Il ritorno, sempre con compagnie "low cost," è stato un trauma perché volando con uno scalo tra controlli al metal detector, attese inutili passate a leggere libri e annoiarsi e via dicendo, praticamente è partita una giornata intera. Volare è sempre più una rottura di scatole, ma le alternative, con queste distanze, sono comunque poco attraenti.
La Statua della Libertà. Anni '30. La libertà la perse subito e dovette aspettare molti anni per riottenerla.
Sì, perché Riga è lontana. Oltre 1.600 Km da Milano in linea d'aria. Sono partito con il caldo, nonostante quei temporali che improvvisamente hanno abbassato le temperature ai primi di settembre, e mi sono trovato ad affrontare una temperatura che, portandosi sotto la media stagionale del luogo, è scesa anche sotto i dieci gradi (non è mancata una mezza giornata di pioggia). Pertanto regola numero uno: a latitudini scandinave l'estate e sempre un'ipotesi.
La città mi attrae perché è una capitale dell'Art Nouveau, ovvero stile Liberty per noi italiani, uno dei miei interessi come turista. Nonostante una storia travagliata non esente da distruzioni, il centro storico vanta numerosi palazzi in questo stile, più un certo numero di chiese e altri monumenti. Non c'è alcun edificio veramente eccezionale, secondo me, ma nell'insieme il centro storico è bellissimo. C'è una strana atmosfera a Riga, oltre alla classica freddezza nordica, e la si può comprendere solo pensando alla storia del paese.
La Lettonia (Latvija in lingua locale, Latvia in inglese) è stranamente sospesa tra un ristagno post sovietico, con annesso sconquasso e squallore, e un fermento che spinge a una veloce modernizzazione. Lo si vede anche negli edifici: alcuni cadono a pezzi, e questo capita a certi vecchi mostri dell'architettura sovietica ma anche ad alcune delle classiche case in legno e perfino a qualche bel palazzo Art Nouveau, mentre altri sono modernissimi in vetro e cemento armato, o restaurati alla perfezione. L'indipendenza del paese è tutto sommato ancora recente, e se in alcuni momenti sembra di stare in Scandinavia, altri scorci rivelano la diffcoltà di mettersi alle spalle il passato; chiaramente questo si nota di meno se ci si limita a visitare il centro con i suoi bar e i ristoranti e i locali tirati a lucido.
Una cosa buona è che volendo si mangia con pochi soldi. Se vi capita di viaggiare da queste parti provate a cercarvi un appartamento privato o una stanza con angolo cottura (io purtroppo non l'ho fatto), può far risparmiare qualcosa mentre vi divertite con le stranezze del cibo locale (ma se le pietanze innominabili non vi attraggono c'è parecchio pesce, soprattutto salmone).
Non ve lo posso garantire, ma scommetterei che questo tram è... sovietico.
Nonostante il cielo nuvoloso e la luce incerta ho goduto i parchi che attorniano il centro storico, ce ne sono diversi e sono tutti piuttosto ben curati, al contrario delle strade, per le quali esiste però la scusante del clima nordico che, con le immense escursioni di temperatura, sgretola l'asfalto e smuove il selciato.
Breve intermezzo storico. Si tratta di vicende che poco riguardano l'Italia quindi a scuola non si insegnano un gran che, ma di cose da queste parti ne sono successe. I popoli baltici (nota: gli Estoni sono linguisticamente affini ai Finlandesi e non ai Lettoni e Lituani) hanno avuto destini relativamente simili, entrando nella storia come tribù ai margini dell'Europa conosciuta. La regione si è trovata al centro di dispute fra stati e sistemi politici, nonché di conflitti religiosi. Innanzitutto i Baltici ebbero l'onore di ricevere le attenzioni papali sotto forma di crociate, poiché si trattava degli ultimi pagani. Dal dodicesimo secolo in poi quindi i Tedeschi si impadronirono di gran parte del paese, soprattutto per gli sforzi degli ordini monastici combattenti (Ordine Teutonico e alri). Riga venne fondata nel 1201 da un vescovo tedesco, sul sito di un porto naturale che veniva già usato da tempo come luogo di scambi.
