martedì 23 maggio 2017

Gioco di Ruolo, aiuta la crescita personale?

Si è sempre parlato tanto di effetti malefici e diabolici del GDR (Gioco di Ruolo, o anche RPG, dall'inglese), e questa è una diatriba che va avanti da un sacco di tempo. Per una volta tanto vogliamo soffermarci sugli effetti positivi? Sorprendentemente, ce ne sono un sacco...
In particolare, i giochi di ruolo, anche se li si intraprende per divertimento, possono insegnare un sacco di cose. Cito qui un articolo di un paio di anni fa, in inglese, dove si afferma, per cominciare, che chi si occupa del gioco di ruolo deve per forza leggere e imparare a scrivere, e descrivere, tutti grandi esercizi per la mente e che possono aiutare chi vi è per natura poco dedito (in Italia invece chi è analfabeta di ritorno spesso si sente superiore alle persone che sorprende con un libro in mano, ma non per niente il nostro paese sta affogando nel letame...).


E il fatto che il GDR sia una attività di gruppo significa che, per quanto sia ritenuto un passatempo per gli asociali (o gli impopolari, come negli USA chiamano gli studenti che non risplendono di successo fra i loro pari), è in effetti un'attività sociale, per di più senza la mediazione di schermi di computer o altri aggeggi (qui si parla ovviamente del gioco di ruolo carta e matita). E dal momento che si vince o si perde tutti insieme, è il lavoro di gruppo e la cooperazione che vengono stimolati, assieme alle abilità di "problem solving." L'articolo sottolinea che sul lavoro oggi come oggi spesso si devono acquisire le stesse capacità di collaborare con un gruppo: insomma il GDR non è molto diverso.
In un futuro articolo cercherò di esplorare questi temi e vedremo se sono al 100% d'accordo... passiamo invece al blog di Germano Greco e a un articolo (in italiano) sul GDR come terapia: non è in effetti una novità.

L'articolo di Greco parte da un libro di Vanni Santoni, di recente pubblicazione, che racconta il disagio dei giocatori (visti come tipi strani dagli altri), ma arriva poi agli usi terapeutici del GDR usato come strumento per spingere ad aprirsi i ragazzi più chiusi e difficili. I motivi per cui il gioco di ruolo potrebbe essere terapeutico sono più o meno quelli espressi nell'articolo che ho citato per primo: cooperazione, immaginazione, soluzione dei problemi, relazionarsi con gli altri. Come si legge anche in un altro articolo (in inglese, traduzione mia): ragazzi che hanno difficoltà a interagire in "normali" situazioni sociali spesso sono a più agio nell'ambiente del gioco di ruolo perché interagiscono nella veste del proprio personaggio anziché di se stessi. Anche i genitori non sarebbero così scontenti di vedere i figli allontanati da TV, computer e altri schermi, nonostante ci sia stata, da sempre, una propaganda disonesta da parte religiosa sull'influsso "satanico" nei GDR. (*)



Io non ho una opinione sempre completamente positiva dei giochi di ruolo, e ne parlerò (prima o poi), ma in questo articolo vorrei parlare della mia esperienza personale del GDR come aiuto terapeutico. No, non ero io la persona da guarire. Sapevo solo che dovevo giocare a un certo indirizzo e che un ragazzo con cui avevo giocato un paio di volte avebbe fatto il master (il GDR era Runequest). Fui molto imbarazzato nel trovarmi dentro come ospite in un centro per ragazzi "problematici," anche se non lo saprei collocare precisamente: forse era anticamera del riformatorio, o un servizio sociale collaterale a qualche reparto psichiatrico, non saprei.
Essendo schizzinoso per quanto riguarda le mie amicizie, e da poco uscito da un'adolescenza vissuta con la non piacevole frequentazione (forzosa) di certi bulli, dovetti mascherare un certo disagio. Ma non me la sentii nemmeno dopo di esprimere a questo ragazzo la mia perplessità per essere stato coinvolto senza saperlo in anticipo, me ne sarei sentito in colpa. Difficoltà che lui probabilmente percepì, perché non mi chiamò più per un'altra occasione del genere.



Detto questo, ebbi modo di osservare questi ragazzi, più o meno miei coetanei. Innanzitutto la facilità con cui accettavano di trovarsi in questa ambientazione strana, e le schede in inglese di cui non capivano nulla e via dicendo, ma poi il problema veniva non tanto dal capire il gioco, ma proprio nelle situazioni immaginarie che si creavano.

