giovedì 2 gennaio 2025

As Far as My Feet will Carry Me.

 Questo è un film tedesco, per cui il titolo corretto sarebbe in effetti So weit die Füße tragen. Amazon Prime lo rimuoverà tra pochi, pochissimi giorni, quindi se volete vederlo affrettatevi.

Il film è del 2001 anche se molte cose nella storia e nel modo in cui è raccontata farebbero pensare a qualcosa di più vecchio. Si tratta della storia di un prigioniero di guerra tedesco, catturato alla fine della Seconda Guerra Mondiale, che fugge verso casa e, con un percorso tortuoso e rocambolesche fughe, riesce a tornare alla sua famiglia.

Storia tratta da un libro che è accusato di essere romanzato e di raccontare fatti inventati. Personalmente credo che fosse impossibile, anche per le differenze di aspetto fisico e linguaggio, che un tedesco potesse evadere, sconfiggere clima siberiano e polizia, muoversi negli spazi sconfinati dell'URSS e varcare dei confini.

A dire la verità sono ancora più incredibili gli eventi raccontati, che anticiperò qui. Il nostro prigioniero, il cui nome è Clemens Forell (comunque di fantasia e non reale) ed è interpretato da Bernhard Bettermann, viene aiutato da due cacciatori siberiani, di cui il primo ammazza il secondo per avidità su un bottino d'oro, e cerca poi di eliminare lui. Recuperato da altri siberiani che vivono in tende, si riprende dalle ferite e dal congelamento e trova l'amore di una ragazza, Irina (l'attrice è un'altra Irina, di cognome Pantaeva). Ma non può rimanere con la tribù perché dal campo di prigionia lo cercano. Il comandante sovietico infatti non si stanca di questa caccia all'uomo e più d'una volta è a un passo dal catturare Forell.

Forell in qualche modo se la cava sempre, e ottiene dei documenti con l'aiuto di un ebreo (!) che lo ha visto tutto stracciato e affamato in un mercato.

Alla fine, al confine con l'Iran, l'ufficiale russo lo trova ma misteriosamente lo lascia andare. E Forell, con l'aiuto di un parente che vive nel paese, torna in patria e ritrova la famiglia, che lo attendeva con incrollabile speranza. Compresa la figlia, la cui voce riceve, in italiano, uno dei peggiori doppiaggi che io abbia udito di recente.

Tema della pellicola, quindi, la fuga di un prigioniero che non voleva restare in una miniera gelida ad aspettare la morte. Tema che ancora suscita qualche emozione, anche nel nostro paese, che ha avuto la propria quota di prigionieri nei lager sovietici a seguito delle disfatte militari, gente che per la maggior parte non è tornata a casa. Il film però, non mi è sembrato particolarmente efficace.


2 commenti:

M.T. ha detto...

Questo film me ne ricorda un altro con un tema simile (la fuga per tornare a casa), The Way Back: non mi era dispiaciuto.

Bruno ha detto...

The Way Back non l'ho visto ma noto le somiglianze. Anche questo ambientato nei gulag, anche questo con un viaggio lungo e tormentato dopo l'evasione. Ma c'è un'altra similitudine: anche The Way Back è ispirato a fatti veri che però sembra... non siano veri.
No, io non penso che negli anni di Stalin fosse possibile fuggire dai gulag e tornare in occidente.