mercoledì 18 dicembre 2013

The Road

Questo The Road con Viggo Mortensen l'avevo saltato perché di catastrofismo ce n'è tanto in giro e ho bisogno di diluirlo un po', ma visto che è tratto da un libro premiato e di successo (e dal titolo omonimo; scritto da Cormac McCarthy) e che il protagonista è un attore che apprezzo, l'ho recuperato.
Siamo nel mondo del dopobomba, sembrerebbe, c'è qualcosa di simile a un (leggero, ma nemmeno tanto) inverno nucleare, ma la storia non lo specifica. Non ci sono quasi più animali, non ci sono coltivazioni, gli alberi muoiono lentamente sotto un cielo plumbeo che nasconde sempre il sole, e la mancanza di cibo ha portato l'umanità al cannibalismo su larga scala. Apocalisse quindi senza speranza, recupero, redenzione, niente di niente. Uno dei temi infatti è l'inutilità di portare avanti una difficile sopravvivenza se non c'è nessun futuro davanti. Un altro, la necessità di essere armati, e di tenere un proiettile per sé nel caso in cui si incontri una banda di cannibali, per non farsi prendere vivi. Al protagonista infatti all'inizio della storia resta una pallottola per sé e una per il figlio, a cui insegna come spararsi in bocca. Insomma, una storia cupa che non fa sconti.

Il protagonista (non sappiamo i nomi di nessun personaggio) viaggia verso sud con il figlio. Spera di raggiungere luoghi dove faccia meno freddo. Sappiamo da vari flashback che ha avuto una moglie, è nato un bambino, la famiglia ha resistito finché possibile in una casa, ma alla fine la disperazione e la follia hanno portato lei a lasciare figlio e marito, per abbandonarsi al destino e andare verso morte sicura.


Lui cerca di essere positivo e di proteggere il figlio dai tanti nemici che s'incontrano per la strada, ma anche di mantenere un minimo di umanità. A volte è il bambino a ricordarglielo, lui diventa sempre più duro e incarognito, un sopravvissuto segnato dalla disperazione. Noi siamo i buoni, dicono i due, perché nonostante tutto non sono cannibali e nemmeno consapevolmente ladri, sebbene prendano per vivere quello che capita senza fare troppe domande. Del resto vista la situazione è difficile che una scatoletta di carne o di frutta sciroppata sia lasciata in giro da qualcuno che sia... ancora vivo.

Il regista John Hillcoat ci mostra edifici devastati dal fuoco o crollati, approfittando per le riprese anche di un parco di divertimenti danneggiato recentemente da un incendio; boschi macabri sotto un cielo sempre cupo, scarsissimo colore e una natura ovunque moribonda. Il bambino (Kodi Smit-McPhee) sembra avere il ruolo di rappresentare la speranza forse irrazionale, ma dura a morire, di un futuro "nonostante tutto" e di fare da contraltare al padre quando si dimostra fin troppo ostile e guardingo verso gli estranei. Personalmente credo che il comportamento del padre sia del tutto comprensibile e che il bambino, spesso lagnoso e piagnucoloso, sarebbe più vero se assomigliasse a uno dei tanti scugnizzi delle zone di guerra, quelli che a dieci anni sono adulti e magari conoscono bene le armi, sanno muoversi in silenzio e stare zitti, e hanno dimenticato i giochi e le lacrime. Ovviamente questa scelta sarebbe più comprensibile ma renderebbe più difficile alla pellicola trasmetterci emozioni e messaggi. D'altra parte c'è anche un'altra tematica: il padre deve insegnare al figlio a resistere al mondo terribile in cui si trova, perché lui non potrà proteggerlo per sempre.

La performance degli attori è molto forte, i dialoghi e i monologhi interiori del protagonista talvolta assai intensi. Tutto finirà male e in fondo tutti lo sanno fin dall'inizio, nonostante la speranza di trovare qualcosa di meglio "andando a sud." I rapporti con le persone che si incontrano non sono certamente dei migliori, in questo homo homini lupus che ha come teatro la Terra che sta morendo; viste le premesse il film è perfettamente realistico, e questo fa pensare.

Eppure ci sono attimi di poesia, momenti molto forti in questo film. The Road è decisamente interessante ma (anticipazione! spoiler!) con un lieto fine (lieto forse solo per il momento) rappresentato da una famiglia che accoglie il bambino quando il padre muore, finale rassicurante ma che sembra un po' tirato per i capelli. D'altra parte cosa si poteva fare? Il bambino che se ne va da solo in cerca della sorte? che muore anche lui? The Road è già tristissimo così.




7 commenti:

ItalianJam ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
ItalianJam ha detto...

Se non ricordo male, più che dire "noi siamo i buoni" è il bambino che continua a chiedere conferma al padre (e a chiunque incontri): "noi siamo i buoni, vero?".

E questo è il lato che ho trovato più interessante; all'inizio, grazie anche al flashback dell'intimità della famiglia Mortensen+Theron, chi guarda tifa per la coppia padre e figlio (ritroveranno la mamma?). Ma andando avanti nella storia non si è più sicuri di sapere "chi sono i buoni". Tant'è che - in più di una situazione - il buon Mortensen offuscato dall'ansia e dalla fame, prende decisioni insensate per chiunque abbia la pancia piena.

Praticamente, fa spesso la figura del pirla, che per uno sempre strafigo come Viggo è una brutta cosa.

Per il resto, il film si muove molto lentamente. Troppo lentamente, evidendenziando una sfiducia "fantozziana" nell'essere umano. E pure tu dici che il lieto fine è "lieto forse solo per il momento". Io trovo che il pessimismo sia una virtù, ma a tutto c'è un limite.

E, così faticosamente, il film diventa un'infinita battaglia contro il nulla (o contro tutti), perché di tutto il resto non si sa nulla: non ci sono nomi, date, eventi.


IMHO

Bruno ha detto...

Be' di fronte a tanti film "survivalist" faciloni, qui abbiamo la cosa vera senza glamour e senza chic. Molti film non se la sentono di fartela vedere e il setting del "dopobomba" o "post-apocalisse" diventa una cosa un po' ridicola. Quello che si vede in The Road non è mai successo su scala mondiale ma in tantissime occasioni c'è stato qualcosa di non molto diverso (assedi, carestie, ecc...) ed è stata la stessa cosa, tutte le volte: ovvero, è difficile tenere alta la bandiera "dei buoni" quando non hai niente da mangiare, o in generale quando sei all'estremo.

Comunque non è quel film che, dopo averlo visto, ti va di vederlo per la seconda volta, IMHO.

M.T. ha detto...

Il film è ben fatto, cupo nella maniera giusta visto il tema che tratta. Fastidioso alle volte il bambino per certi modi di fare, ma nel complesso ben riuscito. Di certo una volta visto non si ha una gran voglia di rivederlo, ma non certo perché è fatto male.

Bruno ha detto...

Tutti i film molto cupi si rivedono con difficoltà del resto

M.T. ha detto...

Dipende: Il corvo (il primo) l'ho rivisto volentieri diverse volte.

Yondo ha detto...

Adoro gli scenari post apocalittici, amo la tetraggine. Questo film non poteva che piacermi.