venerdì 21 agosto 2020

The Terror

The Terror è una di quelle serie in cui ogni stagione si basa su una storia diversa. La prima stagione, basata sul disastro di una spedizione scientifica, è quella di cui voglio parlare, della seconda non so ancora nulla. (Avviso che in questo post ci sono anticipazioni sulla trama della prima serie). Alla base della narrazione della prima stagione (che trovate su Amazon Prime) c'è l'omonimo romanzo di Dan Simmons, l'autore dei Canti di Hyperion.


Da quello che so, non avendo letto il libro, la serie TV lo segue abbastanza fedelmente: di conseguenza non c'è molto rispetto per i fatti storici. Addirittura, The Terror è una storia del fantastico, perché vi sono narrati eventi sovrannaturali. Per una volta tanto avrei preferito una narrazione storica, senza invenzioni di genere. Ma lo sforzo di fantasia da parte del narratore ci sarebbe voluto lo stesso, perché di fatti accertati ne conosciamo pochissimi. Parliamo, infatti, di una spedizione i cui partecipanti (129) sono morti tutti.


L'evento in questione è la spedizione di Sir John Franklin del 1845 alla ricerca del "passaggio a nordovest." Ovvero il tentativo di trovare una via percorribile dalle navi tra l'Oceano Atlantico e il Pacifico, passando tra le gelide isole settentrionali del Canada e attraversandone le acque gelate. Con il diverso clima che c'è oggi, e con i mezzi moderni, l'operazione è fattibile con qualche difficoltà. Forse questo passaggio potrebbe diventare una via commerciale battuta, tra qualche anno. Ma nel passato l'impresa era incerta (anche se nel 1845 si conosceva più o meno un percorso), lunga per via dei ghiacci, e spesso mortale. Secoli prima di John Franklin, per esempio, l'esploratore italiano Giovanni Caboto aveva già cercato a più riprese di trovare il passaggio, sempre per conto della corona britannica. E alla fine, a quanto si sa, morì nel tentativo. Alla fine i Britannici si diedero pace: il percorso c'era, ma era troppo disagevole.

L'attore irlandese Ciaràn Hinds (che è Cesare in Rome) interpreta il comandante Sir John, il quale guidava due navi, dai nomi Terror (da cui viene il nome della serie, immagino) ed Erebus. Entrambe le navi erano state varate diversi anni prima come navi da guerra, pesantemente armate con mortai e cannoni. Successivamente, erano state convertite in navi per le esplorazioni polari e fornite di motori a vapore; erano lunghe oltre 30 metri. La prima era comandata dal secondo di Sir John, Francis Crozier (interpretato da Jared Harris, visto in Chernobyl), la seconda da James Fitzjames (attore: Tobias Menzies, visto in Rome, Game of Thrones).


The Terror ha sicuramente dei momenti un po' pesanti. Può darsi che i produttori (così come anche Simmons, autore del libro) abbiano pensato bene di introdurre le proprie elaborazioni fantastiche per rendere il tutto più digeribile per i gusti moderni. Di fatto al centro della serie TV ci sono elementi fantastici o eventi senza alcuna conferma reale.
Ecco quindi un mostro, una specie di spirito animale eschimese, dal corpo di orso polare e dal volto vagamente umano, costruito con una grafica al computer generalmente scadente. Ecco una donna indigena la cui storia si intreccia con il menzionato orso-mostro e con gli equipaggi delle due navi. E infine ecco un perfido traditore.

Incontri con gli indigeni ovviamente ve ne furono e la ricostruzione di ciò che avvenne si deve anche ai loro racconti - grazie ai quali sono stati trovati, di recente, i relitti delle navi. Ma non ci sono resoconti di personaggi così particolari. Quanto all'orso gigante è il primo grande nemico dei marinai, speravo a un certo punto che si fosse tolto di mezzo, ma ritorna, e continua a tormentare e a uccidere i britannici per, praticamente, tutta la serie. Il traditore, interpretato da Adam Nagaitis, viene presentato come un personaggio parecchio sopra le righe ma così perfido (e a tratti folle) che il pubblico non può che odiarlo. Non sono un amante del politicamente corretto, ma dovevano proprio conciare a questo modo uno dei due unici personaggi omosessuali della storia?
Poi abbiamo dissidi personali, contrasti fra i capi, elementi che reputo piuttosto credibili.

