giovedì 18 aprile 2019

Magia e narrativa - prima parte

Quando si scrive su argomenti fantastici e mondi immaginari quasi certamente prima o poi si affronta un argomento che offre in teoria la più completa libertà, mentre al contrario è da affrontare con un'estrema attenzione per non danneggiare, anziché arricchire, la propria narrazione. Parlo della magia e del sovrannaturale in generale, campo dove ci si può sbizzarrire a piacere (perché si inventano cose che non esistono) ma occorre farlo con attenzione alle conseguenze su ambientazione, personaggi e storia.
Spero che l'argomento su come "farlo bene" stia a cuore ai lettori, anche se non mancano esempi (sullo schermo e nei libri) dove il successo commerciale è indipendente dalla cura che dovrebbe essere d'obbligo verso questi aspetti.



Ma non intendo polemizzare, e inizio la mia analisi dalla domanda iniziale che deve porsi chi crea una storia o un mondo immaginario: se esiste un potere sovrannaturale, da dove viene? In un certo senso la risposta dovrebbe venire dalla storia che si decide di raccontare. In una storia "high fantasy" ci saranno probabilmente divinità o esseri di simile potenza, e forse anche maghi che esercitano spaventosi poteri grazie alla propria sapienza (però, ricordiamoci, un personaggio come il celeberrimo Gandalf del Signore degli Anelli può sembrare un mago, ma in realtà ha natura quasi divina, ed esiste dall'inizio dei tempi). Nel fantasy più terreno di uno scrittore come Jack Vance la magia è un po' come una scienza, e non vi sono divinità da ringraziare, ma solo studi da portare avanti, recuperando un sapere che viene dal passato. Qui i protagonisti sono dei maghi studiosi e intellettuali.
Il magico potrebbe essere una misteriosa facoltà dell'intelletto umano, una forza che esiste nella natura e che bisogna saper sfruttare, un dono degli dèi destinato a pochi eletti o a molti seguaci, o un regalo che si può implorare presso spiriti o altre entità capricciose e invisibili. Chi crea una storia deve decidere su questo punto, anche se l'origine dei poteri magici potrebbe restare misteriosa per il lettore. Non molto diverso il lavoro che dovreste fare se volete creare un GDR (Gioco di Ruolo).


Una volta che vi siate dati la risposta alla prima domanda, le conclusioni sui poteri magici verranno abbastanza naturalmente, dai film che avete visto, dai libri che avete letto, dalle leggende che conoscete. Sempre che non siate voi a voler stravolgere certi esempi. In una storia dell'orrore che parli di fantasmi o case stregate il potere magico sarà probabilmente sottile come una ragnatela, estremamente specifico del luogo (o dello spettro) coinvolti, magari letale, ma efficace solo in particolari circostanze. In un mondo come quello di Harry Potter la magia invece è potente e te la insegnano in scuole ben affollate, tuttavia i privilegiati destinati a farne uso sono comunque una minoranza rispetto alla folla dei "babbani" che ne sono esclusi.

La seconda domanda da porsi è: quanto è potente e diffuso il sovrannaturale nella mia ambientazione? Questa è davvero importante perché le conseguenze vanno al di là dei destini di un singolo personaggio. Se l'influenza di un potere sovrannaturale è pervasiva, si dovrà immaginare tutto un mondo che vi ruoti attorno. Questo varrà per i principali eventi di una storia (tutte le forze di un mondo in guerra per decidere il destino dell'unico anello, vedi Tolkien) ma potrà arrivare anche ai fatti più banali. Se la magia che avete ideato può far comparire cibo e bevande in grande quantità dal nulla, allevatori e contadini cosa ci stanno a fare? Se esistono legioni di adepti che lanciano sfere infuocate in battaglia, i soldati cosa ci stanno a fare? E via dicendo.


Se avete deciso che esista un qualche tipo di potere magico controllabile ed estremamente potente, dovrà essere in qualche modo limitato. Questo si può ottenere in molti modi, dai più classici a quelli che vi potete inventare secondo le esigenze della vostra ambientazione. Per prima cosa, i poteri possono essere destinati a pochi eletti. Sacerdoti che ottengono il favore divino, personaggi predestinati per un motivo o per l'altro o addirittura una "razza separata" dalla razza umana (sarà indistinguibile?). O possono essere padroneggiati solo dopo un lungo e difficile apprendistato. Queste sono limitazioni alla magia già usate e note, e facili da far accettare al vostro pubblico, ma c'è spazio per l'inventiva. Un'altra possibilità è che la magia sia legata a qualche sostanza o a qualche genere di oggetto, da ottenere con sistemi faticosi e laboriosi, o con lunghi viaggi, o mediante imprese piene di pericoli.

Questo articolo proseguirà, e parleremo ancora di limitazioni, in un secondo post, e poi in un terzo.
Nel frattempo vi lascio con qualche spunto tratto da articoli precedenti:

un più vecchio post su come immaginiamo la magia

una riflessione su come la magia influenza il funzionamento di un'ambientazione





4 commenti:

M.T. ha detto...

Bisogna essere equilibrati: va bene creare qualcosa di fantastico, ma occorre che sia credibile. Citi HP: se metti qualcosa di potente come oggetti che fanno tornare indietro nel tempo, devi starci attento, perché poi sorgono certe domande. Per esempio, perché non usare questi oggetti per fermare Voldemort prima che uccida tante persone? Non basta dire che non si usano "perché viaggiare nel tempo è pericoloso" per non farli usare.

Bruno ha detto...


@ M.T. Ho qualche difficoltà a risponderti perché Harry Potter l'ho citato riguardo a un altro aspetto non relativo alle trame, che non conosco perché non ho letto nessuno dei libri... non per mancanza di tempo, ho proprio deciso di lasciar perdere. Comunque a quanto ho letto nelle varie recensioni l'autrice è abbastanza liberale nel creare poteri magici, senza badar troppo alla credibilità della trama. Se è così, è certamente un difetto. Sono aspetti che tratto nel prossimo post, dove questo articolo continua...

M.T. ha detto...

Per un autore, non prestare attenzione a questi aspetti, è un errore da evitare. Quello per me è il più grosso di HP, ma ce ne sarebbero altri. Per me, uno scrittore, deve prestare attenzione a tutto, dalle cose più complesse alle più semplici; ora sento in diversi dire che conta solo l'idea, poco importa se si fanno errori di punteggiatura e grammatica. Ma perché un libro riesca, conta anche la scorrevolezza e la fluidità di lettura.

Bruno ha detto...


Il mio punto di vista su questo lo esprimo... settimana prossima. Quanto agli errori di grammatica, se si scrive per un pubblico per me vanno evitati, è chiaro.