lunedì 16 marzo 2015

I critici di... Bruno Bacelli

Come m'è capitato già di dire, non sono quello che si mette a fare discussioni con un recensore, quando vengono indicati alcuni supposti difetti del mio scrivere. La prima cosa da fare, direi, è invece di ringraziare chi ha voluto leggerti, magari pagando, magari no (visto che offro qualcosa di mio anche gratis, file che trovate qui). Salvo che nel caso in cui chi mi critica decida di oltrepassare i limiti della buona creanza o del codice penale, cosa che fortunatamente non è ancora successa, io non ho da lamentarmi. Comunque nel caso che ci sia chi voglia sapere come ho reagito alle critiche e quali indicazioni ne ho tratto, inizio questo discorso riguardante il libro Nove Guerrieri, che è l'unico su cui ci siano significativi giudizi, oggi come oggi (una piccola nota: chi ha scaricato Khaibit - Il Giorno del Giudizio potrebbe farsi sentire? Lo hanno commentato pochissimi).


Ho raccontato qui la genesi di Nove Guerrieri e i motivi per cui il libro è molto stringato, con poca ambientazione, poca descrizione dei personaggi e caratterizzazione assai modesta per molti di essi. Da una parte pensavo e penso ancora di aver fatto un lavoro valido per le restrizioni di lunghezza che mi ero prefissato, dall'altra sapevo, e so, di aver fatto un po' quello che mette le mani avanti e si giustifica in attesa delle critiche che certamente arriveranno.

Comunque sia, in certi casi un vantaggio si ottiene togliendo qualcosa dall'altro lato: se il lettore pretende una storia rapida e dal buon ritmo, eppure ben articolata, e con un'ambientazione molto elaborata nonché numerosi personaggi ben approfonditi, e il tutto deve stare in un centinaio di pagine, direi che chiede un po' troppo e dovrebbe rendersene conto. Considerando che ci sono autori ben più blasonati di me che riescono a scrivere libri in cui per centinaia di pagine non succede un accidente, vorrei che mi venisse fatto uno sconto su quello che scarseggia nel mio libro e che venisse comunque considerato quello che c'è. Di fatto però, al di là delle mie giustificazioni, proprio la breve ambientazione, le parti non spiegate, e la resa stringata della maggior parte dei personaggi sono e restano la critica principale, e devo quindi rendermi conto che questa in quanto espressa diverse volte è "critica di cui si deve seriamente tenere conto."

La storia molto semplice, scontata, troppo lineare è stata anche criticata. Io incasso, tuttavia è vero anche che esiste un disvelamento finale di parti non conosciute all'inizio, o almeno non note al protagonista. Semplice? Sì, ma non semplicissima.

Altre indicazioni: ci sono delle pecche nello stile volutamente semplice (non avendo degli esempi mi è impossibile approfondire, purtroppo); e nella storia. Queste proviamo a esaminarle (ovviamente chi non ha letto il libro non capirà tutto e ci saranno degli spoiler...). La missione del Duca viene attaccata "mordi-e-fuggi," solo un sacerdote (che è vitale per la riuscita) accompagna il gruppo, il quale è piccolo e composto solo di volontari, e vi è una lunga attesa prima che qualcuno si decida a contrastare la schiavitù imposta alla Valle del Silenzio.

Quanto al come si arriva alla situazione narrata nel libro, è vero che per molto tempo non si è fatto nulla contro la strega Moiraga. Nei fatti descritti direi che il motivo si comprende: poiché le pretese di lei si sono innalzate, è diventato imperativo ribellarsi solo negli ultimi anni, ma il Duca era frenato dal padre vigliacco che non avrebbe né autorizzato né condotto l'operazione. Di fatto la situazione è ormai divenuta intollerabile, perché appena il padre muore la spedizione parte.

Perché ci va solo un sacerdote? Una risposta possibile: potrebbe essere che in grado di fare quello che va fatto ce ne sia solo uno, o solo uno che al contempo possa reggere le fatiche di una simile avventura? Non mi sembra sia un problema o una pecca nella storia, e penso sia normale che il protagonista non sappia, per un bel pezzo, quanto sia importante quel personaggio. Tutti gli altri lo sanno fin dall'inizio? chissà...