Quando la potenza militare dei soldati cristiani svanì rimase l'influenza commerciale: Riga fu una prospera città della Lega Anseatica, alleanza di città marinare del Baltico e dei mari nordici
La Lettonia finì nell'orbita politica polacca per un periodo relativamente breve, e poi Svedese ai tempi in cui questa nazione era una potenza locale dominante. I Tedeschi continuavano ad avere una profonda influenza culturale e commerciale e le tribù locali nel medioevo e rinascimento conservavano i loro distinti nomi: sebbene la bandiera Lettone abbia una storia lunghissima, una identità lettone unificata si formò quindi a poco a poco. Nel 1710 la Lettonia diventò provincia dell'impero russo (zarista) in quanto la Svezia aveva perso una guerra con i Russi e diversi territori. Sotto gli Zar a Riga si parlava ancora tedesco, e tedeschi erano quattro abitanti su dieci.
Nel 1941 arrivano i Tedeschi. Le ragazze, con le loro bandiere lettoni rosse e bianche, sembrano contente, ma la libertà non sarebbe giunta coi soldati di Hitler. (Foto tratta da Wikipedia, probabilmente una foto di propaganda).
Con la Prima Guerra Mondiale arrivò l'occasione della libertà. La rivoluzione comunista aveva dato il via a lotte spaventose e il potere centrale russo non poteva tenere a bada i Lettoni. Ci fu una guerra civile, fu necessario combattere anche contro l'esercito tedesco che si era attestato in zona, alla fine la Lettonia divenne indipendente (1920). Per un po' il governo fu democratico, poi venne una dittatura. Ma il paese era troppo piccolo per difendersi dagli enormi vicini. Quando gli equilibri della Prima Guerra Mondiale saltarono i paesi baltici diventarono moneta di scambio per Hitler, che li assegnò ai Sovietici per tenerseli buoni. La Lettonia cadde nella sfera sovietica nel 1940 e cominciarono le persecuzuioni politiche. Ma già nel 1941, finita l'alleanza fra Hitler e Stalin, l'esercito tedesco scacciava i Russi e prendeva controllo del paese. Se non vado errato è in occasione di questa avanzata che la Chiesa di San Pietro venne devastata dalle bombe. Anche altri edifici storici, tra cui il municipio oggi riedificato in stile rinascimentale, vennero persi con la guerra. I Tedeschi rimasero fino al 1944, e in questo periodo la comunità ebraica venne liquidata (sarebbe stata sostituita da un numero più modesto di ebrei russi, dopo la guerra). Pur sotto una dura occupazione e senza che venisse concessa alcuna reale autonomia molti Lettoni combatterono a favore dei Tedeschi, spesso con la divisa delle SS, nella vana speranza di tenere i Russi lontani. Altri Lettoni erano inquadrati invece nell'esercito russo e ci furono scontri fratricidi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale i Sovietici vincitori eliminarono i partigiani anticomunisti lettoni che per alcuni anni avevano cercato di contrastarli, e imposero il pugno di ferro. La Lettonia venne pesantemente russificata. Solo con il crollo del comunismo degli anni '90, e non senza alcuni episodi sanguinosi, il paese ottenne di nuovo l'indipendenza. In pratica il lettone diventa indipendente quando l'orso russo ha altro a cui pensare.
Oggi esiste una profonda divisione fra i Lettoni e i Russi, che numerosi (più di mezzo milione) vivono ancora nel paese. La cittadinanza non è stata riconosciuta a coloro che non erano discendenti da cittadini lettoni del 1940. Una parte di questi non-cittadini è stata poi naturalizzata, altri restano apolidi, e non hanno diritto di voto. I Lettoni sono cattivi? Non so. Provate a stare sotto il regime comunista per una quarantina d'anni abbondante, poi ne parliamo.
