiderio di completare l'automa che suo padre ha trovato e che desiderava riparare. Hugo in effetti è rimasto orfano. Suo zio, un alcolizzato, lo ha preso con sé dopo che un incidente ha causato la morte del padre, e lo ha addestrato a svolgere il proprio mestiere in modo da avere un aiutante. Il lavoro consiste nella manutenzione e messa a punto degli orologi nella stazione di Montparnasse, un incarico che permette al ragazzino di mantenersi nascosto e invisibile in un nido ricavato in quel mondo di ingranaggi. Con la scomparsa dello zio, Hugo continua la sua opera per non essere costretto ad andare in un orfanotrofio. Mentre lavora cerca di rubare i pezzi che gli servono per la riparazione dell'automa.


Uno dei principali problemi di Hugo è nascondersi al poliziotto che pattuglia la stazione con l'aiuto di un cane: si tratta di Gustave (interpretato nientemeno che da quel mattacchione di Sasha Baron Cohen) che cela dietro la facciata severa la tristezza di una ferita di guerra che lo ha lasciato invalido, bisognoso di un supporto alla gamba per poter camminare.

Georges non vuole però le incursioni di Hugo nel suo negozio di giocattoli, e ostacola in ogni modo il tentativo di ridare vita all'automa. Alla fine si scoprirà che il vecchio negoziante è un regista e produttore del cinema muto, amareggiato per la propria rovina economica e caduta nell'oscurità. L'automa era una delle creazioni della sua eclettica creatività. La famiglia di Georges (Méliès) riuscirà però a rivivere con lui quell'epopea, a guarirlo della sua tristezza con l'aiuto di Hugo. La storia si concluderà con un gran gala in cui al vecchio artista verranno riconosciuti i grandi meriti dimenticati (questo è storico, Méliès ricevette in tarda età, finalmente, la Legion d'Onore). Nel frattempo Gustave smetterà di dare la caccia a Hugo e riuscirà a dichiarare il proprio amore alla fioraia a cui faceva silenziosamentente la corte.

L'elemento fantastico, l'automa, che certamente ha capacità ben superiori rispetto a quelli costruiti dal vero artista, serve a creare il collegamento fra il giovanissimo Hugo e il vecchio regista disilluso, in un processo che accompagna lo spettatore nella riscoperta del cinema di una volta: brevi cortometraggi senza sonoro, talvolta colorati a mano fotogramma per fotogramma, film ingenui ma già teatro delle prime sperimentazioni con gli effetti speciali e i vari artifici cinematografici. Un cinema che salvo qualche pellicola restaurata è andato perso per sempre. Dice Georges nel film (non è proprio una descrizione di come realisticamente andarono le cose) che dopo la prima guerra mondiale la gente aveva visto troppa realtà per interessarsi alle sue pellicole. Di fatto quel mondo si chiuse, il cinema diventò un'industria (già allora!). Ma il felice quadretto finale del film sembra appartenere a un mondo lontano, fatato, un mondo meno cattivo, dove le cose alla fine in qualche modo andavano a posto.

La narrazione di Scorsese ci porta quindi in un percorso di riscoperta della meravigliosa e magica arte del cinema, riuscendo a farne un universo antico e perduto, un qualcosa verso cui la memoria può cercare di ritornare con nostalgia ma che non si può più veramente afferrare. Desiderabile, ossessionante, magico e perduto, una miscela di emozioni che molto adatta agli amanti del fantastico. Peccato solo che il successo non abbia arriso a questa pellicola.





4 commenti:

M.T. ha detto...

Una buona parte delle persone, ritenendolo un film di genere fantastico, si aspettava qualcosa con grandi effetti speciali, non cogliendo la giusta chiave di lettura della pellicola.

Argonauta Xeno ha detto...

Io non avendo aspettative "di genere" l'ho trovato fantastico al punto giusto! In fondo è un tributo al pioniere del cinema fantastico, molto riuscito nel suo intento.

M.T. ha detto...

Ho sentito commenti di persone che si aspettavano fosse una sorta di La Bussola d'Oro...

Bruno ha detto...

L'unico elemento di genere è l'automa, che fa delle cose evidentemente impossibili nella realtà. Tuttavia il film ha un'atmosfera "magica" di suo. Avrebbe meritato di più.