Mi spiego. Uno continuava a sgrullare i dadi in mano valutando i vantaggi e gli svantaggi dell'azione che stava per compiere. E se va male? E se me ne viene un problema? Un ragazzone grande e grosso, amichevole e sorridente, ma come se fosse terrorizzato di prendere qualsiasi decisione, anche la più ovvia.

Un altro valutava invece i pro e i contro della sua interazione con gli altri. Nel momento in cui c'era da contrattaccare il classico mostro che aveva attaccato un altro del gruppo, non gli veniva spontaneo farlo. Si lanciava in contrattazioni e considerazioni del tutto incompatibili con la situazione (se fosse stata reale). Potrei aiutare il compagno che viene attaccato, ma perché dovrei farlo? Cosa ci guadagno? Se mi promette qualcosa in cambio poi come posso essere sicuro che dopo la otterrò? Era del tutto incapace di concepire il fatto che nella situazione immaginata fosse compagno d'armi dell'altro e in una situazione in cui bisogna essere "tutti per uno." Era fuori dal gioco, in un'impasse, in contrattazione con il resto del gruppo come se gli fosse chiesto davvero di rischiare per qualcun altro
Non ricordo molto altro di quella serata ma in effetti quei ragazzi avevano bisogno di un ambiente "amichevole" per evolvere la loro capacità di interagire con gli altri e affrontare problemi. Chissà se il GDR ha fatto qualcosa di buono per loro.



(*)Nota: vedi anche http://geekandsundry.com/rpg-therapy-for-kids-is-a-real-thing-and-it-works/

Questo articolo è il primo di una breve serie sui Giochi di Ruolo. Gli altri sono:

Secondo articolo: sugli stili di gioco
Terzo articolo: sulle critiche al GDR
Quarto articolo: sul perdere la voglia di giocare



4 commenti:

Babol ha detto...

Articolo molto interessante, bravo!
Non ho mai avuto modo di giocare a un GDR "analogico" ma per anni ho frequentato uno dei più famosi on line e devo dire che quelli portano ad un'alienazione fuori da ogni immaginazione, altro che fungere da terapia. Gente che non riusciva più a scindere il reale dal gioco, gente che sfruttava le sue posizioni "alte" per fuggire dalle frustrazioni della vita riversandole sui sottoposti, altra che spalava mer*a offline nemmeno conoscesse davvero le persone dietro allo schermo... insomma, una gabbia di matti. La decisione di abbandonarlo è stata una delle più sensate della mia vita, soprattutto quando avevo cominciato ad avere a che fare con giocatori che non concepivano che dedicassi tempo libero ad altro... o__O

Bruno ha detto...

@ babol: be' questa esperienza che mi racconti sembra veramente terrificante, ma ti posso garantire, anche se in questo post parlo del "meglio" da me conosciuto, che il GDR carta-e-matita ha la sua buona quota di pazzoidi, alienati e compagnia bella. Forse il fatto di essere tutti intorno a un tavolo peggiora anche le cose. Ne parlerò prossimamente...

M.T. ha detto...

Il gioco, come tante altre cose, è un mezzo e il modo in cui viene utilizzato lo rende qualcosa di positivo e negativo.
Con i GdR (parlo di quelli cartacei, non dei giochi online) ho avuto esperienze positive. Quando ho fatto il giocatore era una cosa divertente: durante le sedute si parlava un po' di tutto, ci si divertiva parlando di libri, giochi, film, musica. Si passava una domenica pomeriggio tranquilla; non c'erano pazzoidi come tanti pensano: eravamo persone qualunque che lavoravano, studiavano, con le proprie ragazze e una vita sociale normale.
Qualche anno dopo mi fu chiesto di fare il dm per insegnare a giocare a dei ragazzi più giovani: la cosa li coinvolse e i ragazzi presero a creare loro storie, a cooperare e cercare di fare qualcosa insieme; anche chi era più introverso si aprì di più.
Personalmente, il gioco mi ha portato nel mondo della scrittura, prima nel fantasy, poi su altri generi, e questo ha arricchito il modo di pensare, ma anche di vedere le cose da prospettive differenti.

Marco Grande Arbitro ha detto...

Ho trovato l'articolo molto interessante.
Non ho molto da aggiungere. Nella mia esperienza personale, dico che ho visto sessioni da D&d da psicologo. Non lo dico per fare battute di spirito... Ma meglio che mi fermo qua, altrimenti vado fuori argomento