Personalmente avrei preferito che la serie si concentrasse meno su tradimenti dei marinai, per quanto potrebbero anche essercene stati, o sugli spiriti animali degli indigeni, e maggiormente sulla vana lotta per la sopravvivenza di questi uomini. Forse c'era troppo poco da raccontare? Chissà.

Il paesaggio del Canada del nord è ben adatto a mostrare una tragedia terribile. Come rappresentato nella serie, esistono enormi spazi spogli, assurdi, su terra sterili pietraie prive di vegetazione, e mare che si solidifica in ghiaccio, il tutto apparentemente privo di vita. Qualcosa del genere ricordo di averla vista in certi posti della Norvegia, anche se quello è un paesaggio più montuoso e accidentato. Al tutto si unisce la strana luce del giorno quasi interminabile, che diventa notte ininterrotta d'inverno.

A parte pochi eschimesi e rari animali, la zona in cui gli uomini di Sir John morirono era praticamente deserta.


Dopo aver trascorso il primo inverno (1845-46) su un'isola dove la spedizione perse i primi tre uomini, le navi puntarono prima a nord, poi tornarono sui loro passi e si diressero quindi verso ovest, ma rimasero intrappolate, in mezzo al mare ghiacciato. Dopo il secondo inverno (1846-47), l'anno 1847 trascorse senza che il ghiaccio diminuisse e consentisse di riprendere il viaggio. Alcuni uomini di equipaggio raggiunsero l'Isola di Re Guglielmo (poco lontana) per lasciare un messaggio dentro una piccola piramide di sassi che già esisteva come punto di riferimento di precedenti esploratori. Era il maggio 1847: nella nota si annunciava che "va tutto bene." Ma c'è un'altra nota scritta sullo stesso foglio quasi un anno dopo (aprile 1848) da parte dei due capitani: vi si comunicava della morte di Sir John Franklin (11 giugno 1847) e di diversi altri uomini tra cui uno dei due ufficiali che avevano firmato il primo messaggio. Inoltre si annunciava la partenza per una località sulla terra ferma.

Infatti, dopo che gli uomini erano rimasti per circa due anni in mezzo al mare ghiacciato, i capitani avevano deciso di tentare il tutto per tutto per cercare la salvezza. Già c'erano stati dei morti, il cibo stava terminando, e certamente ormai i marinai erano alle prese con lo scorbuto. C'era anche stato tra gli uomini l'avvelenamento da piombo, dovuto all'impianto di desalinizzazione dell'acqua o ai barattoli di cibo saldati male. A questo punto i marinai rimasti non dovevano essere molto in forma. Ma non potevano nemmeno restare lì, quindi cercarono di viaggiare, portandosi dietro equipaggiamento e cibo, verso la terraferma.

Queste le scarsissime informazioni trovate dai soccorritori che cercavano di capire cosa fosse successo alla spedizione. Storia estremamente suggestiva, e terribile. Cui si aggiungevano le testimonianze degli Inuit, gli indigeni, che avevano visto un gruppo di una quarantina di uomini arrivare stremati alla foce del Fiume Nero, sulla terra ferma, e morire di fame. Erano ancora a molta distanza dall'avamposto cui desideravano arrivare, e a quanto pare prima di morire si erano dati al cannibalismo. Il ritrovamento di oggetti appartenenti alla spedizione dava credibilità a questi racconti.

Cadaveri, una scialuppa e vari articoli di equipaggiamento abbandonati vennero trovati sull'Isola di Re Guglielmo, a prova del disastro della spedizione. Alcuni corpi vennero identificati e riportati in Gran Bretagna. Ma dalle testimonianze degli Inuit sembra che non tutti gli uomini siano morti durante la marcia verso la salvezza. Qualcuno forse tornò alle navi e cercò nuovamente di navigare (nella serie, un modesto equipaggio viene lasciato indietro, caso mai il ghiaccio si sciogliesse).