Perché ci vanno dei volontari? Perché è difficile muoversi nel posto in cui ci si deve recare (anzi sarà ancora più difficile di quanto preventivato) e andarci in molti potrebbe essere logisticamente ancora più difficile, e perché la maggior parte dei soldati non vuole saperne di andarci, infatti alla fine i volontari sono pochi e il Duca non obbliga nessun altro. Non se la sente di obbligarli? o pensa che sarebbe controproducente portarsi dietro gente terrorizzata? Il Duca è morto, e non glielo possiamo chiedere ;) comunque la decisione potrebbe essere della Sacerdotessa Eccellentissima.

Perché i "pidocchi" attaccano in pochi? Per quanto riguarda il primo attacco, ho ritenuto che abbiano avuto il tempo di radunarsi solo in pochi. I pidocchi li ho immaginati non più di qualche decina, di cui alcuni devono fare la guardia alle residenze di Moiraga e del loro capo. Per quanto riguarda il secondo attacco, trattandosi di vigliacchi consapevoli di subire appieno i danni arrecati dalla Piana della Polvere, non è così strano che siano pochi. Chissà, speravano che tutto si risolvesse con le altre insidie messe in atto contro i volontari. Dev'essere stato demoralizzante pensare che ora toccava a loro. Magari qualcuno ha tagliato la corda...
Quanto al comportamento dell'anonimo re che comanda la Valle del Silenzio: la località deve considerarsi come isolata (perché confina con una steppa, e questa steppa è controllata dai barbari). Il collegamento del ducato con il resto dello stato è da tempo poco più che nominale, il che fa sì che l'insidia della strega sia stata ignorata dai precedenti re come lontana e poco minacciosa, vista da lontano. Essendo i collegamenti difficoltosi, per il re chiedere un contingente di soldati ogni tanto può essere fattibile (i soldati si difendono da soli in fondo), far passare un convoglio per la raccolta dei tributi molto magri offerti dalla valle potrebbe essere solo un fastidio. Il convoglio sarebbe un bersaglio per i predoni, scortarlo pesantemente potrebbe essere alla fine troppo costoso, probabilmente il re ha deciso di lasciare perdere. Altra critica: non si capisce perché la gente non sia scappata via da un posto così oppresso. Come dicevo prima la Valle è isolata (autocitazione: siamo circondati da impervie montagne e allo sbocco della nostra valle abbiamo la steppa dominata dai barbari). E la strega tiranneggia quando capita perfino i barbari, al punto che uno di loro partecipa alla spedizione per eliminarla. Per gli abitanti della Valle non c'è quindi speranza di fuga.

Spero che questa sia occasione di dare qualche chiarimento ai dubbi sorti nei lettori. In parte sono certamente dovuti alla schematicità della mia narrazione. Le critiche (argomentate e costruttive) sono comunque interessanti e sono contento che un certo numero di persone abbia parlato di Nove Guerrieri. Peccato che (come scrivevo in apertura) per il mio successivo libro, Khaibit, pur essendo gratuito e a detta di qualcuno anche più bello, non ci siano state molte voci di commento.

5 commenti:

M.T. ha detto...

“se il lettore pretende una storia rapida e dal buon ritmo, eppure ben articolata, e con un'ambientazione molto elaborata nonché numerosi personaggi ben approfonditi, e il tutto deve stare in un centinaio di pagine, direi che chiede un po' troppo e dovrebbe rendersene conto.”
Decisamente troppo. Si scrive quello che ci si sente di scrivere, il resto viene dopo: non si può accontentare tutti.

“Considerando che ci sono autori ben più blasonati di me che riescono a scrivere libri in cui per centinaia di pagine non succede un accidente”
Jordan, Martin, per esempio ;) ?

“La storia molto semplice, scontata, troppo lineare è stata anche criticata.”
Non si può andare bene a tutti. C’è chi critica per esempio chi scrive trame complicate e si vorrebbe qualcosa di semplice.

