Iniziamo con l'ammettere che qui il fantastico non c'entra. Il libro si intitola L'Azteco e narra dei Mexica, o Aztechi, e di come vennero schiacciati dall'invasione di Cortes. Per me quegli eventi sono straordinariamente interessanti, come interessante era la cultura che venne spazzata via, perciò ho letto questo romanzo storico con piacere anche se di solito non apprezzo molto la categoria.
O meglio: se i personaggi e gli eventi reali compaiono poco o niente e stanno sullo sfondo, mi sta bene, se si mette in bocca a un persoanggio veramente esistito una frase che non ha detto, o gli vengono fatte compiere azioni che non ha compiuto, divento estremamente schizzinoso.
Questo romanzo storico in particolare, secondo me, soffre anche di altri problemi che, ammetto, sono frequenti e difficilmente evitabili: l'anacronismo del modo di parlare e di pensare è uno di essi.
Inoltre, nonostante l'autore sia senz'altro preparato, alcuni fatti storici sono modificati a favore della narrazione (male!) e avvengono una certa quantità di fatti improbabili.
Detto tutto questo, e nonostante siano difetti che soffro più di molti altri lettori, fondamentalmente mi sono goduto la lettura.
Gary Jennings, che pubblicò l'Azteco nel 1980, è morto nel 1999 poco dopo averne scritto un seguito. Dopo la sua morte l'opera ha avuto il mesto destino dei bestseller, venendo ulteriormente continuata da un altro scrittore. Quella che viene narrata in questo primo libro è la storia di Mixtli, la cui parabola parte da una località oscura, si sposta alla capitale Azteca (Tenochtitlan) e lo conduce in tutta una serie di viaggi, finché il nostro protagonista riuscirà a diventare nobile, per poi perdere tutto. Il libro è molto lungo (oltre 1000 pagine), un particolare che generalmente non mi è gradito. Devo però riconoscere che Jennings ha saputo creare un affresco di ampio respiro, un personaggio cui mi sono affezionato e che ho lasciato con dispiacere.
Il libro è strutturato in lettere, che sarebbero la fedele trascrizione di ciò che Mixtli racconta ai frati che ne raccolgono le memorie, accompagnate da una relazione del perfido vescovo Zumurraga, che spedisce questo materiale al sovrano spagnolo Carlo V, desideroso di sapere la storia di questo mondo che i suoi soldati hanno schiacciato.
Mixtli nasce prima dell'arrivo degli stranieri bianchi, e si segnala per la propria intelligenza e intraprendenza fin da bambino. Pur nascendo in una classe sociale che avrebbe dovuto escluderlo da certe conoscenze diventerà abile nella tecnica di scrittura assai particolare del suo mondo: ma le sue avventure sono spesso sfortunate e si farà anche dei nemici molto insistenti nel cercare di rovinarlo.
Ci sono anche scene di sesso di ogni genere e variazione, con il narratore che si diverte a tormentare le pudiche orecchie del vescovo e farlo fuggire infuriato: in effetti sembra proprio che il nostro azteco faccia apposta. O forse dovrei dire che fa apposta lo scrittore, a solleticare il lettore con questo eccesso di scene piccanti. Per me è una esagerazione.
Un altro aspetto dove l'azteco incontra lo sfavore inorridito dei frati che ne trascrivono le memorie è ovviamente quello della religione sanguinaria praticata dai sacerdoti del suo popolo. Mixtli tende a minimizzare e a trovare delle ragioni per quegli eccessi, e lascia chiaramente trasparire come la propria conversione al cristianesimo sia solo una superficiale convenienza. Poi mette spesso il dito nella piaga rivelando gli errori dei suoi nuovi padroni, e sottintende che i cristiani per tanti aspetti non sono meglio dei sacerdoti aztechi (attirandosi l'odio del vescovo).
In realtà, e qui Jennings forse ha qualche incertezza su come costruire il proprio personaggio, Mixtli odia i fanatismi dei preti messicani non meno dell'ipocrisia e pudicizia cristiana. Tuttavia (e non potrebbe essere diversamente) più o meno è un credente e segue la sua religione (che storicamente venne difesa dalla maggioranza del resto: l'orrore cristiano per i sacrifici umani spesso non era apprezzato nemmeno dalle vittime designate di tali sacrifici).
Manca purtroppo quello che forse non avrei dovuto nemmeno sperare di trovare: una credibile, convincente versione della visione del mondo di questo popolo che si era inventato divinità terrorizzanti, spietate, che chiedevano sangue a dismisura per concedere agli uomini di sopravvivere.
Jennings ha scritto un bel libro, si è ben documentato, ma non credo sia riuscito davvero a penetrare nella mente degli Aztechi.
5 commenti:
Lessi questo romanzo vent'anni fa, ma ne conservo un'ottima sensazione, e cioè quella di essere stato catapultato con il protagonista, al suo fianco e nel suo tempo.
Ora ho il doppio degli anni ed è già un pezzo che mi riprometto di leggerlo nuovamente, per capire se la sensazione conserva ancora il suo 'potere', anche alla luce di quanto hai scritto in merito alla mancata occasione di 'penetrare nella mente degli Aztechi', che ai tempi non avvertii.
La tua recensione ha rimesso la pulce nel mio orecchio, e considerando che le ambientazioni storiche a me piacciono molto, vorrei sfruttare questa coincidenza; appena finisco "L'acchiapparatti" vedrò di farmi ritrovare tra le mani Mixtli e la sua storia.
@ by Ax: guarda, può essere una sensazione soltanto mia, ovviamente. Mi aspetto che ci sia qualcosa di "speciale" in un popolo come quello Azteco, ma poi non si trova nessuno che ti spiega perché avvenivano certe cose, che ti convince veramente in maniera che dici sì, ho veramente capito. O lo si banalizza (come a volte fa lo stesso Mixtli), o si accetta il mistero.
C'è anche da dire che la concezione del mondo di uno stato così dirigistico e strutturato si volatilizza in maniera irrimediabile con l'annientamento della classe dirigente, che detiene tutto il controllo e tutti i segreti.
Con la cancellazione dei testi e l'eliminazione fisica delle persone chiave, rimane solo un popolo vinto che non sa nemmeno raccontare molto del proprio passato.
E' stato lo stesso con gli Inca, e per giunta con i Maya che sono decaduti per motivi di ordine pratico (disastro ecologico provocato dall'uomo, sembra).
... mi scuso per il doppio "veramente" nel post precedente. Ero troppo infervorato :)
Ciao Bruno! Ti consiglio di leggere anche -IL viaggiatore-.
Grazie per il consiglio, Anonimo, ma... sono altre mille pagine? :)
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