Ho avuto una discussione telematica con un amico riguardo a un post sull'artista Piero Manzoni. Titolo del post: Trasformare la merda in oro. L'oggetto è ovviamente la "merda d'artista" prodotta da Manzoni, che appunto vedeva in tutto ciò che emana dall'artista una forma di arte, al punto che i suoi escrementi erano, a suo modo di vedere, degni di essere venduti a peso d'oro. Di fatto vennero inscatolati e venduti con etichetta multilingue.
Il problema della "merda d'artista" è il problema dell'arte moderna, spesso superata dalla tecnologia, sbalestrata dal cambiamento della committenza, privata di punti di riferimento. Oggi conta l'idea, la "trovata geniale," e l'idea spesso si può riprodurre convenientemente in massa; ho fatto qualche simile riflessione nel post di 7 anni fa dedicato ad Andy Warhol.
Per fortuna fino ad adesso la modernità non ha semplificato il mestiere dello scrivere, per quanto ci siano dei software che un po' ci provano, ma sono solo degli ausili. Nelle arti figurative invece il problema è acuto. Come mi diceva un investitore (in arte e altro) conosciuto al lavoro, oggi chi si limita a produrre immagini con precisione tecnica può fare al massimo il "madonnaro;" ci deve essere una trovata, uno stile, personalità.
Pertanto, oggi che la fotografia produce un ritratto più vero di quello che creerebbe un artista del Rinascimento, l'arte deve essere intrisa della personalità di chi la crea. E quindi al contenuto dei barattoli commercializzati da Piero Manzoni si dà un valore diverso da quello che si dà alla medesima materia prima prodotta, ad esempio, da un idraulico o da un professore d'architettura.
Una volta uno, per fare un'opera d'arte, doveva andare a bottega, imparare, impratichirsi in un'abilità da combinare con il talento, sperando di avercelo. Adesso sembra che basti avere un'idea spiritosa e (perdonatemi) cagare, ed ecco che hai fatto un'opera d'arte. Con tutto quello che si può dire sul significato dell'idea e dell'ispirazione, c'è qualcosa che non mi torna in tutto questo.
È lo stesso dilemma che si pone quando il panettiere (senza offesa per la categoria, scelta a caso) di fronte al quadro di Picasso, dice: ma anche mia figlia di dodici anni potrebbe fare questa roba. Il panettiere non sa nulla dell'intenzione, dell'ispirazione, dei sottintesi, delle provocazioni che possono esserci nell'opera. Ma se l'acculturato si limita a dare del coglione al panettiere, non sta facendo i conti con due problemi.
Il primo è che l'opera d'arte dovrebbe avere un valore in sé, non in base a riferimenti altri. Facciamo un esempio cinematografico: se vai a vedere Donnie Darko e non ci capisci nulla, o non ti piace, e per tutta risposta ti indirizzano a tutto il mondo di fonti, storie e spiegazioni online (le teorie di Roberta Sparrow, ecc...), questo non toglie che il film non sia riuscito a spiegarti la storia.
Il secondo problema è che, comunque, la figlia del panettiere saprebbe riprodurre l'opera in maniera del tutto equivalente, se non identica, così come ciascuno di noi è in grado di produrre il materiale che Manzoni vendeva a peso d'oro.
Insomma, il danno alla creazione artistica, intesa come abilità di fare qualcosa e non come mera idea "shock," rimane.
Con questo, la parola definitiva sul problema non la posso dire io, forse non la potrà dire nessuno. Se leggerete l'articolo che ho linkato all'inizio, troverete però il parere del grande Dino Buzzati, parere che condivido.
5 commenti:
Il "problema" a mio parere è che nel corso dei secoli i concetti di arte e di artista si sono evoluti e oggi si tende ad equiparare l'artista "di un tempo" con l'artista "contemporaneo" come se facessero lo stesso mestiere.
Una volta l'artista era un artigiano, il quale eseguiva un lavoro su commissione (classico esempio: dipingere la Cappella Sistina) e bene o male, per quanto l'artista avesse un suo stile a volte anche innovativo per i tempi, doveva soddisfare le richieste del cliente che, se non soddisfatto del lavoro, non pagava oppure chiedeva di modificare l'opera (sempre tornando alla Cappella Sistina, il Vaticano fece coprire le nudità degli affreschi da Daniele di Volterra, collaboratore e amico di Michelangelo, immaginatevi lo scandalo se oggi qualcuno tentasse di modificare l'opera di un artista coprendone alcune parti o aggiungendo particolari).