Trovare qualcuno che commenta un proprio lavoro non è facile, sia in privato sia pubblicamente (il secondo più difficile del primo), ma se si trova qualcuno che fa una critica oggettiva, si hanno edgli spunti per rendere il lavoro migliore.

Bruno ha detto...

Per quanto riguarda gli autori prolissi potrei citare il Rothfuss de "La Paura del Saggio," un bravo scrittore che m'incanta, ma non fino al punto da non farmi percepire che per le prime trecento pagine del libro non succede un beato accidente di niente... Martin l'ho mollato troppo presto per giudicare (più che privo di eventi il suo Trono di Spade lo definirei terribilmente noioso), Jordan sicuramente una bella nicchia tra i prolissi se la merita.

I giudizi sul mio lavoro non mi sono necessariamente piaciuti tutti, ma fanno parte del mestiere. Interessante sapere che certe licenze (ad es. poche descrizioni, personaggi approfonditi al minimo) non te le perdonano nemmeno se ti metti in ginocchio ;) e stimolante anche chiarire la dinamica di certi dettagli della trama, una bella verifica con la coerenza interna che si è creata mentre si stendeva il testo: facile che ci sia l'errore o la cosa che non si era prevista.

Un errore che non mi hanno fatto notare (troppo gentili) è che il protagonista, che non ho voluto fare il solito quattordicenne sbarbato, ho deciso (correggendo troppo!) che fosse diciassettenne, età in cui in un mondo medievale o simil-medievale ci si poteva tranquillamente aspettare di sposarsi, o finire sotto le armi, più che di esser trattati come ragazzini (cosa che, almeno in parte, succede al mio protagonista).

M.T. ha detto...

E' vero, Rothfuss con La paura del saggio doveva avere una maggior sintesi.
Jordan diventa veramente prolisso e ripetitivo dal sesto romanzo.

Certe critiche possono subito non piacere, ma se giustificate fanno capire come intervenire sul lavoro. E questo è un fattore positivo.
La scelta di un protagonista diciassettenne non è un errore, soprattutto visto la motivazione che dai.

Andrea Caporale ha detto...

Oddio, per quel che mi riguarda, critico è una parola grossa. Ne parlavo proprio giorni addietro con Zeno di Cronache Bizantine, riguardo alle rispettive recensioni de La Torre della Rondine. La sua certo si potrebbe considerare una critica a quel romanzo, la mia come per Nove guerrieri è poco più che una recensione della storia e come tale soggettiva.
La storia di un racconto breve, che come quello lungo ha pregi e difetti. Ma è una storia dalla trama ben strutturata e se tale non l'avessi trovata l'avrei di certo fatto notare e non l'avrei sicuramente suggerita come molto interessante per basarci una avventura, perché se ci sono delle falle in una trama il modo in cui è più facile che vengano fuori è proprio trasformarla nella base per una avventura, cosa che porta a sviscerarla, trovandone (in fretta di solito) i punti deboli e le incongruenze.
Ma apprezzo molto i chiarimenti di Bruno, proprio perché, come lui sa, il mio obiettivo va oltre la semplice recensione. Non le chiamerei pecche però, in quanto trovo che la logica che c'è dietro ogni perché che lui soddisfa sia tale da rendere la domanda a cui risponde quasi ridicola. L'impresa armata dal Duca a cui Leandro partecipa è una impresa eroica (diversamente se fosse stata una scampagnata non sarebbe valsa la pena narrarla) e in quanto tale quasi impossibile o comunque molto pericolosa. Tale si rivela essere e non vi sono sconti e a mio parere nemmeno incongruenze.

Bruno ha detto...

@ Andrea Caporale: ti ringrazio. D'altra parte, se non tutte le mie scelte possono sembrare le più chiare e ovvie al lettore, per cui è ben legittimo che ci siano dubbi, curiosità ecc... (anzi mi fa piacere rispondere) mi sono sforzato per non essere almeno troppo inverosimile.

Se alcune parti della mia trama faticassero a stare in piedi (non lo escludo, ci possono essere cento altre domande su quello che i "cattivi" fanno, avrebbero potuto fare ecc...) almeno quello che accade non è del tutto inverosimile o impossibile - a livello di coerenza interna.