domenica 21 giugno 2009

Nell'Antro del Mostro Sacro


L'intervista a Gianfranco Viviani su Fantasy Magazine mi ha dato l'occasione di porre una domanda a un grande protagonista del fantastico in Italia. E la domanda non poteva che essere quella che mi cruccia di più: cos'è successo al genere che amo tanto, dove sono finiti i grandi scrittori di una volta, perché le librerie si sono riempite di immondizia. La risposta non poteva che essere quella che è stata, nel senso che Viviani vende libri per aiutare a quadrare i conti della Delos, e non avrei dovuto sperare in nessuna disamina filosofica o letteraria sui bei tempi che furono. Anche se stiamo parlando di uno che fu uno dei massimi protagonisti di quelle epoche, di una lunghissima stagione che andò, con l'Editrice Nord, dagli anni sessanta fino a non molto tempo fa.

Certo che non mi aspettavo che Viviani sparasse a zero su due personaggi (Conan ed Elric) che a suo tempo la Nord pubblicò o addirittura introdusse! Beninteso, il giudizio punge anche perché non è proprio inatteso, almeno per me: nel caso di Elric alcuni dei libri mi sembrano con il senno di poi decisamente sopravvalutati (volevo proprio trovare il tempo di rileggerlo e pensare quali siano le parti effettivamente di qualità in quella serie); per quanto riguarda Conan (che sarà forzuto sì, ma non privo di ingegno) il nostro barbaro mi pare esser diventato meritatamente un classico, ma ammetto che sarebbe ben difficile oggi scrivere Sword & Sorcery alla stessa maniera.
Però sono due esempi con cui si pretende di far fuori intere epoche.
Lo sgomento per queste affermazioni secche di Viviani è ampiamente condiviso in rete (potete vedere anche su Anobii dove hanno ripreso la mia domanda). Ma è inutile entrare nel merito. Bisognerebbe che Viviani chiarisca meglio il suo pensiero (forse lo farà?), per ora accettiamo il messaggio nell'accezione più ampia: è passata un'epoca e quello che una volta affascinava ora fa solo sorridere. I nuovi autori che cita Viviani però non necessariamente portano qualcosa di radicalmente nuovo con sé. Nel caso di Licia Troisi (con tutto il rispetto, io tremo a vederla paragonare a una nuova pietra miliare del fantasy, anche se ammetto che si è inevitabilmente conquistata il suo posto nella storia, mi piaccia o meno) molti aspetti sono semplicemente sollevati di peso con originalità poca o punta da autori di epoche precedenti. E' semmai cambiata la maniera di affabulare, di proporre l'io del protagonista. Probabilmente potrei dire lo stesso di Paolini, non penso davvero sia questo grande innovatore però non l'ho letto e non posso giudicarlo sul sentito dire.

Il problema semmai è un altro, che oggi si citano nomi di cassetta che hanno al loro attivo una quantità di libri venduti tale da far probabilmente scomparire la maggior parte dei vecchi autori (escludendo logicamente Tolkien): intendiamoci, i vecchi non erano dei santi e immagino che abbiano cercato disperatamente di vendere, ma non essendo riusciti a sfondare oltre certi livelli non hanno dovuto soggiacere a certe atrocità dell'editoria, come le formule da best seller che vediamo andare per la maggiore, ad esempio, nelle serie che non finiscono mai.

Oggi il genere è contaminato da mille suggestioni diverse: dall'oriente, dai vampiri/rosa (quello che mi piace di meno, ma anche qui dovrei fare l'eccezione dei vampiri... un po' più seri), dall'urban fantasy che si sta rinnovando in strani guazzabugli che prendono dentro un po' di tutto (e qui penso ovviamente ai vari weird o new weird che dir si voglia).
Il fantasy classico da saga nordica con maghi e cavalieri vede il suo spazio rosicchiato sempre più.

Perciò forse dovrei seguire il consiglio di Viviani per davvero (provi a leggere oggi Micheal Moorcock e se le succede come è capitato a me, si chiederà: “ma come poteva piacermi questo Elric di Melnibonè?”)

Ma certi prodotti di cassetta non diventano belli perché si vendono, con tutto che Viviani, e altri come lui, hanno in primo luogo la responsabilità di far quadrare dei conti. Il fantasy oggi è un altro? Inevitabile, ok. Qualcosa di valore si salva tra tanta robaccia? Sì, qualcosa sì. Giusto un paio di anni fa, sulla scia di certe delusioni, non lo avrei ammesso. Leggo roba moderna, oggi, non faccio le pulci alle bancarelle e a ebay per completare le vecchie collane (anche se un paio di libri dei bei tempi me li sono procurati a peso d'oro, ammetto, e qualcuno era proprio della Nord). Non ho il torcicollo. Però la mia risposta alla domanda che feci a Viviani è che la maggior parte dei libri fantasy migliori sono alle nostre spalle.

