Ogni tanto mi faccio del male e vado a vedere un film italiano. Stavolta ho notato sul giornale le quattro stellette di critica date a questa pellicola sulle aspirazioni dei giovani e sul pegno che comunque bisogna pagare al politicante di turno per avere la spintarella. Regista impegnata, figlia d'arte. Ok, la classica formula per una cosa orripilante, mi son detto, e non ho resistito alla tentazione di andarlo a vedere per verificare se ci avevo azzeccato.
A onor del vero, il cinema si trovava a pochissima distanza dal mio luogo di lavoro e l'orario coincideva perfettamente alla bisogna, se no questa me la sarei risparmiata.
Quando i maledetti yankee parlano di tematiche serie a volte lo fanno all'europea (esempio: Michael Moore, che è comunque più interessante dei nostri), a volte sanno creare una metafora molto ben calzante mentre la storia principale finge di parlare d'altro, a volte te lo sanno esprimere con lo spettacolo puro. Sanno miscelare tutto con il vero cinema, in genere.
Il cinema italiano no. E' didascalico, è palloso, manda i messaggi che vuol trasmettere pesanti e insistenti come una lezione in cui il professore ti sottolinea tre volte il punto che vuole farti entrare nella capoccia (e proprio per questo, ovviamente, non ci riesce). Ma bando a queste banalità.
Un Giorno Speciale, di Francesca (figlia-di-Luigi) Comencini, tratto dal romanzo Il Cielo con un Dito di Claudio Bigagli, parla di due "poveri ma belli" nelle spire dell'Italia vecchia e corrotta dei politici e dei preti, da cui bisogna sempre passare per poter ottenere il lavoro e la carriera. Lei, attricetta, la vediamo al momento della sveglia mattutina in una qualcunque casa della periferia di Roma, deve uscire presto, incoraggiata dalla madre, per fare atto di autopromozione concedendosi alle voglie di un parlamentare (il tutto espresso tra madre e figlia girando intorno al concetto). Lui arriva a prenderla per portarla alla bisogna, in qualità di autista in giacca e cravatta e su macchinona nera, impacciato al primo giorno di lavoro (lavoro ottenuto non per merito, ma per spintarella, lui non ha grandi doti e lo ammette). Il politco però ha da fare e i due giovincelli vanno in giro e pranzano insieme, si conoscono e rompono il ghiaccio. Poi però la realtà ritornerà alla carica e... il seguito è perfettamente prevedibile.
Cosa dire? La solita storia: sguardo ideologico che travisa la realtà e la rende cartapesta anche quando ci si sforza di fare del realismo. La recitazione a volte faticosa. Il romanesco. Le situazioni scontate e più che classiche. Prodotto con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (ma la smettete di far 'sta roba con i miei soldi?). Eccetera.
Pensiero malvagio: chissà se le maestranze e i giovani tecnici diretti da cotanta regista non abbian pensato di essere nella stessa situazione dei due ragazzi del film, quanto a carriere negate e opportunità bloccate.
Link malvagio: una recensione in toni meno accesi dei miei ma qua e là molto più aguzza e feroce (Il viaggio di Gina e Marco tradisce infatti l’esotismo che, agli occhi della Comencini, deve avere la vita dei giovani di periferia). Per inciso, condivido l'affermazione che la tipa che si concede al politico per averne un vantaggio metta in atto una scelta, e quindi non possa commuovere. M'è venuta in mente, mentre vedevo il film, Jennifer Connelly nel ruolo della tossica in Requiem for a Dream. Altro personaggio che non ha che da biasimare se stesso. Un po' come il cinema italiano.
4 commenti:
"Prodotto con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (ma la smettete di far 'sta roba con i miei soldi?)"
Bellissima :)
Grazie :)
Io ho smesso di farmi male da un pezzo e film italiani non ne guardo piu' :-p
Be', occasionalmente ti perdi qualche bel film. Beninteso: occasionalmente :)
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