mercoledì 3 giugno 2020

Free Will, il libero arbitrio

Ok, questo è senz'altro un post insolito, visto l'argomento. Il mio interesse è stato stuzzicato da un libro (in inglese) riguardo un argomento complesso ma interessante. Il libro è Free Will, scritto dal neuroscienziato Sam Harris, l'argomento è il nostro libero arbitrio, ovvero la nostra reale capacità di prendere davvero decisioni "liberamente" nostre.

Per chi sia nuovo alla questione, il discorso sul libero arbitrio è sorprendente (e sarà sorprendente anche questo post). La scienza sembra dire, sempre di più, che le persone agiscono in base a decisioni prese inconsapevolmente. Il corpo sta già cominciando a muoversi quando tu, consapevolmente, non hai deciso ancora di fare quella determinata cosa (*). Gli impulsi in base ai quali prendi le decisioni irrompono nella consapevolezza, come tutti i pensieri, misteriosamente: non li hai "fatti" tu consapevolmente. Anche se soggettivamente quella è l'impressione che abbiamo tutti.

E il cervello è come una grande e complessa macchina: un gigantesco flipper chimico ed elettrico, il cui funzionamento dà, attimo dopo attimo, un risultato e uno solo, determinato dalla dinamica dei suoi processi. Questo lascerebbe poco spazio all'ipotesi che esista un qualcosa di superiore, la mente cosciente, che "prenda decisioni."


Conseguenza di questo è che la responsabilità, anche legale, delle tue azioni non è veramente tua. E questo vale per tutti, anche per ladri, assassini ecc...


Tutti questi contenuti sono compressi in un libro singolarmente breve, meno di cento pagine comprese le note. Peraltro un libro che non è proprio fatto benissimo, come "oggetto:" le pagine della mia copia sembrano tagliate con il righello da un bambino di cinque anni. Era meglio comprare l'ebook.

In realtà dubbi sulla nostra "libertà" esistono da tempo, prima che le neuroscienze mettessero il naso nell'argomento. Lasciamo Sam Harris da parte per un minuto... ad esempio una parte del pensiero orientale si basa sulla meditazione come forma di autocontrollo e miglioramento. La meditazione è un termine interpretato molto male dalla maggior parte delle persone: non si tratta di concentrarsi strenuamente su qualcosa facendosi fumare il cervello, ma al contrario è il tentativo di liberare la mente dai pensieri.

Infatti, se avete mai provato a meditare, vi siete accorti che normalmente non pensate a ciò cui volete pensare. Argomenti e idee vi arrivano, da non si sa bene dove. Ovvero: siete sempre voi, ma è una parte che non controllate. È una cosa ovvia una volta che l'avete sperimentata, ma bisogna farci caso. Meditare è riconoscere, ed eventualmente cercare di spegnere, o analizzare, tutto quello che la "mente scimmia" (così definita, ovvero che salta qua e là) vi propone, in modo da essere consapevoli di voi stessi, mente e corpo, della realtà dell'attimo che state vivendo, e dell'ambiente circostante. Questo vi aiuta senz'altro a pensare a mente più libera. Anche se, in base alle tesi dell'autore di questo libro, pare proprio che nemmeno meditare vi renderà davvero liberi.

Anche più ovvia è l'esistenza di diversi livelli di funzionamento del sistema nervoso. Non possiamo interferire con quella parte che regola le nostre sensazioni corporee, decidere ad esempio se abbiamo fame o no, o quella che fa battere il nostro cuore. Ci sono attività di cui siamo totalmente inconsapevoli, altre di cui possiamo prendere il controllo, ma fino a un certo punto (provate a trattenere il fiato...). Ci sono attività che svolgiamo di nostra volontà ma automaticamente, ad esempio camminare: dopo avere imparato, da bambini, a farlo, prendiamo solo le decisioni tipo dove andare, se fermarci al semaforo ecc... anche guidare l'auto non è molto diverso. Ci sono decisioni immediate (e/o impulsive) demandate a certe parti specifiche del cervello, come il famoso istinto "combatti o scappa," o il movimento automatico che fa scattare via la mano che inavvertitamente abbiamo messo a contatto del fuoco. Sono azioni e decisioni evidentemente legate a situazioni critiche, dove la consapevolezza del gesto, o della decisione, è parzialmente o completamente aggirata.

Consiglio al proposito la lettura del libro di Oliver Sacks, dal titolo L'Uomo che Scambiò sua moglie per un cappello. Ci spiega come specifiche parti del cervello abbiano dei compiti i cui effetti diamo per scontati, e invece non lo sono, come si accorge chi, per malattie o traumi, ne perda il funzionamento. Cose come riconoscere i volti delle persone note, stare in equilibrio, sentire che il tuo corpo è il tuo, e averne la corretta percezione nello spazio. C'è tutta una macchina che non vediamo che costruisce la nostra sensazione di "naturalezza."


Cosa dire della psicanalisi? Oggi è piuttosto criticata, ma aveva dato un contributo fondamentale per comprendere i limiti del nostro libero arbitrio. Secondo la triade già enunciata da Freud, abbiamo un Io (ego), che è la parte razionale e controllata, quella dei pensieri che verbalizziamo o potremmo verbalizzare: ad esempio, decido se posso permettermi di comprare una casa, faccio i conteggi per il mutuo, valuto diverse offerte. Invece il Super-Io è creato da precetti morali, divieti, insegnamenti (generalmente dei genitori) ricevuti in tenera età. Dal Super-Io derivano i sensi di colpa e la vergogna. Può essere forte al punto di diventare una palla al piede, per i più sfortunati, ma è anche una parte importante della capacità di una persona di adattarsi alla società. E infine l'Es (Id) è la voce degli istinti e della natura animale dell'uomo: completamente inconscio, pulsionale, potentissima forma di energia psichica che dobbiamo saper incanalare o liberare a seconda delle circostanze.
Nel gioco tra queste forze, noi siamo influenzati da fattori incontrollabili o che sono stati decisi nel passato da altri. Possiamo illuderci di essere liberi (ma, di nuovo, Sam Harris direbbe di no), tuttavia la nostra libertà esiste solo in base a considerazioni come "io sono quello che sono," accettando quindi di non potere, con un atto della volontà, modificare la propria struttura di pensiero.

