La morte di Umberto Eco, notizia di oggi, scatenerà orde di espertoni che si metteranno a parlare di lui. Io di Eco so poco o niente e non ho letto i suoi libri, al massimo qualche articolo (e ho seguito magari un paio di interventi in televisione) quindi non c'è pericolo che mi cimenti in un'impresa del genere. Ricordo però quando parlò dei social network: ne parlò male, dicendo che danno diritto di parola a una legione di imbecilli che una volta venivano messi a tacere, senza permettere loro di far danno, mentre adesso hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel. Da una parte l'opinione mi pareva espressa con una certa alterigia, dall'altra non potevo che sentire le ragioni per cui era stata espressa, e in un post recente ho in effetti espresso lo stesso sgomento (ricordate dove?).
È così. Può capitare che cerchi di aprire una discussione su un argomento e vieni coinvolto in una rissa da un troll, e puoi solo andartene per non essere coinvolto dai mezzucci di certi deficienti.
Siamo nell'epoca in cui il raglio dell'idiozia ha sempre ragione. Forse ci siamo sempre stati, ma oggi si fa fatica a sentire qualcosa d'altro.
2 commenti:
Di Eco ricordo Il nome della rosa e Il pendolo di Focault. Mi trovai d'accordo quando fece quelle osservazioni, che non riguardano solo i social ma tutta la rete, che potrebbe essere un gran mezzo di conoscenza e diffusione delle idee e invece viene usato per cavolate e insulti. Sempre più certe persone dimostrano che quando non hanno argomenti, si mettono a sparlare degli altri, attaccandosi a frasi che hanno detto e alterandone il significato, spesso stravolgendolo. Queste persone le definisco macchine fangoformanti.
La rete la conobbi agli inizi e posso dire che quando si era in pochi era molto meglio...
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