15 commenti:

Dario ha detto...

Devo ammettere che sono rimasto molto deluso dopo aver letto il pensiero del Grande Saggio, come viene definito.
Ho anche pensato che in fondo così saggio non dev'essere se il suo parametro di giudizio è così strettamente commerciale, ma di questo mi sembra sia stato detto e spiegato abbastanza.

Poichè con il passare del tempo le cose e le idee cambiano (tutte), è ovvio che quando si guarda a qualcosa del proprio passato lo si vede con occhi diversi ed in genere è quasi impossibile provare le stesse genuine emozioni che ci toccarono nel primo momento.
Tuttavia questo 'severo giudizio' del tempo non si dovrebbe applicare alle espressioni artistiche, sarebbe come dire che gli affreschi di Michelangelo oggi ci fanno ridere perchè c'è Photoshop.

Gli eroi citati e malamente declassati sono un passo molto importante di quello che è stato il Fantasy degli ultimi trent'anni (e che io ho più amato). Magari possiamo ridere anche dei vecchi biplani di cartone e legno della Prima Guerra Mondiale o delle vecchie automobili che somigliavano a macinini però per avere quello che abbiamo oggi, in termini di aerei ed auto, da lì siamo dovuti passare... E suonerebbe quantomeno 'ingrato' puntarvi contro il dito in questo modo perchè senza quel passato non ci sarebbe il presente.

Che dire di Elric? E' il mio preferito ed in questo sono sicuramente di parte, però ci sono abbondanti pagine scritte su di esso e che spiegano quanto il personaggio in sè fosse basato sui miti finnici che hanno la caratteristica di avere eroi maledetti e beffati in maniera tragica dal destino (cosa abbastanza comune anche per gli eroi greci). Mi pare che questo abbia una sua profondità anche se chiaramente potrebbe non incontrare il gusto di molti, liquidarlo come minorato e mentalmente disturbato al punto di non sapere chi è mi sembra veramente presuntuoso ed eccessivo.

A me pare che il Fantasy di oggi (quello portato in palmo di mano dal Sig. viviani per intenderci) si sia parecchio imbarbarito nelle sue fondamenta e che non presenti altro che personaggi affetti da turbe adolescenziali oppure distinti dai comuni mortali solamente per il fatto di essere fighi, potenti ed immortali...

Il giudizio dettato dalla 'cassa' per definire la validità di scritti o qualsiasi altra cosa non mi pare un metodo particolarmente efficace, altrimenti saremmo tutti costretti a dire che i film tormentone di natale o dell'estate dei Vanzina sono belli in quanto fanno un sacco di botteghino...

Io ho un'idea diversa e sicuramente personale di cosa sia da considerarsi valido o meno. Ognuno conserva la propria risposta nell'intimo e non è assolutamente necessario affidarsi a finti Guru per farsi dire cosa è bello e cosa no.

Anonimo ha detto...

Non ho niente da aggiungere a quanto scritto da Dario che trovo perfetto.
Vorrei solo sottolineare quanto trovo deleterio rileggere un libro,
ma ovviamente è un parere strettamente personale.

Anonimo ha detto...

Non ho niente da aggiungere a quanto scritto da Dario che trovo perfetto.
Vorrei solo sottolineare quanto trovo deleterio rileggere un libro,
ma ovviamente è un parere strettamente personale.
Illoca

Bruno ha detto...

Invito a non trasformare l'attacco alle opinioni espresse in un attacco alla persona...

Quanto al Fantasy "imbarbarito:" lo dico anche io, ma ho comunque un altro dubbio: che se fossimo vissuti trent'anni fa avremmo avuto una prospettiva simile, tanta robaccia che usciva imitando questo o quello e pochi lavori di qualità. Quando poi nel tempo si ricordano soprattutto i lavori che hanno fatto la storia, il passato diventa improvvisamente formidabile.
Lo dico perché sono stato ragazzo mentre uscivano libri imperdibili (e manco lo sapevo), film eccezionali (che nemmeno ho visto o che non ho apprezzato), venivano pubblicati dischi leggendari da gruppi musicali o cantautori che ora osserviamo da sotto un piedistallo, e ai tempi magari non ci facevo neppure caso...

Sul problema della qualità, credo in effetti che ci sia una mistificazione da affrontare. Il discorso di chi deve vendere è concreto, non sono per le polemiche sceme, ma è anche troppo comodo. Se non possiamo pretendere che nel nostro intrattenimento colto ci sia sempre l'arte con la A maiuscola, possiamo almeno mettere in dubbio l'equivalenza perfetta tra successo di pubblico e qualità. Quoto l'esempio dei film dei Vanzina (anche se c'è chi comincia a dire che in fondo sono tanto bravi...).

by Ax ha detto...

