giovedì 8 giugno 2017

Gioco di Ruolo, tre (o più) stili

Ci sono mille articoli in giro per la rete sui tipi umani più o meno bizzarri che si trovano nell'ambiente del GDR.
Avrete tutti sentito parlare di avvocati delle regole, power players e via dicendo. Sono stili di gioco che in generale distruggono o rendono molto più povera quella che potrebbe essere l'esperienza del giocatore, e influiscono anche sugli altri giocatori e su chi conduce la sessione. Ma esistono anche delle filosofie di gioco divergenti. e anche su di esse si è sprecata molta carta e molta polemica.

Prendendo spunto da un articolo della Wikipedia, scopriamo che nei GDR abbiamo delle categorie: gamisti (orrida resa maccheronica della parola inglese), simulazionisti e narrativisti. Nota: l'articolo di Wikipedia è molto migliore nella versione in inglese.



A dire il vero non ci sono dei giochi (e raramente dei giocatori) schierati del tutto da una parte. Ma proviamo a vedere cosa significano le categorie. Per farla breve, il gamista prende il GDR come un gioco da tavolo, o un videogame. Si va a cercare di vincere, e si deve badare che le possibilità dei vari giocatori siano bilanciate. Anche gli avversari dovrebbero essere bilanciati, presentando le sfide più pericolose man mano che i giocatori migliorano le proprie abilità. Quindi l'efficienza del personaggio, la funzionalità del gruppo sono molto importanti.
Il simulazionista vorrebbe entrare nel mondo del gioco, vivere e respirare l'ambientazione, curare la coerenza interna e il realismo (inteso come realismo dell'ambientazione, dove sia in contrasto con il nostro quotidiano realismo). Il mondo respira di suo, vi possono avvenire eventi al di là di quello che i giocatori fanno e vedono, e tali eventi potrebbero influenzare il gioco. E se vedete una forte tendenza a simulare con precisione l'effetto di abilità, armi, ecc... probabilmente siete in un GDR simulazionista.
Il narrativista vuole narrare una storia che si intreccia con il background e le motivazioni dei personaggi. I personaggi evolvono grazie alle scelte che compiono, la trama di conseguenza può portare in direzioni non previste. Regolamenti complessi possono essere scartati in favore di una semplice struttura che metta la narrazione (lo "storytelling") in primo piano.


Tutti i regolamenti sono solo ausili nelle mani dell'arbitro ma concordo con chi pensa che sono utili (o deleteri...) nell'indirizzare il gioco in questa o quella direzione

La mia storia di arbitro è un esempio di... molti errori commessi. Io conducevo una campagna basata su un mondo proprio e un sistema più incline a rappresentare la realtà e meno basato su sistemi astratti rispetto al celebre D&D. Il gioco era Runequest (seconda edizione) ed era certamente incline al simulazionismo, anche se non sapevo ancora cosa volesse dire... Comunque potrei dire di aver sempre avuto qualche corda narrativista nel mio animo (perché avevo creato un mio mondo e ci tenevo molto a svilupparlo, e cercavo di far elaborare ai giocatori i caratteri dei loro personaggi) ma anche di aver ceduto a comportamenti gamisti: provenendo dai vecchi wargame, ho spesso applicato spietatamente le regole esponendo a troppa mortalità i miei giocatori. Poi a poco a poco questo stile l'ho abbandonato.
Ho invece cercato di incoraggiare la recitazione in prima persona del proprio personaggio, con alterni risultati (se un giocatore è proprio negato, è negato...).

A mio parere il GDR non dovrebbe mai essere equiparato a un gioco da tavolo o videogame, anche se purtroppo è l'atteggiamento che viene più facile e spontaneo a tantissime persone. Lo spirito di gruppo dovrebbe impedire di crearsi problemi se un personaggio è più o meno forte degli altri, e la quantità di avversari ammazzati e i vari tesori (pezzi d'oro, punti esperienza ecc...) non dovrebbero essere mai enfatizzati. Detto questo, i giocatori hanno degli obiettivi e a nessuno piace perdere, quindi anche il simulazionismo non funziona bene se simula perfettamente... delle frustrazioni.

Mi sono convinto sempre più, col tempo, della somiglianza di una campagna di GDR a una narrazione come libro, serie televisiva o film, anche se ci sono ovviamente da tenere conto le differenze portate dal comportamento e dalle scelte dei giocatori.

Diciamo che una storia sviluppata nella testa di un buon narratore è una bella storia, l'influenza delle logiche del GDR e del gruppo di giocatori probabilmente la renderanno meno bella. Ma talvolta i giocatori sanno creare degli spunti interessantissimi.