Certo, il committente cercava l'artigiano che credeva più talentuoso o che andava più di moda in quel periodo, in sostanza era come se Michelangelo, Leonardo, Botticelli, Bernini, ecc... fossero le "Star" dell'epoca. E facendo un parallelismo con le star di oggi, immaginatevi se un Leonardo di Caprio o un Tom Hanks durante le riprese di un film dicesse: "No, questa scena non mi piace e neanche quella dopo, ora riscrivo la sceneggiatura e il film lo facciamo come voglio io". Ecco, sicuramente la produzione licenzierebbe la star... un po' come all'epoca avveniva per l'artista.
L'artista non era libero di fare ciò che voleva, ma era obbligato a fare ciò che gli veniva richiesto. Se gli chiedevano di fare l'immagine di una battaglia, l'artista non poteva dipingere un paesaggio solo perché il suo estro o il suo istinto o il suo genio creativo gli diceva così.
Come detto però nei secoli i concetti di arte ed artista sono mutati: oggi l'artista non è più quello che dipinge/scolpisce/progetta cupole su commissione, ma è una persona che tenta di esprimere o comunicare qualcosa attraverso le proprie opere e solo dopo averle fatte eventualmente le vende se c'è chi interessato a comprarle.
Il problema forse è proprio sul significato del termine, facendo una provocazione, sarebbe più corretto chiamare gli artisti "di un tempo" con l'appellativo "artigiani molto bravi" oppure chiamare gli artisti "contemporanei" col termine "comunicatori emozionali" distinguendo le due categorie perché, in pratica, sono proprio due figure diverse che fanno lavori diversi. Perché allora chiamarli allo stesso modo?
Perché allora chiamarli allo stesso modo? In effetti, perché chiamare quella di Manzoni arte? Sembra piuttosto uno scherzo, un meme su internet prodotto come oggetto perché ideato in un periodo in cui internet non c'era.
Quanto al problema della committenza, a parte il paragone incongruo tra stelle del cinema e pittori, non è necessariamente vero che "l'artigiano" eseguiva gli ordini del cliente: Bruegel il vecchio, per dirne uno, non lavorava per il clero ma vendeva alla borghesia, e non sappiamo se "su ordinazione." Ma ad ogni modo, chiunque proponga un lavoro a un pubblico deve tenere conto dei gusti di tale pubblico, se vuole vendere, che lavori su ordinazione o meno.
L'artista moderno peraltro non si muove in un vuoto. Se vuole diventare ricco e famoso deve cercare l'approvazione dei personaggi di riferimento dell'ambiente (critici, mercanti d'arte danarosi che muovono il mercato e determinano chi è quotato e chi non lo è).
Manzoni non era certo al di fuori di questi meccanismi, anche se, ovviamente, c'era chi non lo approvava per niente, come abbiamo visto.
Trovo il parallelismo con le odierne star più che calzante, perciò sarei curioso di capire perché lo trovi incongruo.
Lavorare per il clero o per la borghesia cambia poco, sempre per un committente si lavora. Se al committente non piaceva quel che facevi, tu non lavoravi e non avevi di che campare.
Oggi troppo spesso il committente compra il "nome dell'artista", non tanto l'opera in sé. Proprio come nel caso della "Merda d'artista" o di "Comedian" di Cattelan (la banana attaccata al muro col nastro adesivo) che, se fossero state fatte identiche da un Pinco Pallino qualsiasi non varrebbero niente e nessuno le vorrebbe.
Quasi quasi prendo un pennarello rosso e lo infilzo su un gufo impagliato, poi vado da Cattelan e gli dico di firmarlo, scommetto che "la gente che ci capisce di arte" pagherebbero quest'opera a peso d'oro. (E' un'altra provocazione ovviamente).
Comunque la questione su cosa sia arte la trovo una cosa molto soggettiva e soprattutto mutevole nel tempo. Ciò che consideriamo arte oggi non è la stessa cosa che intendevano i nostri avi.
A tal proposito mi permetto di citare Tea Fonzi, una simpaticissima studiosa dell'arte con laurea in "Iconografia e Iconologia" e laurea in "Management dei Beni Culturali" che ho avuto il piacere di ascoltare e che, ovviamente omettendo tutte le varie sfaccettature ed eccezioni del caso, ha semplificato l'evolversi dell'arte nei secoli, in particolare di come essa ha trattato la realtà, in questa maniera:
- Epoca greco-romana (Es. Bronzi di Riace o Venere di Milo): si predilige rappresentare il modello ideale, soprattutto di persone.
- Primo cristianesimo (Es. Catacombe di Domitilla): ciò che interessa in quello che si rappresenta è il valore simbolico, la somiglianza con la realtà non ha importanza.