Viviani deve aver espresso la sua opinione con lo sguardo rivolto al mercato. Solo al mercato? In buona parte sì, il resto credo sia un suo prendere atto del fatto che alcuni modelli del passato oggi non darebbero gli stessi risultati in termini economici — non entrando nel merito della loro fonte d'ispirazione per i lavori di oggi (o almeno di molti di essi).
Un guidizio che sfiora al cinismo, ma probabilmente veritiero. Spiace leggerlo, ovviamente, perché non si avvicina a quell'idea romantica di arte che molti di noi hanno.
Ma lui è, ed è stato, veramente nel mezzo della 'battaglia' editoriale che ha sfornato 'proiettili cartacei' che molti hanno amato; forse le cicatrici del tempo gli hanno lasciato una dura scorza e ora vede solo il risultato: o vivi o morti, nessun sopravvissuto. Howard o Paolini non fa differenza.

Essere autore oggi (io non lo sono) significa anche confrontarsi con questa realtà. Quanti, distanti mille miglia dal pensiero di Viviani e magari infuriati per le sue parole, firmerebbero un contratto con lui ugualmente sapendo che comunque quello che conta è solo il numero di copie vendute?
Credo in molti, perchè la pubblicazione fa gola e su alcuni ha il potere di lasciar scivolare i pricipi, specialmente se deboli; per quanto accettabile come scelta, io mi schiero dalla parte di quei pochi che cercherebbero altrove; ma come scrivevo sopra, sono solo un lettore, non ho la responsabilità di dover scegliere.

Bruno ha detto...

@by Ax: tutti firmerebbero. Il problema è che con queste premesse rischi di dover partire dal vampiro strafiko o cose così, per sperare di essere preso in considerazione.

by Ax ha detto...

@Bruno: hai detto bene. Ma per un artista che crede fermamente in ciò che fa, che ha un suo preciso obiettivo, è una situazione accettabile?
Certo, può cominciare modificando la sua natura per poi, nel tempo, arrivare a scrivere ciò che veramente vuole; ma deve avere successo per farlo, per 'imporre' la sua visione. Ora, per chi vuole solo pubblicare, nessuno sforzo particolare: si adatta, ci mette il vampiro strafiko, e spera nella botta di culo. Ma per chi non vuole 'piegarsi' (tutta la mia stima), il destino è l'oblio?
Come mi accade anche per quanto riguarda la musica, il mio interesse va oltre (e di molto) ai nomi famosi, a quelli che hanno venduto più di altri — che comunque seguo, la fama non è una colpa. Ma la stragrande maggioranza dei miei ascolti è fatta di un sottobosco dimenticato (con qualità spesso superiore ai big) così ricco e rigoglioso che potrei campare 10 vite senza essere riuscito ad ascoltarli tutti. Non me ne frega un accidenti della hit parade.

Insomma, io spero sempre nell'editore (o produttore nella musica) che cerchi il talento prima di altro, che rischi in prima linea; quasi sicuramente una realtà circoscritta a rimanere nel 'piccolo' circuito. Ma, nuovamente, chi se ne frega!, se c'è passione e voglia di trattare la qualità, non la quantità. La bottega al posto del centro commerciale (che bazzico, sia chiaro, ma perché le botteghe sono diventate rarità).

Lo so, è una visione romantica che mi accompagna da sempre e sempre lo farà, ma sai una cosa? Mi piace e non ci voglio rinunciare. Ecco perché stimo gli artisti che hanno il coraggio di non piegarsi, di perseguire la loro visione. Hanno tutto il mio appoggio. ;)

Alberto ha detto...

