martedì 9 febbraio 2016

Point Break (2015)

Il film di Kathryn Bigelow, del 1991, è uno dei miei preferiti. Bellissima storia adrenalinica con un bel po' di attori che mi piacciono (Keanu Reeves, Patrick Swayze, Gary Busey, Lori Petti), è rimasto uno dei pochi che posso sempre rivedere volentieri. Quando ho saputo che veniva fatto un remake di Point Break ho deciso di non perderci tempo, soprattutto dopo aver visto il trailer, ma poi è capitato che un amico lo voleva vedere e quindi sono andato al cinema pronto a massacrare questo sacrilegio, remake di un film che non ha nessun bisogno di essere rifatto, che può essere rivisto oggi così com'era ai suoi tempi. Ma no, non ho nemmeno potuto odiarlo come si deve, perché in realtà questo Point Break (2015) è totalmente un altro film, con certe scene simili e alcuni personaggi che portano lo stesso nome, e non prova nemmeno, in verità, a confrontarsi con quello della Bigelow.

Precisiamo che non c'è nessun nome da ricordare nella nuova pellicola: insignificante il capo dei "cattivi" che ovviamente fa di nome Bodhi, belloccio ma vacuo il nuovo (biondo) Johnny Utah, inguardabile l'attore che fa la parte di Angelo (il "socio" di Utah), insignificante l'attrice che prende il ruolo femminile (scarso di senso pure esso, se non che una donna ce la dovevano mettere), ininfluente il regista, e infine c'è da sparare allo sceneggiatore, chiunque sia.
Detto questo, il Point Break del 2015 è un film d'azione con molte scene spettacolari, si può guardare come intrattenimento anche se ha alcuni momenti noiosi (già, quando cercano di essere profondi parlano troppo), e non ha nemmeno senso paragonarlo al suo illustre predecessore. Questo vi basti se state meditando di andare al cinema a vederlo. Il fatto che sia stato programmato in una enormità di sale in Cina mi fa pensare, con tutto il rispetto, che sia stato pensato fin dall'inizio per un pubblico di bocca buona. Da qui in poi, dirò due cosette su questo film rivelandone la trama, ma spiegando anche perché non c'è un vero rapporto con il precedente. Se non avete visto il primo film, temo che capirete poco di questo post.


Innanzitutto le motivazioni di Utah non sono le stesse. Il personaggio interpretato da Keanu Reeves era un ex giocatore di football americano, recluta nell'FBI, uno che aveva visto poco del mondo e che verrà ipnotizzato dall'ambiente libero, rilassato e allo stesso tempo intenso dei surfisti, pur sapendo di essere già vecchio per intraprendere sul serio quello sport. Questa scoperta, che sconvolge gli orizzonti di Utah, è una parte importante del film (del 1991) ed è resa bene. Il protagonista del nuovo Point Break è invece uno specialista di sport estremi che abbandona tutto e va a fare il poliziotto dopo aver assistito alla morte di un amico, in un'esibizione dove era stato lui a spingerlo a prendersi un rischio in più per fare contento lo sponsor. Sensi di colpa che creano una motivazione a mio parere più comoda e però dozzinale. Certo, nel film del 2015 la premessa è che la banda di criminali sia composta da specialisti negli sport estremi, quindi l'infiltrato deve per forza essere uno del settore... ma questo cambia molto la prospettiva.

Neanche le motivazioni della banda di criminali sono identiche. Innanzitutto non sono una banda di buontemponi che fanno rapine per poter stare in vacanza in eterno come nel vecchio film, ma mostrano una miscela di idee, inizialmente misteriosa. Per prima cosa una ideologia "a favore dei poveri," in quanto causano piogge di denaro sui diseredati del mondo a scapito dei ricchi; poi sembrano essere intenti a seguire una via spirituale di prove estreme - le otto di Ozaki - indicata da un misterioso maestro, una più pericolosa dell'altra, in un'ottica di rendere omaggio alla terra e restituirle quello che le viene rubato (continuando in parte il movente anticapitalistico e mettendoci un pizzico di ecologia), in parte questa motivazione si svela essere la ricerca di una strada, di un nirvana personale: vivendo nel mondo secondo le proprie regole senza farsi comandare dagli altri.

Ma è tutto confuso. All'inizio Utah viene criticato da Bodhi perché, nell'inserirsi in incognito nel gruppo, si mette in mostra con delle prove dove è poco elegante, poco armonioso, tutto grinta e rischio. Poi in varie occasioni i nostri antieroi a loro volta rischiano (e perdono) la pelle per cercare di fare cose impossibili... insomma, c'è un certo parlare filosofico, in questo film, con tematiche ecologiste, anticapitaliste e antisistema, e qualche dialogo prolisso che t'ammazza di noia, ma il tutto mi sembra un minestrone un tanto al chilo, una confusa frittata di concetti hipster e new age. Non privo di contraddizioni interne. Probabilmente lo sceneggiatore avrebbe dovuto farsi aiutare da qualcuno che a quei concetti politici credesse davvero.

Altra sparata, che Bodhi tirerà fuori quando Utah ha ormai abbandonato la propria copertura cercando di arrestare il gruppo, quella che i cattivi sapessero fin dall'inizio che lui è un poliziotto, ma avessero cercato di "salvarlo" (convertirlo al proprio gruppo). Però non si capisce come facessero a saperlo, perché il regista si dimentica di mostrarcelo.

Il film della Bigelow era molto più leggero pur riuscendo paradossalmente a sembrare una cosa più seria. Non c'erano complicate teorie... era Bodhi il vero saggio e guida spirituale, e non si capiva veramente i suoi compari quanto capissero cosa volesse dire e quanto invece lo seguissero per il suo carisma. Peraltro questo è un elemento che lo rendeva un personaggio molto più potente, era lui a dare un "senso" a tutto quello che faceva il suo gruppo. Le cose degeneravano nel sangue e costringevano Utah a prendere coscienza di non potersi sentire dalla parte della "banda dei surfisti," ma ciò era frutto di eventi sfortunati, forse alla lunga inevitabili ma non desiderati dal gruppo di Bodhi. Nel remake attuale invece i nostri atleti estremi non esitano a uccidere (in una scena ambientata sulle Alpi c'è anche un gran massacro di carabinieri italiani a seguito di una rapina...).

Dulcis in fundo, alla fine del film di Kathryn Bigelow Utah è ormai cambiato dalle sue esperienze e, dopo aver permesso a Bodhi di andare a morire cavalcando l'onda del secolo, getterà via il proprio distintivo di poliziotto. Nel remake il pivello Utah verso la fine del film riceve il distintivo come se fosse un gran regalo (e mi chiedo: ha rischiato la pelle di continuo, perché non glielo hanno concesso prima?), e se lo tiene tutto contento. Mi voglio sprecare: potrebbe anche avere un suo significato, meno retorico, più "vita reale" del gesto iconico che vediamo nel film della Bigelow, ma attaccato a un film così debole non migliora certo le cose.

Anche se ci sono nomi ed eventi simili e qualche scena ricalcata, questo "remake" in verità non sembra avere nulla a che fare con il vecchio Point Break. Le grandi scene (indubbiamente spettacolari) di imprese estreme diventano presto ripetitive. Mancando di interpretazioni forti in una storia che per sua natura ne ha bisogno, il nuovo non può assolutamente misurarsi con l'originale. Per un amante del glorioso film degli anni '90 non è nemmeno il caso di arrabbiarsi.

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Ho visto di peggio, ma lo considero davvero un film evitabile e non necessario...

Bruno ha detto...

d'accordo per entrambi gli aggettivi.