- Medioevo (Es. affresco medievale a caso): Chi guarda l'immagine è come se stesse leggendo un libro, l'immagine deve raccontare tutto, anche perché la maggior parte delle persone è analfabeta e quindi "apprende" guardando l'immagine. L'importante quindi è che nell'immagine si veda quanto più possibile, in barba alle proporzioni e alla prospettiva.
- Meta 1400 – Rinascimento (Es. Pietà Vaticana di Michelangelo): riscoperta dell'arte greca, si ritorna a rappresentare corpo ed emozioni più vicini possibile al reale.
- 1800 (Es. Colazione sull'erba di Manet): l'artista comincia a rappresentare non solo il "vero", ma anche i sentimenti, perciò non conta solo ciò che l'artista ritrae, ma bisogna anche interpretare ciò che l'artista vuole comunicare.
- Fine 1800 (Es. Notte Stellata di Van Gogh): la riproduzione il più possibile del vero ha stancato, ha preso sempre più importanza il sentimento dell'artista in ciò che rappresenta, tuttavia ancora si capisce quello che si mostra.
- Inizio 1900 (Es. Ouverture musicale di Kandinskij): forme e colori devono esprimere lo spirituale. Interessa solo il sentimento e non più il tangibile.
Io penso che oggi siamo nella fase "devo farti provare qualcosa, che sia emozione o una semplice reazione" , la quale però, come hai esposto anche te nel post, si sta evolvendo in "L'artista deve farti dire "
Senza assolutamente voler giudicare o sminuire il lavoro di artisti contemporanei, ma a me questa deriva non piace, sarà che non comprendo il genio artistico (altro concetto moderno fra l'altro) ma se la bravura sta nel provocare una reazione, allora credo sul serio che siamo capaci tutti di farlo, in fondo qualsiasi cosa suscita una reazione, anche fosse solo la noia.
Il lavoro dell'attore cinematografico non può avere facili paragoni con il passato, visto che il cinema non esiste da moltissimo tempo. Questo uno dei fattori che mi rende difficile il paragone. Inoltre l'attore si muove in un gruppo che collabora a creare l'interpretazione (il regista, lo sceneggiatore, gli altri attori con cui interagisce) e il prodotto finito non è qualcosa di materiale in senso stretto. Peraltro un artista (delle belle arti) è artista in un concetto più ampio (dovendo comprendere canoni estetici, abilità tecniche e manuali, ecc...). Ma lasciamo stare.
Io ho provocato dicendo che se non possiamo chiamare Michelangelo e Manzoni allo stesso modo, allora per me quello che ha fatto Manzoni non è arte, ma ovviamente non pretendo di essere il giudice in cielo e terra di cosa sia arte e cosa no.
Tuttavia comunque non mi ci trovo e per me la differenza è "il lavoro finito" che, fino alla fine dell'800, almeno richiede e dimostra una certa abilità. Dopo, che si parli di oggetti materiali o di immagini che possono essere materiali o meno, non si può più dire. Un artista come Julian Schanbel vale milioni di dollari, le sue opere (vedi per esempio https://news.artnet.com/market/julian-schnabel-frieze-masters-1108277 ) ancora una volta le può fare chiunque. Prova a leggere i discorsi e i percorsi narrativi, le contestualizzazioni, l'aria fritta che vengono presentati a corredo di quelle macchie di colore. Li sa probabilmente fare anche un altro artista che sta morendo di fame, se sa di doverli fare e si sa inventare qualcosa. Allora perché Schnabel vale milioni? Non posso che pensare agli ingranaggi che muovono un certo tipo di mercato (ancora: galleristi, mercanti d'arte). Questo fattore ci sarà sempre stato, ma adesso mi pare che ci sia solo o quasi solo questo.
Capisco il tuo punto di vista sul paragone attori odierni/artisti del passato, anche se il mio era solo un paragone sulla libertà di scelta di queste due figure. Ovviamente se si va ad analizzare e approfondire i loro ruoli spicca tutto il contorno che giustamente te hai menzionato.
Comunque, tornando al discorso "Certa arte moderna è davvero arte?", condiviso appieno il fatto che secondo me l'artista, oltre a proporre una sensazione/emozione/stimolo deve anche avere una certa abilità tecnica/manuale, cosa che oggi invece non sembra fondamentale. Come hai detto te, sono gli ingranaggi che muovono il mercato che trasforma il "questo lo so fare pure io" in "arte" e oggi il collezionista compra "il nome" dell'artista.
Concludo ricordando lo spot di qualche anno fa di Aldo Giovanni e Giacomo che in maniera ironica fanno un quadro del tutto realistico e probabile di come nasce un artista moderno:
https://www.youtube.com/watch?v=yPIsmNzRIp8
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