Ho letto l'intervista a Gianfranco Viviani, e devo dire che non mi stupisce molto.
A mio parere si tratta di una diretta conseguenza del successo ottenuto dalla narrativa fantasy e, in sub-ordine, da quella fantascientifica. Conan, Elric e compagni erano frutto del lavoro di autori che, per loro stessa ammissione, scrivevano per un genere di nicchia (all'epoca si diceva "ghetto"). Trattandosi di "opere" per un pubblico di appassionati addetti ai lavori, si poteva scrivere dando libero sfogo alla popria fantasia e stando attenti solo alla qualità intrinseca del prodotto.
Dopo il successo di film come Il Signore degli Anelli o Harry Potter, il genere è uscito definitivamente dal "ghetto", ma ha dovuto adattarsi ai gusti del grande pubblico, composto per lo più di giovanissimi.
Parlando alla ItalCon (o FanCon) del 1994 con G. Viviani, avevo saputo che non amava Moorcock, ma l'aveva comunque proposto in italiano, fidandosi dei consigli del curatore della Fantacollana (credo che all'epoca di Elric fosse già Sandro Pergameno) e penso anche del fatto non indifferente che piaceva al pubblico. Personalmente, sin dall'inizio non ho mai fatto follie per i primi due romanzi (Elric di Melniboné e Sui Mari del Fato), mentre mi sono sempre piaciuti gli altri 4 della saga "originale" (ho letto e dimenticato subito i successivi). Howard, al contrario l'ho riletto ad anni di distanza con piacere, come pure Clark Ashton Smith o Lyon Sprague De Camp. Tutto questo senza trascurare numrosi scrittori più "recenti" e indubbiamente validi.
Forse quanto detto conferma il post scritto alcuni giorni fa a proposito di David Eddings da Roberto, che qui riporto
"[...] Che poi abbia buona parte dei luoghi comuni della fantasy ok, ma quanti scrittori non li usano? direi che sono ben pochi: ormai il fantasy moderno è quello. Gli esempi tipo Sprague de Camp, Leiber, LeGuin, Moorcock... appartengono a un fantasy che ormai non esiste più. [...]"
Possiamo non apprezzare, ma credo che non avesse tutti i torti.
O no?

Bruno ha detto...

@by Ax: purtroppo non piegarsi in Italia significa fare una dannatissima fatica ad uscire perché il fantasy per adulti ha tirature insignificanti. Per quanto molta gente nei forum urli che non ne può più di roba per ragazzini!

@Alberto: grazie per la testimonianza "storica!"
E comunque sì, è vero che oggi il genere si sta frammentando molto (urban fantasy, vampiri ecc...) ma è anche vero che prima di fossilizzarsi su certi cliché fantasy voleva dire molte cose diverse.

Anonimo ha detto...

Io ho scritto il mio primo libro! E' un fantasy, con cavalieri e draghi alla DnD... scritto scorrevole, divertente, folle, estremo, ma ho dovuto mischiare con qualcosa di mai visto, per renderlo unico, incredibile! Quindi non voglio veder versate lacrime per libri vecchi, letti e sepolti! Belli, imperituri, ma andiamo oltre.. ORA!

Bruno ha detto...

Bravo, Anonimo. Titolo dell'Opera?

Anonimo ha detto...

L'opinione di Viviani lascia perplesso anche me. Certo la maggior parte della letteratura di genere fantasy é di non grandissimo livello letterario, anzi. Tuttavia, quando pubblicavano Erlic e Conan Viviani e C. non erano piu' dei ragazzini e se si riprendono in mano i libri da loro pubblicati allora di Elric e Conan questi non mancano di prefazioni e apparati redazionali nei quali venivano tessute le lodi letterarie di Moorcock e Howard (soprattutto del primo). Ora, mi dico, come mai Viviani ha cambiato idea? Una battuta in un'intervista non mi pare sufficiente a giustificare il mutatamento d'opinione.

Bruno ha detto...

@ Viviani: hai ragione, ma il discorso (che faceva anche nell'intervista) è che è cambiata l'epoca, sono cambiati i gusti...

Ok, ti dirò che anche a me non basta.
Perché così si può sostenere tutto e il contrario di tutto.

Anonimo ha detto...

Bruno,
volevo dire che in quelle prefazioni e apparati critici etc etc si parlava non di gusto ma di qualità letterarie che trascendono il gusto. Ora non si puo' liquidare il tutto parlando di un Elric minorato. Forse é stata un'espressione infelice. Forse prendiamo troppo sul serio i libri che ci hanno colpito. Va aggiunto pero' anche una cosa. Sia nel caso di Elric che nel caso di Conan, nonostante alcune tematiche piu' adulte, si tratta di letteratura "young adult". E' chiaro che rileggendo quei libri trent'anni dopo con gli occhi, la sofisticazione e l'esperienza psicologica e letteraria dell'adulto adulto se ne identificano dei limiti.

Bruno ha detto...

Guarda, le qualità letterarie che trascendono il gusto (della persona o del periodo) sono una cosa che forse si rivela nel tempo.

Per esempio: il signor Brambilla negli anni '70 ti parla del valore artistico inossidabile di film come Fragole e Sangue o Easy Rider che lo hanno impressionato tantissimo mentre si faceva qualche canna.
Lo stesso signor Brambilla nel 2010, mentre firma per far licenziare i suoi operai (LOL!), rivede gli stessi film ed esclama: che accozzaglia di luoghi comuni da fricchettoni!

Il problema è che bisogna stare molto attenti a usare quella parola con la A maiuscola prima del tempo. Perché è proprio il tempo il miglior giudice.

(detto questo, a me Conan sembra invecchiato benissimo, Elric in maniera accettabile anche se devo trovare tempo per rileggerlo)