Tornando al libro: uno dei problemi fondamentali che l'autore si pone è quello di come riconciliare il nostro sistema giudiziario, che emette condanne, con il fatto che le persone non siano mai state libere di comportarsi diversamente da come si sono comportate? Alla fine quello che Harris dice è che i criminali devono essere incarcerati per evitare che facciano del male ad altre persone.

Posso essere anche d'accordo sul fatto che non esista una base etica nel condannare i delinquenti: per me si tratta semplicemente del diritto della società a difendersi, e della necessità di disincentivare la vendetta privata. Del resto, qualsiasi cosa sia quella che prende le decisioni nella testa di una persona, le perizie psichiatriche si occupano solo di stabilire se il colpevole fosse in grado di intendere e di volere. Ovvero, e qui torniamo all'Io razionale: prima di commettere un delitto la persona era in grado di capire che stava commettendo un reato, al di là di tutte le cattive influenze che possa aver ricevuto? Una volta risposto alla domanda, il problema è risolto e il colpevole può andare in galera o in ospedale psichiatrico a seconda dei casi, quale che sia la ragione morale o pratica per mandarcelo.

Comunque sia, la "consapevolezza," questa cosa misteriosa che nasce dall'attività cerebrale non si sa come, va vista per quello che è. Ovvero una specie di rappresentazione auto-costruita per sperimentare il contatto con il mondo (nel senso più ampio possibile) e per far agire il pensiero e le emozioni della persona, da dovunque provengano. E permetterci di interagire con "il resto del mondo" e capirlo.
È una rappresentazione creata con dati già parzialmente elaborati (una parte del nostro cervello mette, per così dire, le etichette a persone, animali, oggetti in modo da rendere la scena immediatamente comprensibile) e dove le nostre spinte e pulsioni, e il pensiero razionale, sono vissuti come ragionamenti ed emozioni. Il tutto mentre molte cose avvengono nel corpo senza che in questa rappresentazione esistano i comandi per influenzarle. Senza dimenticare che decisioni molto semplificate e rapide, in caso di pericolo, compaiono "dal nulla" e prendono la prevalenza sulla mente "razionale."

Dal momento che questa rappresentazione serve a farci pensare e prendere una decisione sul da farsi, è naturale che il discorso interiore sia vissuto come la nostra propria volontà. Ricordiamo comunque che, alla fine, la consapevolezza è soltanto il risultato di quelle trasmissioni di impulsi che avvengono nel cervello.

Comunque sia, questa rappresentazione, per quanto mi riguarda, continuerò a chiamarla "io." E a riconoscermi nella decisioni che prende.


Per approfondire in italiano l'argomento consiglio di andare alla pagina https://it.wikipedia.org/wiki/Libero_arbitrio e consultare le fonti che si trovano in fondo (bibliografia).

La foto dell'autore è tratta da Wikipedia.

Nota (*): l'interpretazione degli esperimenti giunti a questa conclusione è ancora controversa.

8 commenti:

Clarke è vivo ha detto...

Siamo fatti in gran parte di automatismi, questo è vero. Ma siamo solo quello? Chissà, speriamo di no.

Bruno ha detto...


Sam Harris ti risponderebbe che "ci piace illuderci di no."
Io, come te, spero di no. E comunque ognuno ha i "suoi" automatismi.

M.T. ha detto...

Mi vine in mente una frase dell'agente Smith nel secondo Matrix: "le apparenze possono ingannare, il che riporta la nostra conversazione alla ragione per cui siamo qui. Noi non siamo qui perché siamo liberi; siamo qui perché non siamo liberi. Di sottrarsi a questo dato di fatto, non c'è ragione."

Bruno ha detto...


@ M.T. bella citazione. L'agente Smith era un software, un caso ancora più triste... ma il massimo penso fosse il traditore che "disonosceva" la realtà pur di tornare a vivere in un mondo di illusioni, purché fossero come voleva lui, sempre in Matrix. A parte il fatto che finisce malissimo. Una delle cose più azzeccate di un film che non mi è piaciuto un gran che.

Bruno ha detto...

[ooops! disConosceva]

M.T. ha detto...

Il primo film per me è valido, è dal secondo che comincia la china discendente (anche se in questo ci sono alcune parti abbastanza valide).

Bruno ha detto...

Il secondo e il terzo non li prendo molto in considerazione in quanto sono più film di azione e avventura, in alcuni tratti magari anche ben fatti e spettacolari.
Per quanto riguarda il primo, la mia la dissi qui:
https://mondifantastici.blogspot.com/2010/11/perche-non-mi-piace-matrix.html

M.T. ha detto...

Quello che fai notare nel tuo articolo è vero: ci sono pecche e ci sono buone idee. Si fossero fermati al primo, non sarebbe stato male; degli altri due, a parte alcuni dialoghi, quello che salvo è la musica dello scontro tra Neo e la marea di Smith. Ho visto anche i vari episodi in animazione (presi il cofanetto) ma nulla di trascendentale, anche se alcune cose sono gradevoli.