Comunque sia se il personaggio giocante è il protagonista di una storia, la sua morte dovrebbe essere evento raro e motivato, e difficoltà banali e stupide non dovrebbero ostacolarlo.
Ho provato a proporre sistemi di protezione e intervento nella storia per i personaggi, mi sarebbe piaciuto sviluppare questa via, ma i miei giocatori erano vecchio stile e li hanno rifiutati. Ho pensato a "punti Karma," con cui il giocatore potrebbe "obbligare" l'arbitro a trovare il modo di salvargli la vita quando c'è una situazione mortale, o a risolvere una impasse a favore del giocatore. Questi punti si potrebbero guadagnare a poco a poco (accettando una forte discrezionalità dell'arbitro). Ma non sono mai andato al di là della teoria.

Mi sono confrontato con le proposte, a volte veramente rivoluzionarie, degli appassionati di storytelling. Mentre non apprezzo la mancanza totale di regole che qualche narrativista propone (una struttura per gestire un minimo di realtà ci vuole, e comunque ci vuole la sfida, che richiede le regole) né l'invasione del giocatore nel ruolo dell'arbitro (penso che il mondo e i suoi segreti debbano essere in mano a uno solo), sarei favorevole a limitate influenze dei giocatori nell'ambientazione. Ad esempio, un giocatore arrivando in un luogo sconosciuto, dove farebbe comodo un appoggio logistico, ricorda all'arbitro che un vecchio amico del suo personaggio abita lì (spendendo i dovuti punti, crediti o come li vogliamo chiamare).
L'arbitro deve a quel punto creare la situazione a favore dei giocatori.

Ma i miei giorni come giocatore e come arbitro sono più o meno finiti e non penso che metterò queste idee in pratica. Alla beata gioventù che gioca consiglio di non impantanarsi nella prospettiva del GDR come "volontà di potenza" e di viverlo come divertimento nell'immergersi in una storia. E per realizzare questo, togliersi di torno power player immaturi, avvocati delle regole che sprecano ore nelle polemiche, e tutti gli altri tipi di sabotatori consapevoli e inconsci, gente che purtroppo costituisce una gran parte dei giocatori. Forse questo risulterà un po' esagerato, visto anche che in un precedente articolo di questa serie parlavo del valore terapeutico che viene attribuito al GDR. Ma qui parlo di svago e divertimento, non di scopo sociale. Ho visto i giocatori negativi e immaturi sfasciare compagnie e rovinare il divertimento agli altri, credo perciò che non ci sia nessun valore nel tollerarli.


Altri post di questa serie:

Primo articolo: Gioco di Ruolo, aiuta la crescita personale?
Terzo articolo: critiche al GDR
Quarto articolo: perdere la voglia di giocare: perché?



5 commenti:

M.T. ha detto...

"Alla beata gioventù che gioca consiglio di non impantanarsi nella prospettiva del GDR come "volontà di potenza" e di viverlo come divertimento nell'immergersi in una storia. E per realizzare questo, togliersi di torno power player immaturi, avvocati delle regole che sprecano ore nelle polemiche, e tutti gli altri tipi di sabotatori consapevoli e inconsci, gente che purtroppo costituisce una gran parte dei giocatori."

Sono d'accordo: ho visto cacciatori incalliti di xp, giocatori ossessionati da trovare oggetti magici rari e potenti che assillavano ogni seduta per poterli avere, gente che partecipava alle sedute solo per far casino.
Come DM mi metterei nelle categoria dei "narrativisti", perché per me la storia era la parte importante: certo i giocatori potevano creare varie sfaccettature delle vicende narrate, ma non arrivare a stravolgere quanto creato; questo era il mio limite. Le regole ci vogliono, ma su questo ero abbastanza flessibile (amalgamai AD&D e terza edizione per fare una cosa ibrida; ma sono sempre stato fermo nel non permettere l'uso della classe del monaco, che nella mia ambientazione ci stava come i cavoli a merenda); quello che non tolleravo era che tutto il lavoro creato andasse in malora perché c'era qualcuno che si divertiva a fare cretinate. Per questo o intervenivano png di un certo livello per rimettere in carreggiata le cose oppure incontravano creature che facevano temere ai pg di perdere i loro avatar (vedere la volta che personaggi di quinto livello hanno incontrato un lich).

Bruno ha detto...

è il blues del game master: lui si sbatte per creare situazioni che abbiano un senso e ambientazioni come dio comanda, e poi arrivano i giocatori che distruggono tutto o se ne fregano...

Bruno ha detto...

Quanto alle regole si può essere creativi quanto si vuole, anzi il "sistema" dovrebbe essere solo una guida. Però qualcosa deve esserci, non penso che di sola narrazione possa vivere un GDR.

M.T. ha detto...

Un minimo di regole occorrono, altrimenti è caos, dove tutti pretendono di fare quello che vogliono (e allora addio divertimento, oltre a restare fermi in interminabili, quanto inutili, discussioni)

Bruno ha detto...


Esatto...