Pianeta d'Acqua (The Blue World, 1966) è un romanzo di fantascienza di Jack Vance, autore che amo moltissimo, ma qui apprezzo un po' meno. È la storia di una comunità che si trova a dover sopravvivere in un pianeta che non ha alcuna terra emersa. Ci sono delle specie di foglie spugnose giganti su cui si possono costruire delle capanne, con il legno che si ricava dalle piante acquatiche si ottengono delle imbarcazioni, ma c'è poco di più, e nessuna metallurgia, al punto che le ossa umane vengono "riciclate" per avere attrezzi.
La comunità esiste da una dozzina di generazioni, dopo essere fuggita da un regime di oppressione per mezzo di una astronave che è andata a finire in questo luogo poco ospitale. Ma se vediamo i nomi delle caste di questi uomini, scopriamo una verità diversa. Premesso che le caste stanno scomparendo, gli appellativi sono assai suggestivi: Pataccari, Contrabbandieri, Prevaricatori, Mascalzoni, Imbroglioni e via dicendo. Insomma, gli abitanti del pianeta sono i reduci del naufragio di una astronave-prigione. Ci sono antiche testimonianze che, se lette con cura, potrebbero far luce sulle origini del mondo, ma questi tomi vengono studiati poco e capiti ancora meno.
Il protagonista, Sklar Hast, è operatore di un telegrafo ottico, strumento che permette la comunicazione tra le varie isole, e il suo unico problema sembra essere che il suo superiore, che dovrebbe prima o poi lasciargli il posto, non vuole andare in pensione. Ma la comunità ha anche un altro problema: Re Kragen, una specie di mostro marino che viene a consumare il cibo della comunità umana, ovvero le spugne, invitato da una specie di culto che si tiene in contatto con lui. Sklar non sa se questa casta religiosa veramente "parli" con il mostro: forse il kragen è solo un animale, ma a quanto pare i suoi accoliti umani possono chiamarlo e farlo arrivare.
Quale beneficio porta il culto di Re Kragen? Sembra che il bestione sia piuttosto territoriale e che quindi i kragen più piccoli vengano generalmente tenuti fuori dalla zona, e questo potrebbe essere un bene; ma Re Kragen è diventato con gli anni enorme e mangia sempre di più. Insomma, il Re è un parassita.
Sklar, con l'aiuto di alcuni personaggi illuminati, rompe con la tradizione del culto, ma si scontra con la feroce opposizione dei tradizionalisti: il culto del Re Kragen offre in effetti delle comode sinecure per una casta che effettua rituali ridicoli e non produce nulla di utile e pratico.
Allora cosa fare? Re Kragen può essere eliminato? E come fare, senza alcun vero e proprio mezzo tecnico? Sul pianeta non ci sono nemmeno metalli.
Senza andare a rivelare la trama, vi farò capire come andrà a finire (per cui se non volete lo SPOILER fuggite!). Questo libro, come un paio di altri di Vance che ho letto (Emphryio, o Stato Sociale Amaranto), segue una struttura piuttosto consolidata e ripetitiva nel lavoro del nostro autore. Il protagonista è un uomo pratico e creativo, uno che sa fare cose e guarda il mondo senza paraocchi. Diciamo il classico americano operoso e dedito a sani valori. Ma non un conservatore, tutt'altro.
Infatti egli si rende conto di trovarsi in una situazione in cui qualcosa non va. Bisogna progredire, togliersi di dosso una situazione paralizzante e permettere alla società di andare avanti. Però ci sono le resistenze di chi è legato ai vecchi modi di fare e di pensare, e di chi dalla "vecchia" situazione trae un vantaggio: quindi emerge un antagonista, o più di uno.
Ovviamente seguono contrasti e possibilmente anche scontri violenti, ma infine il protagonista sarà in grado di far cadere il vecchio ordinamento sociale come un castello di carte, e tutti saranno felici e contenti.
Nonostante l'ambientazione insolita qui lo schema è seguito senza guizzi di novità, e l'aspetto piacevole è nell'interazione dei personaggi, perché per il resto tutto è abbastanza prevedibile, anche se cosa succederà a Re Kragen non lo sappiamo fino alla fine del libro. Intendiamoci, a me piace Vance, moltissimo. Ma qui mi ha convinto fino a un certo punto.
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