Fisicamente i due popoli sono abbastanza simili. Per l'occhio non allenato (ad esempio il mio) è quasi impossibile azzeccarci guardando un tizio per strada e volendo dire se è russo o lettone. Ad ogni modo le lingue e gli alfabeti non sono i medesimi, e anche le religioni sono diverse perché i Lettoni sono protestanti mentre i Russi ortodossi.
Tornando a Riga, la maggior parte delle attrattive è racchiusa nel centro storico racchiuso tra il fiume Dvina (Daugava) e il canale Pilsetas Kanals, centro che si attraversa tranquillamente in venti o venticinque minuti a piedi. Difficile dire che l'una o l'altra attrattiva siano "assolutamente" da vedere, per me è immancabile la Casa del Gatto, quella con la guglia sopra la quale c'è la statua di un piccolo felino che sembra sforzarsi di mantenere l'equilibrio; mi è piaciuto anche il Museo della Guerra (che meriterebbe una rimodernata e più didascalie in inglese, almeno) collocato nella Torre delle Polveri, e ho trovato illuminante la visita al Mercato Centrale, quello che si tiene in un gruppo di hangar che ospitavano i dirigibili tedeschi nella Prima Guerra Mondiale, appena fuori dal centro storico. Ottimo per avere una visione non-glamour del popolo lettone.
La guida dice che Riga può essere un posto pericoloso. Dal momento che quando faccio il turista cammino quasi ininterrottamente mattina e pomeriggio, e la sera collasso a letto anziché andare per locali, perdo probabilmente la maggior parte delle occasioni per mettermi nei guai. Per quanto mi riguarda nella mia brevissima permanenza in città non mi sono mai sentito minacciato o in pericolo. È successo, come m'era successo ad Istanbul, che una donna abbia cercato di accostarmi (prostituta, truffatrice?) e avendola mandata via, me la sono ritrovata davanti in albergo che ci riprovava, forse il mio non è un volto che si fa ricordare. Gli uomini che se ne vanno a spasso per il mondo da soli devono tenere presente che, se le donne non cadono ai loro piedi in patria, non devono aspettarsi che lo facciano nemmeno all'estero, e che la trappola al miele può essere molto pericolosa, tra rapine, sonniferi infilati nelle bevande e via discorrendo. Queste cose succedono veramente, se siete abbastanza fessi da farle succedere, perciò ai latin lover consiglio la prudenza. Quanto al mio albergo be', non merita le sue quattro stelle.
Poco posso dire della cucina locale, che dicono sia interessante, e delle birre. Esiste una variante locale della vodka, il "Balsamo di Riga," amara e aromatizzata alle erbe, e soprattutto molto forte. Quando mi riprenderò dallo shock alcolico saprò dire se mi sia piaciuta o meno.
A farmi pentire di non avere spazio in valigia è stato l'artigianato lettone. Mentre in posti come New York se cerchi un souvenir trovi solo robaccia Made in China, qui fanno tante belle cose, ed è un peccato aver potuto portare via solo uno striminzito esemplare. C'è anche la Laima, una mitica (pare) fabbrica di cioccolato, che riempie i negozi con tavolette aromatizzate con vari gusti.
In conclusione la visita è stata inaspettatamente molto interessante e magari ci stava pure di fermarsi qualche giorno di più, se avessi potuto. I due giorni che ho passato in città sono comunque stati sufficienti a farmene un'idea. Per chi deve visitare fino alla noia tutti i musei e tutte le chiese, comunque, può essere indicata una visita più lunga, magari una settimana, periodo che permetterebbe anche una escursione o due in qualcuna delle attrattive dei dintorni. Esiste una unica guida in italiano (editore Morellini) ma a me è sembrata sbrigativa e carente.
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