In una pagina web, la promessa di dimostrarci che l'editoria in Italia è tutta "vanity," tutta a pagamento. Si comincia a spiegare che lo spazio in libreria è praticamente in affitto senza alcuna questione di merito, si proseguirà prossimamente con un articolo sui blogger (sono proprio curioso).
Leggete qui... che ne pensate?
8 commenti:
Ora dire che sia tutto "a pagamento" forse è troppo. Però di autori e di editori che abbiano un rientro tangibile dal loro lavoro ce ne stanno pochini, per cui sì dal punto di vista dell'articolo che citi può davvero dirsi tutto "vanity".
Poi si può discutere sul fatto che sia un bene o un male, giusto o sbagliato. Io penso non ci sia nulla di male anche a pagare per pubblicare, e che l'importante sia solo avere la coscienza di quello che si sta facendo.
Tante persone purtroppo si illudono o semplicemente non guardano la realtà, mettendo davvero questo aspetto "vanity" sopra tutto anche se il guadagno di immagine è solo con loro stessi.
Questa è una cosa negativa, e mi fa un po' tristezza perché in fondo vivere di illusioni e di sogni prima o poi si rivela per quel poco che vale.
Simone
Be', ma quello che non ha un guadagno diretto deve avere un qualche tipo di ritorno economico in un altro modo... se no a che pro? Giusto per dire ho pubblicato (un libro, un disco, ecc...)?
A costo di essere tacciato di qualunquismo, fanatismo, settarismo, assolutismo, e più o meno tutto ciò che finisce in "ismo" compreso l'anatocismo: qualcuno si stupisce di quanto riportato nell'articolo?
Ci sono due tipi di persone che acquistano i libri: chi li vuole leggere e chi li compra per tutta una serie di altri motivi. Chi compra per leggere vuole la qualità, segue il passaparola, cerca autori minori che hanno il coraggio di superare certi schemi, al limite legge le recensioni (e di solito ha imparato a filtrare anche quelle). Qualcuno di voi ha mai acquistato un libro mai sentito di un autore mai sentito solo perché era nella pila vicino alla cassa alla Feltrinelli? Cavoli, mi è capitato di NON acquistare un libro perché era nella pila vicino alla cassa.
Chi compra per leggere (secondo me, una minoranza) sviluppa un sesto senso per le bufale, naviga attraverso gli scaffali come un bagnino in mezzo alle turiste tedesche, guidato dal suo istinto predatorio e dall'esperienza. Non si fa accalappiare da copertine sbrilluccicose, posizionamenti strategici e millantate vendite record presenti solo sulle orrende fascette gialle che infestano i volumi.
Chi compra per motivi diversi dalla volontà di godersi una bella storia DEVE essere preso per il culo da sporchi trucchetti di marketing. Sono due mercati paralleli, solo incidentalmente coesistenti nello stesso habitat.
Ma forse sono prevenuto. Anzi, prevenutista.
@ Enrico: non so che dirti... i miei colleghi in ufficio leggono, commentano e si scambiano i soliti bestseller degli autori americani (più Zafòn, al limite). Penso che anche loro vogliano godersi una bella storia, ma il loro concetto è molto diverso dal mio. E il loro sesto senso è un po' abitudinario.
Che l'editoria sia una giungla e non un paradiso come in certe parti si voglia far credere è un dato di fatto.
Quello che vorrei sapere è chi c'è dietro Volver: manca il disclaimer, anche se è facile intuire che potrebbe esserci il Gruppo Albatros, l'unico di cui si parla bene sulla rivista.
... d'altra parte a furia di essere bersaglio di tutti gli insulti e colpevoli di tutte le colpe, non mi stupisco che cerchino il mezzo per contrattaccare.
Io gli EAP non è che li odi, ma quelli che propongono agli aspiranti autori certi contratti da salasso economico... non mi stanno molto simpatici.
Che nell'editoria non ci siano santi e ognuno cerchi di trarre profitto dal mercato è risaputo (naturalmente etica e professionalità ci vogliono, altrimenti ci si ritrova come si vede adesso); ma questo non giustifica la macchina del fango: "fanno così tutti e allo perché vi meravigliate se lo faccio anch'io?" è un atteggiamento dannoso e pericoloso.
Sono sempre stato contrario all'editoria a pagamento, equivale a pagare per lavorare; inoltre non è piacevole vedere schiere di persone che per vanagloria o ingenuità si fanno sfruttare, svendendosi in malo modo.
Quanto all'EAP, dipende da come opera chi offre la pubblicazione (quanto meno leggere e verificare che l'oggetto proposto sia un libro, santo cielo...) e da quanti soldi chiede, e cosa fa realmente in cambio di quei soldi. Gli aneddoti sono infiniti, ma ci sono editori abbastanza corretti. Preferisco ad ogni modo l'autore un po' più consapevole che trova il modo di autopubblicarsi visto che oggi si può.
Quanto al fango, non cesso di meravigliarmi di quanto sia litigioso questo ambiente, in effetti.
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