Di fatto, i relitti di entrambi i vascelli sono stati trovati in anni molto più recenti, e sebbene siano affondati nella zona dell'isola, non sono affondati nello stesso posto, né vicino al luogo dove li si supponeva bloccati dal ghiaccio.


Alcune testimonianze collocherebbero dei marinai, anni dopo, vivi e a grande distanza dal luogo del disastro. Forse qualcuno si è salvato ed è sopravvissuto per diverso tempo? Chissà. Non ci sono conferme, anche perché questi eventuali superstiti non riuscirono mai a tornare in contatto con altri Europei. Va considerato però che, per quanto accolti spesso con scetticismo, in molti casi i racconti degli indigeni si erano spesso rivelati veritieri.

Una storia misteriosa e terribile. Forse più interessante di quello che la serie TV, per quanto interessante, ci offre... con un ammutinamento e un orso gigante animato (non benissimo) al computer.



6 commenti:

Guido P. ha detto...

A me è piaciuta da morire. Per quanto mi riguarda, una delle Serie TV migliori degli ultimi anni, dalla storia ai paesaggi alle interpretazioni (straordinarie) degli attori. E parlo della Prima Stagione, ovviamente. Ho visto anche la seconda, ma non voglio anticiparti nulla.

Bruno ha detto...


Sempre parlando della prima stagione, ti dirò che "non mi è dispiaciuta," e se mi lamento è soprattutto perché, con bravi attori, una evidente spesa di mezzi per la messinscena e la ricostruzione dei paesaggi, si poteva fare qualcosa di molto meglio costruendo una storia basata su ipotesi più realistiche.
Anche il fatto che gli eventi procedano con un passo relativamente calmo lo trovo un'ottima cosa. Insomma non voglio parlare male di questa serie, mi piacerebbe poterne parlare meglio.

Gianni Celestino ha detto...

Ottima analisi. Condivido le tue critiche e anche alcune aspettative su come la vicenda potesse essere un po’ più aderente alla storia. Premetto che non ho letto questa opera di Simmons (ma credo che lo farò a breve) al contrario dei Canti (i primi due libri che ho trovato molto belli). A me è piaciuta molto. Inoltre ultimamente non trovo quasi niente di soddisfacente; ne approfitto per ascoltare - leggere volentieri nuovi consigli. Mi è piaciuto Molto anche l’ “orso“ che per vari tratti mi ha fatto pensare ad una certa affinità tra la vicenda della serie e “La traccia di Tsathoggua” riportandomi ad emozioni vecchie di 20 anni.

Bruno ha detto...


Per inciso... I primi due libri dei Canti sono probabilmente anche i migliori, dopo c'è stato, a mio parere, un allungamento di brodo.

Dare consigli sulle serie TV è estremamente difficile... di quelle che ho visto recentemente ricordo con piacere Mind Hunter (quella sui serial killer). Sul fantasy (in italiano o tradotto) la mia "recente scoperta" è Darrel Schweitzer (un titolo: Alla morte della Dea. Si trova usato).

Gabriele ha detto...

Il libro di Simmons a suo modo è un gioiellino; certo con le scarse notizie a disposizione ha avuto gioco facile nell'inventare parecchie situazioni e a volte anche il romanzo è un po' prolisso. Secondo me si tratta comunque di un buon lavoro, che nonostante alcuni momenti di stanca riesce ad acchiapparti.
Altrettanto interessante - e basato su solide notizie storiche - è il recente "Il mistero dell'Erebus" di Michael Palin.

Bruno ha detto...

@ Gabriele: mi interessa di più il secondo, il mistero dell'Erebus, basato su fatti veri. Ho letto alcuni articoli per documentarmi, su come la ricerca delle navi sia andata avanti per moltissimo tempo. Negli anni immediatamente seguenti al disastro, sono morti più uomini per cercare la spedizione di Sir Franklin che nella spedizione stessa... e le navi, mistero. Gli Inuit hanno raccontato di essere saliti a bordo di una grande nave vuota, che doveva essere o la Terror o l'Erebus. Poi più niente, fino a che, con mezzi più moderni, e nel contesto di un clima cambiato, i relitti sono stati localizzati. Come ho scritto nel post, le loro posizioni lasciano più dubbi di quanti ne risolvano.