venerdì 9 luglio 2021

Jade War

 Secondo capitolo della serie (dovrebbe essere una trilogia) di Fonda Lee, questo Jade War estende le vicende narrate nel precedente Jade City a un contesto più... internazionale. Del primo libro ho parlato qui, se volete comprendere qualcosa di più del mondo vi consiglio di recuperarlo. Con Jade War abbiamo uno sguardo più approfondito alle nazioni vicine a Kekon, l'isola dove sono ambientate queste storie di mafiosi asiatici. Ovviamente siamo in un mondo fittizio, quindi il paragone vale fino a un certo punto, e comunque non si tratta di mafiosi, ma di clan che si servono di una specie di magia e obbediscono a un codice etico, una specie di incrocio tra la Yakuza e i Samurai. Sempre con le dovute distinzioni.

Leggendo Jade City il lettore è consapevole che il mondo esterno fa pressione, vuole la preziosa Giada, anche se non ha la predisposizione dei Kekonesi a farne uso. In Jade War abbiamo un conflitto armato vero e proprio, rispetto al quale Kekon rimane neutrale ma non senza forti condizionamenti, per via dell'alleanza con Espenia, una delle nazioni coinvolte. Ma ci sono altre nazioni e organizzazioni criminali che non si fanno scrupoli per ottenere la preziosa risorsa.

E ci sono gli sgherri mezzosangue, i barukan, che ostentano modi da Kekonesi mentre sono penosamente lontani dalla loro forza, stile, codice d'onore. Ma riescono comunque a rendersi pericolosi. Fra tutto, la principale novità di questo secondo libro, che copre un arco di tempo di cinque anni, è che il mondo sta cambiando velocemente, anche per via della guerra, e i due clan rivali non possono che approfittarne il più possibile, per evitare che uno solo si prenda tutto il guadagno. Questo nella consapevolezza che il vecchio mondo e il vecchio codice d'onore andranno, per forza, a farsi benedire. E quindi sarà una vittoria dal sapore amaro, chiunque sia il vincitore.

Per il resto, e qui anticipo qualcosina che magari non tutti vogliono leggere prima del libro, l'odiatissima Ayt Madashi, "pillar" del clan nemico non muore, per quanto sia coinvolta in un duello molto interessante. E la famiglia dei Kaul, il clan per così dire protagonista, dovrà soffrire tradimenti, sofferenze e morte. Cosa dire di questo secondo libro? Poco risolutivo. C'è addirittura una guerra ma non decide nulla. Sembra che Ayt debba cadere ma non succede, ci sono alcuni cadaveri eccellenti ma non come nel libro precedente. Una situazione di quasi stallo, in cui viene presentato un quadro internazionale di una certa complessità. Vedremo come si risolverà nel terzo (e ultimo, presumibilmente) libro. Fonda Lee scrive molto bene, ti costringe a rimanere incollato alla storia. Trovo però un po' ripetitivo il continuo ripetersi di fatti tragici, tradimenti, incomprensioni, vari casini fra i protagonisti. Nei crediti la scrittrice ringrazia l'editor Sarah Guan, che l'ha convinta ad approfondire le sofferenze della famiglia Kaul. La mia personale osservazione su questo è che, chiaramente, la formula è di successo: il lettore segue i loro trionfi e tragedie con vivo interesse anche se i membri del clan non sono dei fiorellini. Ma i drammi, i traumi, le tragedie e le morti che piovono a valanga su questo gruppo possono anche ottenere l'effetto opposto, ovvero desensibilizzare il lettore, una volta che scopre il gioco.

Comunque sia dovrò per forza vedere come andrà a finire, all'uscita del terzo libro. Chissà se leggeremo queste storie anche in italiano.


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