Non ho sentito molta eco nella blogosfera (e su facebook, dove c'è un mio profilo vivacchia) riguardo alla decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, secondo cui non si può vietare la vendita dei videogiochi violenti ai minori.
Tale divieto sarebbe addirittura anticostituzionale, in quanto violerebbe il Primo Emendamento (quella norma statunitense per cui uno può dire quello che gli pare, roba molto lontana dal nostro sentire visto che in Italia siamo di nuovo in ballo con l'ennesima sentenza ammazza-internet).
La pronuncia è stata resa necessaria da una legge del 2005 emanata dal governatore della California (ebbene sì, proprio lui, Arnold) che puniva la vendita ad adolescenti e bambini di giochi dal contenuto sanguinario. Contro questo provvedimento, e con una giustificazione becera (anche nelle favole c'è il sangue!), hanno fatto passare l'idea che si tratta di contenuti protetti dal Primo Emendamento e quindi che rientrano nella libera espressione.
Hanno difeso la libera espressione e i diritti, ma i diritti di chi? Personalmente credo che una volta raggiunta la maggiore età a nessuno debba essere proibito niente, ho però idee assai meno larghe su quello che è lecito proporre alle persone in età evolutiva (be', credo che anche la religione sarebbe da far rientrare tra le scelte che uno compie da solo, in autonomia, e una volta adulto). Non mi piacciono le libertà di altri da cui l'utente, una volta solleticato nei suoi istinti e aggirata la sua razionalità, viene condizionato, così come non mi piace ad esempio l'imposizione unilaterale del palinsesto della televisione (ma per fortuna oggi in tanti ne fanno allegramente a meno).
Qui gli unici soggetti ad aver visto difesi i propri diritti sono gli imprenditori dei videogiochi.
Un link a un mio articolo sul tema della violenza e della censura
Un buon articolo in merito alla decisione della Corte Suprema, dal Corriere
Un articolo secondo me grossolanamente superficiale che invece giustifica il provvedimento.
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